Freaks Out, La storia completa - Parte 3: "Sto pensando a cose giganti e complicatissime"
La storia di Freaks Out e di quello che accade adesso, dopo l'uscita, dei progetti e di cosa vogliono fare Guaglianone e Mainetti
Nicola Guaglianone e Gabriele Mainetti erano nello stesso posto in cui ci troviamo a parlare per questa intervista (cioè negli uffici della Goon Films dello stesso Mainetti), 6 anni fa, quando per la prima volta parlarono di quello che ancora non si chiamava Freaks Out: “Era tutto sgangherato, c’era solo una scrivania Ikea. Eravamo venuti qui dopo il successo che aveva avuto Lo chiamavano Jeeg Robot alla Festa del cinema di Roma, quindi mesi prima della sua effettiva uscita in sala. Era Natale del 2015” ricorda Mainetti.
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Oggi lo studio della Goon Films non sembra certo l’ufficio di una gigantesca casa di produzione, perché non lo sono nonostante abbiano portato a termine Freaks Out, un film grande e grosso, un kolossal italiano imponente che ha un budget contenuto rispetto a quello che è. Sta tra i 13 e i 14 milioni di euro: “Ci sono molti altri film italiani di questo costo, non siamo certo i soli. Ma se vedi quelli sembra che il nostro sia costato il doppio” precisa Mainetti con il cappello del produttore.
La storia di come siano riusciti a fare un film come non ne abbiamo mai fatti, di nuovo, dopo che Lo chiamavano Jeeg Robot aveva stupito tutti, parte proprio da quell’improvviso successo e dalle sue conseguenze, passa attraverso una produzione per niente facile e finisce ora che Freaks Out esce in sala con tutte le sue conseguenze e i progetti per il futuro.
Lo raccontiamo in tre parti.
Parte 3: "Sto pensando a cose giganti e complicatissime"
Quando Freaks Out è stato presentato a Venezia Variety non l’ha recensito bene e ha scritto che è un film lurido e sporco.
In generale la critica americana ci è andata dura.
NICOLA GUAGLIANONE: “A me fa impazzire quando definiscono i nostri film dei cinecomic. Io non li ho mai letti i fumetti, noi due non ci siamo proprio formati su quella roba. Ci siamo formati con Daitarn III, Jeeg Robot d’acciacio e Mazinga! A tal proposito mo' ti dò una chicca: in una delle stesure Franz preparava un’arma segreta per il finale che non era un carro armato ma un robot. E si chiamava Nazinga” [non riesce a non ridere quando lo dice ndr]
GM: “Sì sì! Nazinga! C’era ancora quando facevamo la pre-produzione, era una specie di esoscheletro come Aliens, Franz ci entrava dentro e arrivava a combattere”.
GM: “Perché non c’erano i soldi, non l’avevamo preparato per tempo e quindi l’abbiamo ripensato”
NG: “Era spettacolare se usciva con l’esoscheletro e lanciava stellette ninja a forma di svastica!” [ancora ridendo ndr]
GM: “Non è vero questa cosa non c’era! L’hai inventata adesso. No era proprio tipo Aliens o il finale di District 9. Di Nazinga è rimasto il robottino all’inizio, quello che sembra Il gigante di ferro di Brad Bird con la svastica. E se guardi con attenzione sul tavolo di Franz ci sono anche i disegni di Nazinga”
Dopo la prima proiezione di Lo chiamavano Jeeg Robot vi siete visti qui, in questo ufficio per pensare a cosa fare dopo. Adesso che Freaks Out sta per uscire in sala avete cominciato a pensare a qualcosa? Una di quelle famose 6 idee che Nicola portò, quelle concepite in purezza, è in ballo?
NG: “Oh io dopo aver scritto Freaks Out ho scritto altri 14 film eh. È passata una vita intera”.
