Gian Luca Farinelli sul pubblico e i limiti del Cinema Ritrovato e sull'aver lasciato la Festa del Cinema di Roma
Il co-direttore del Cinema Ritrovato Gian Luca Farinelli ha spiegato chi sia il pubblico in crescita del festival e come si possa espandere
Il co-direttore e ideatore del Cinema Ritrovato Gian Luca Farinelli ci ha parlato di quali prospettiva ha il Cinema Ritrovato, chi sono i suoi frequentatori e dell'esperienza alla Festa del cinema
Tutti gli altri festival, quelli cioè che si occupano dei nuovi film, non hanno problemi di approvvigionamento, perché ogni anno sono pronti film nuovi, ma uno come il Ritrovato non ha una fonte vasta ma limitata a cui approvvigionarsi, come contate di fare?
“Considera che grazie alla digitalizzazione negli anni il numero di film disponibili è cresciuto. La sezione che io curo direttamente, quella dei ritrovati e restaurati (che contiene sia copie vintage di valore che film restaurati), tutti gli anni ha un numero maggiore di film inviati. Quest’anno sono stati oltre trecento”.
“Organizzo il Ritrovato dal 1986 e per moltissimi anni ci siamo detti con i curatori che era stato un anno straordinario e che non avremmo potuto tenere la medesima qualità nella selezione del successivo. Da molti anni dico questa stessa cosa ai miei collaboratori ma per prenderli in giro, perché la cosa straordinaria del Ritrovato è come dimostri che il territorio della storia del cinema è gigantesco e non sarà mai esplorato completamente. Il lavoro di esplorazione è così ricco e articolato che consente ogni anno di avere una quantità di proposte sorprendenti che lascia stupiti noi per primi. Perché è vero che uno pensa che dopo un certo numero di edizioni le cose da dire saranno esaurite e invece è un territorio vastissimo, almeno se non ti accontenti della sola Europa o degli Stati Uniti o ancora del mainstream, ma ti allarghi al mondo intero”.
Mi può fare un esempio?
“Una decina d’anni fa venne una ricercatrice che stava facendo una ricerca su Samama Chikli, perché sapeva che la Cineteca di Bologna conservava alcuni suoi film. La richiesta arrivò a me ma non sapevamo chi fosse, abbiamo così scoperto che fu un pioniere del cinema tunisino. Abbiamo iniziato a cercare e abbiamo scoperto che i suoi film erano sparsi tra Tunisia e Unione Europea, e abbiamo iniziato un lavoro di ricerca e restauro. Per la prima volta l’anno scorso abbiamo presentato un volume con la sua filmografia e oggi di questo regista esiste un corpo di film restaurati. Quest’anno ne abbiamo presentati alcuni”.
Il successo crescente che il Cinema Ritrovato ha visto negli ultimi dieci anni (almeno) pensa sia in qualche modo legato al successo che la riproposizione dei classici sta avendo anche nelle sale negli ultimi anni?
“Quando iniziammo a parlare di Cinema Ritrovato era una cosa strana e lo facemmo per questo. Erano gli anni ‘80, un periodo in cui non ci si guardava indietro ma avanti, era il periodo in cui nacque il Future Film Festival. Lo stesso andammo bene da subito, il primo anno avevamo una sala e dopo quattro edizioni ne avevamo due. Il pubblico è costantemente cresciuto di anno in anno e fin dall’inizio è stato internazionale, perché coglievamo qualcosa che non interessava forse tutti ma di certo una nicchia internazionale. Il vero cambio c’è stato nel 2010 con il digitale, che ha aumentato il numero di restauri e migliorato la possibilità di farli viaggiare, semplificandone la diffusione. In questo stesso periodo è un po’ cambiato il clima culturale: se gli anni ‘80 erano quelli del futuro, questi che viviamo sono quelli in cui ci si guardi indietro ma non solo nel cinema, penso che non siano mai state diffuse come oggi musiche del passato o mostre sul passato dell’arte. Non mi stupisce quindi che ora, insieme alla stagione dei film nuovi, ce ne sia una dei classici”.
Quando sono venuto al Ritrovato ho visto un pubblico in gran parte internazionale, e anche dall'età abbastanza bassa. Volare fino a Bologna non è economico, come non lo è negli ultimi anni dormire qui. È difficile insomma per semplici appassionati o studenti stranieri venire. Chi sono le persone che possono permettersi di venire al Ritrovato?
“Quest’anno abbiamo avuto 5700 accreditati, circa 700 in più rispetto all’anno scorso, che sono venuti da 70 paesi diversi. Per i primi 10 anni il nostro pubblico è stato per il 90% internazionale, ora la situazione si è riequilibrata e gli italiani sono diventati la maggioranza. Si tratta di professionisti, persone che lavorano nel campo largo della conservazione (cineteche, programmatori, editori e distributori). Ci sono persone che vengono anche per tessere relazioni, editori giapponesi che si accordano con italiani e sudamericani. Cioè MUBI è qui con 20 persone e per Criterion ce ne sono una decina, per fare due esempi noti, ma sono decine gli editori di tutto il mondo che vengono per scoprire e per accordarsi. Poi ci sono i cinefili di tutte le età, dall’80enne che viene da 20 anni, all’appassionato che sta a Southampton e che ha scoperto il Ritrovato e non se ne perde un’edizione, fino agli studenti, università di tutto il mondo portano qui i loro studenti perché il Ritrovato fa parte del loro percorso formativo e infine gli appassionati. L'ultima sera ero circondato da una decina di studenti di Los Angeles, venuti per la prima volta e che volevano tornare. Questo senza contare il pubblico di Bologna che va dai cinefili a chi viene in piazza o segue la parte più popolare del programma”.
È stato per due anni presidente della Festa del cinema di Roma e da poco non lo è più, questo in qualche modo ha modificato come approccia il Ritrovato?
“Ho cercato di portare a Roma un lato di storia del cinema con una sezione nuova e ho presentando alcuni restauri. La cosa ha funzionato bene e poi c’è stato il lavoro di esercente fatto sulla Casa del Cinema e ancora le arene che abbiamo aperto. Di contro ho riportato a Bologna sicuramente una maggiore conoscenza del cinema contemporaneo”.
La considera un’esperienza che è andata bene?
“È stato interessante sperimentare fuori Bologna quello che ho imparato e ha funzionato. Il pubblico della Festa è più che raddoppiato rispetto all’edizione 2019, che mi pare una cosa buona, e mi pare che si sia iniziato un percorso per dare alla Festa una dimensione in dialogo con la città”.
È contento che sia finito quel lavoro o sarebbe rimasto?
“Purtroppo o per fortuna sono un essere umano, i giorni sono 365 e le ore sono 24, l’ho fatto con gioia per due anni e sono contento di non farlo più perché è faticoso. Richiede moltissima energia che sono stato felice di mettere a disposizione ma ora sono felice di non doverlo fare, e l’idea di poter fare delle vacanze mi dà un certo sollievo”.