Giù La Testa: BadTaste.it intervista lo scrittore Roberto Donati
BadTaste.it intervista lo scrittore Roberto Donati, autore di “Sergio Leone – L’America, la nostalgia e il mito”...
D: “Giù la testa” è il primo film di Sergio Leone in cui un personaggio cambia nel corso del film: John impara da Juan, c’è un’evoluzione , eppure quel clima di profonda disillusione per la politica non viene mitigato dal regista.
R: In Giù La Testa, al contrario di C’Era Una Volta in America, l’amicizia non viene tradita ma spezzata dagli eventi della storia. Cinismo e disillusione sono costanti del Western leoniano e nel suo ultimo film queste componenti vengono mitigate dalla reazione finale di Nuddle. Il sentimento che lega Juan e John più che altro cresce lungo il tragitto: John vive la rivoluzione in modo più borghese e pacato fino a quando non si scontra con la concretezza del peone. Juan, a sua volta, matura e diventa consapevole della propria disperazione e piccolezza. Una volta che John muore, Juan deve ricostruirsi. Non penso che tornerà più quello di un tempo ma sicuramente dovrà reagire a testa alta perché il mondo dipinto da Leone è quasi feudale, chiuso e rigido, fatto di oppressione e non di comprensione. L’ultimo Juan, quello bloccato e shokkato, sa già che non può nascondersi e far finta che nulla sia accaduto.D: Stando alle dichiarazioni della moglie e dei colleghi, dopo “C’era una volta il West” Leone voleva tirare i remi in barca. C’è nel film in questione qualche avvisaglia di questa stanchezza?
R: No. Giù La Testa rimane un film anomalo in quanto Leone inizialmente non voleva dirigerlo ma solo produrlo. Infatti si sono succeduti diversi registi. Forse Leone, come è accaduto a Fellini dopo La Dolce Vita, era in crisi creativa. Il Western al tempo si era svilito con i vari Trinità e forse il regista romano pativa un po’ il periodo. Ciononostante, Leone unirà più avanti i due tipi di Western con Il Mio Nome E’ Nessuno.
Giù La Testa, anche se non era partito sotto i miglior auspici, è un’opera vigorosa e fresca. Qui Leone riprende alcune tematiche di C’Era Una Volta Il West pur non abbandonando l’elemento ludico e irriverente della Trilogia del Dollaro. Non si è adagiato sui suoi cliché e ha resistito ad imitare Trinità che ai tempi era molto in voga. Il risultato è un film divertente ed originale.
D: Considerare “Giù la testa” come un film di transizione verso il magnificente “C’era una volta in America” è un atteggiamento irrispettoso verso la storia di amicizia che lega John e Juan?
R: No, al contrario l’amicizia raccontata in Giù La Testa è una storia struggente che si salva dal triste sottofondo politico grazie alla sua sincerità e verità. Anche se nasce come rapporto di comodo poi non rimane tale. Anche in C’era Una Volta in America l’amicizia è pregna di venature politiche e tradimento ma questo parallelismo non deve esser interpretato quale la necessaria evoluzione di Giù La Testa. Anche se le premesse di quest’ultimo erano di un film meno sentito, ne è risultata un’opera autonoma in cui Leone esibisce la stoffa del grande regista.
D: “Giù la testa” occupa una posizione centrale all’interno della “Trilogia del Tempo”. In questa opera Leone parla di rivoluzionari diventati generali e di una folla che sembra rimanere eternamente vittima dei sapiens imbonitori . Quali amarezze possono aver condotto il regista a raffigurare una visione del tempo così tenacemente cinica?
R: Non vorrei ricondurre Leone alla politica per non svilirlo. Giù La Testa è senz’altro un film più politico degli altri nella cinematografia del regista romano ma, da quanto emerge da chi l’ha conosciuto, Sergio Leone appariva più come un qualunquista, un personaggio che riusciva a vincere su profonde riflessioni grazie alla battuta romana cinica. Infatti, solitamente le frasi migliori le scrive sul personaggio di Juan che impersona la saggezza contadina. Lo dico con estrema consapevolezza: Leone non è un regista di interni dell’anima umana, è più un pittore dello spettacolo, del mito e della leggenda. Il suo limite tra l’altro viene a galla in C’Era Una Volta in America quando, forse perché al tempo era diventato un regista un po’ guru, si prende troppo sul serio dimenticando lo stile semplice e genuino che ha reso il suo cinema grandioso.
D: Inizialmente la pellicola era stata scritta per un regista americano. Una volta che Sergio Leone fu confermato al timone, Sergio Donati tornò per modificare la sceneggiatura in un periodo in cui, tra i due, vi era molto astio. Ciò nonostante lo spettatore ha sempre beneficiato di questo attrito, piuttosto che assistere a volute/casuali cadute di stile che una boriosa collaborazione poteva partorire. Che idea ti sei fatto del rapporto tra Leone e Donati?
R: La collaborazione tra Leone e Donati iniziò già con Per Qualche Dollaro In Più anche se non gli fu accreditato. Sergio Lone era contento dei dialoghi scritti da Donati che, tra le altre cose, aveva unito la professione di sceneggiatore a quella di romanziere. Il loro complicato rapporto tuttavia è ricordato da Donati senza rancore, dal momento che riconosce la bravura artistica in quanto regista. Umanamente però lo raffigura come un personaggio non sempre corretto e, con toni più o meno accesi, si hanno le medesime opinioni da altri collaboratori. Sergio Leone aveva un carattere opportunista e, chi ha lavorato con lui, solitamente lo descrive con toni davvero piccanti. Penso che abbia mantenuto fino in ultimo l’amicizia con Ennio Morricone ma, per quanto riguarda la collaborazione con Sergio Donati, era già conclusa prima della realizzazione di C’Era Una Volta In America.