GM: “Sì ma in realtà un’idea c’è, solo che lui non la vuole fare…”
NG: “Ma nemmeno mi ricordo qual è. E comunque non la dire”
GM: “Sì dai quella… Quella di quello che una mattina si sveglia…. e trova quella cosa…”
NG: “Basta basta oh! Non dire più niente che questo poi lo scrive”.
GM: “Quello che io e Nicola vogliamo è raccontare qualcosa di nuovo, non vogliamo stare comodi, mi sentirei un coglione a rifare le stesse cose. Poi per carità so bene che se vuoi produrre qualcosa di nuovo comunque ti inserisci nel contesto del già raccontato ma quel nuovo possono essere due o tre virgole in più, con uno sguardo molto forte.
La cosa complicata di Freaks Out è che è un kolossal che necessita di un’energia inaudita e un lavoro incredibile, e se non l’hai mai fatto il lavoro è doppio ed è questo che mi piace! Mi piace che l’abbiamo fatto come l’abbiamo fatto e non lo so se potrei viverlo così in America ad esempio, dove tutto è organizzato e perfetto e il regista non conta niente”.
Non è vero che non conta niente. Guarda Fincher ad esempio.
GM: “Vabbè ma mi stai tirando fuori Fincher!”
Guarda David Ayer o anche altri più piccoli che contano moltissimo, il punto semmai è che dovresti fare una gavetta americana. Ma non vi avevano proposto anche una serie?
GM: “Guarda io non ho nemmeno preso in considerazione l’idea di girare il primo episodio di Lunar Park, dal romanzo di Bret Easton Ellis, quando me l’hanno chiesto. E il copione era pure buono. Questo è per dire quanto me ne frega delle serie.
La serialità mi diverte per carità, ma devo averla pensata io deve essere un progetto mio fatto come dico io…”
Stai di nuovo descrivendo un film.
GM: “Eh sì, una serie di film”.
Della serialità e del suo specifico non ti piace niente?
GM: “Mi piacciono i grandi romanzi, come la prima stagione di True Detective, o la terza che è bellissima. Come mi piace Escape at Dannemora, quella di Ben Stiller, che è un grandissimo regista”.
La cosa che mi fa morire delle vostre interviste è che se uno leggesse solo quelle e non vedesse i vostri film avrebbe l’idea che non sono film fantastici. Non ne parlate mai di quel dettaglio.
NG: “Perché non è il punto di partenza”
A parte che non è vero perché un nazista che canta Il Mondo di Jimmy Fontana un elemento di fantastico ce l’ha per forza, ma poi per gli spettatori in realtà è proprio quell’elemento fantastico a caratterizzare le vostre produzioni. Non solo perché nessuno altro lo fa come voi in Italia, ma anche chi lo fa, a differenza vostra, sembra vergognarsene, invece nei vostri film il fantastico è abbracciato con amore e ha una grande rilevanza.
NG: “Sì però l’impianto drammatico è comunque il punto di partenza”
Ma è l’elefante nella stanza il fatto che siete gli unici a puntarci e a farlo bene! Cioè dopo Jeeg, quando progettavate il nuovo film, immagino che tutti vi abbiano chiesto “Ok ma parliamo di un film con i poteri vero?” e lo stesso adesso no?
NG: "Ce lo siamo chiesti noi per primi. Ma il processo creativo non parte da quello, quello che volevamo raccontare era raccontare dei figli senza un padre che ne devono elaborare il lutto”.
Questo tipo di livello di lettura molto attaccato ai personaggi che li tiene ancorati a terra esiste anche nel cinema americano fantastico, tuttavia Freaks Out, lavorandoci un bel po’ poteva venire bene anche senza l’elemento fantastico. Invece voi scegliete di mettercelo...
[qualche secondo di silenzio]
NG: “...lui lo voleva senza…”
GM: “No aspè così non sì capisce però, non è che io volevo un film serio. Avevo una mezza idea che se poi si scopriva che i poteri questi in realtà non ce li avevano faceva ancora più ridere. Era lui a dire che invece no, con i poteri è pop, è divertente, è bello!”
