Get Duked, Ninian Doff spiega il suo stoner horror "al contrario" | EXCL
Il regista di Get Duked racconta come è arrivato a questa stoner comedy, fatta con l'energia di un videoclip e le regole dell'horror al contrario
Finalmente.
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È il Duke of Edinburgh Award, un premio vero in sé abbastanza ridicolo, che ha dato il via a tutto.
Sì esiste e molti adolescenti del regno unito ci partecipano, tipo 200.000 l’anno. Sostanzialmente sono grandi scarpinate, accampamento, cibo al sacco e poi finiscono tutti col perdersi. L’idea di farci un film è nata dal fatto che ad un certo punto ho realizzato che è lo scenario perfetto per reggere un teen movie, quelli che invece solitamente si ambientano o al liceo o in vacanza. Questo scenario in sé prevede di mettere insieme dei ragazzi e dare loro un obiettivo da perseguire. Insomma mi è sembrato subito un dispositivo narrativo divertente e funzionale.
Tutto è partito da una battuta: “Quattro teenager partecipano al Duke of Edinburgh Award e il duca inizia a dargli la caccia”. Da lì ho cominciato a lavorare sui luoghi comuni degli inseguimenti negli horror per ribaltarli, per fare in modo cioè che siano i ragazzi ad inseguire la minaccia.
Una delle cose migliori del film sono quei toni da stoner comedy, anche quello era parte del progetto fin dall’inizio o ce l’hai iniettato in corsa?
Viene tutto dal fatto che ho scritto il film pensando ai miei anni da adolescente, e sono tutti ricordi non molto a fuoco di momenti da stoner comedy. L’idea di fumare qualcosa raccolta per strada che poi finisce per non andare proprio bene è la parte più autobiografica. E poi tutte le stoner comedy americane che vedo hanno sempre questi bei cespugli d’erba di gran qualità, fumata in dosi massicce con soddisfazione, invece io volevo fare un film in cui i ragazzi si fumano un piccolo pezzettino microscopico che gli ha venduto il fratello di qualcuno, non si sa cosa sia e alla fine della fiera non ha quasi nessun effetto.
Ad un certo punto Get Duked dà una spallata a Battle Royale, cioè suggerisce l’idea che ci sia una specie di lotta generazionale in cui la classe degli adulti vuole eliminare tutti i giovani non allineati. Ti piaceva come idea per il film o pensi che sia un’istanza politica reale, che senti nel paese?
Volevo usare l’humor per giocare con una frustrazione politica e una rabbia che esiste e non provano solo i giovani. Io gioco con tutto il costrutto di classe british, è vero, ma non ne faccio una questione solo di classe. Quei killer sono proprio la parte peggiore dell’establishment britannico, quella che dice che la barca non vai masi scossa, che tutto va bene, a parte come vanno le cose ora. In realtà però anche se qualcuno ti dice: “Non credo proprio”, lo stesso tu hai il potere di cambiare il mondo. Quando abbiamo girato il film quella protesta politica è diventata molto forte nella società. Credo che il cambiamento possa accadere e stia accadendo.
Come è arrivato il coinvolgimento di Eddie Izzard e come hai convinto l’unica star del film a portare una maschera per tutto il tempo?
Eddie è un mio eroe e che sia venuto a interpretare il duca è un sogno che si avvera. Riesce a portare grande umorismo con una serie di battute che sono proprio simbolo di quella classe. Porta con sé la politica, io credo davvero che potrebbe essere un primo ministro del nostro paese in futuro. E ovviamente il suo humor è proprio a livello dei Monty Python. Ma certo convincere un grande attore a portare una maschera per tutto il tempo non è facile. Sulla maschera in sé ci abbiamo lavorato per un giorno intero lungo il quale diventava sempre più piccolina fino a quella che abbiamo alla fine. È una specie di maschera di Zorro invertita, un altro strato di pelle che ti lascia comunque vedere una parte del suo volto, senza negare che ha una maschera. L’abbiamo proprio creata insieme.
Tu hai una grossa carriera come regista di video musicali. Sono propedeutici a diventare regista di lungometraggi? Ci sono cose che impari sul cinema facendo videoclip? O più semplicemente quel lavoro poi influenza il modo in cui fai il regista di lunghi?
Fare videoclip non è un lavoretto part-time, per me è sempre stato importantissimo, ed ero anche molto selettivo con quali fare. Mi hanno aiutato ad avere fiducia in me stesso e a trovare il mio stile. È un lavoro duro a budget non alti ma che ti stimola ad essere proattivo. Inoltre se lo paragoni ad un corto, per un video ti viene dato pochissimo tempo (4 settimane) ma magari tutto insieme un budget che se lo raccogliessi per un corto ci vorrebbe un anno. Anche per questo ho fatto video musicali di diversi generi, per capire chi sono. Poi nel passaggio al lungo ho cercato di prolungare quell’energia dei video. In certi punti, se vedi bene, l’ho proprio fatto in senso letterale.
Get Duked di Ninian Doff è disponibile su Prime Video.