Florence Korea Film Fest: il nostro incontro con il regista Park Chan-Wook!
In occasione del Florence Korea Film Fest abbiamo intervistato il mitico regista coreano Park Chan-Wook
Parlando con la stampa, il regista ha avuto modo non solo di illustrare i processi creativi che hanno portato alla realizzazione della pellicola, ma anche di analizzare le differenze tra l'industria coreana e quella americana, con cui negli scorsi anni si è trovato spesso a lavorare. Questi i punti salienti emersi durante l'incontro:
Circa i suoi inizi, Park Chan-Wook ha confessato che è stata la visione di Vertigo - La Donna che Visse due Volte di Alfred Hitchcock a fargli capire di voler fare il regista.
Parlando di The Handmaiden, film ispirato al romanzo Fingersmith di Sarah Waters, il cineasta ha spiegato come la parte più interessante di tutto il progetto sia stata trasferire la storia dalla Londra del 1800 alla Corea del Sud degli anni '30, enfatizzando gli elementi femministi già presenti nel libro e aggiungendone di nuovi. Tra essi, il principale è senz'altro il discorso sulla lingua, qui impostato sulla diversità tra uomo e donna.
Park Chan-Wook si è candidamente scusato per il fatto di mostrare spesso aspetti negativi del mondo nei suoi lavori, spiegando però come essi ben descrivano la realtà, non sempre idilliaca come la vorremmo. Per riuscire a combattere questi mali, secondo il suo punto di vista occorre prima di tutto conoscere e affrontare il proprio lato oscuro, arrivando a controllarlo. Questo è quello che fanno i protagonisti dei suoi film e ciò che li rende degli eroi.
Costatando con rammarico che la cinematografia coreana è vista in Europa come un prodotto di nicchia, tanto da venir ricordato in Italia quasi esclusivamente per Old Boy, Park Chan-Wook ha invece espresso parole di lode nei confronti dei registi americani, il cui apprezzamento verso il suo lavoro è evidente. A conferma di ciò, il cineasta ha parlato del remake di Old Boy che uno dei suoi miti, Spike Lee, ha girato proprio qualche anno fa, aggiungendo di essere rimasto stranito da alcune scelte narrative.
Parlando della sua esperienza di lavoro degli Stati Uniti, il regista ha messo a confrontato il sistema produttivo americano con quello coreano, affermando di preferire di gran lunga il secondo in quanto garantisce più libertà di movimento agli autori.