Alla fine cos’è che vi piace del fantastico e che vi spinge a mettercelo?
NG: “È che è fun! È divertente!!” [dice con “l’occhietto suo di quando si fomenta” ndr]
GM: “Sia chiaro che io avevo pensato a farlo senza i poteri ma comunque sarebbe stato una roba così, spettacolare. Oh a me piace Spielberg, io quello voglio fare. Solo che ad un certo punto desideravo cercare di non essere figlio di un mercato saturo. Quando dopo Jeeg ho sondato il mercato americano e tutti mi spingevano a fare i film di supereroi, mi dissero anche che i superpoteri sono solo un modo di raccontare personaggi in modi iperbolici, non sono veramente il punto. Guarda Logan, che centra il potere? Niente! Però alla fine per me il fantastico è fondamentale, perché come dice Nicola ci consente di non limitarci. E infatti non ci siamo limitati. E una volta deciso di farlo fantastico, se io lo faccio lo faccio con tutte le scarpe, non a metà”.
Nicola ha scritto 14 film per altri dopo Freaks Out, tu hai detto di Lunar Park, avete intenzione di lavorare insieme a progetti proposti da altri e non ideati da voi?
GM: “Prima mi chiamavano parecchio proponendomi cose ma alla fine finiva che gli rispondevo: ‘Ma davvero vuoi lavorare con me? Sei pazzo, io ti rovino. Vai in bancarotta!’. Ora non mi chiamano più”.
Il prossimo progetto a cui lavorerete, indipendentemente da cosa sarà, avrà queste dimensioni qui? Quelle del film grandissimo?
NG: “Dipende dalla storia direi”.
GM: “Io sto pensando solo a cose giganti e complicatissime. Secondo me quando fai qualcosa di grande è difficile tornare a fare qualcosa di piccolo. Quando muovi una scena complessa come quella Freaks Out e impari a non averne paura, perché fanno paura 200 persone che si sparano e capire come riuscire a farlo, ti spaventano meno cose ed è un valore. Adesso ho un’esperienza e non me la voglio dimenticare. Uno mi ha detto che forse ho bisogno di fuochi d’artificio per dire molto ma saprei dire le stesse con la stessa intensità anche in una stanza con due persone. Magari è vero, solo che non me ne frega un cazzo di due persone in una stanza. Perché è uno spreco! Non tanti si sentono tranquilli in uno spazio grande, invece io mi ci sento e mi piace sognare in grande. Non voglio essere il regista del cinema di genere che lotta per tutti quanti, sia chiaro. Io voglio solo fare cinema e lavorare su uno spazio intimo e lanciarlo in una dimensione gigantesca, quello mi piace! Quel punto in cui tutto è più epico.
Credo che tutto possa essere grande, poi se viene un’idea per una cosa piccola per carità si può pure fare... Ma deve avere davvero una grande forza”.
Io ho l’impressione che tu sia un regista che non riesce a non pensare in grande e se pure vorrai girare una storia intima e molto piccola poi alla fine finirai comunque ad avere scene con 10 elicotteri in picchiata...
GM: “…..forse sì. Ma tutto deve essere sempre motivato da una scelta narrativa e Nicola di questo è maestro: tutto quel che accade in scena deve avere una ragione narrativa. Non è per rendere omaggio alla narrazione, è perché funziona di più negli occhi dello spettatore. I nostri personaggi hanno poteri ma sono poteri contestualizzati anche a quel che vivono e al momento storico, in questo penso siano meglio di alcune produzioni americane. Prima tu hai detto che lavorandoci Freaks Out si poteva fare senza l’elemento fantastico. Io non credo che sia così, senza i poteri per esempio non avrebbe avuto quella centralità il personaggio femminile”.
NG: “Ma soprattutto pensa a quante scene belle non avremmo avuto! Pensa a quella delle api o quella del telefonino!”.