EXCL - Terry Gilliam e il suo memorabile 2018 tra #MeToo e Don Quixote

Intervista a tu per tu con Terry Giliam all'Umbria Film Festival di Montone. Si parla del burrascoso 2018 vissuto dal regista de L'Uomo Che Uccise Don Chisciotte

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78 anni ad ottobre di quest'anno ed ancora una forza fisica ed intellettuale invidiabile. Nonostante numerosi acciacchi, una polemica che rischiava di metterlo alla gogna, litigi con produttori e clamorose gaffe sui Monty Python da parte della BBC, abbiamo incontrato un Terry Gilliam in forma smagliante all'Umbria Film Festival di Montone dove ci siamo messi a discutere con lui di passato, presente e, forse, anche futuro. Tutto comincia con il resoconto dei suoi infortuni fisici nel corso dell'ultimo biennio durante la lavorazione di un certo film rimandato per 29 anni. L'ex Monty Python nonché regista de I Banditi Del Tempo (1981), Brazil (1985), La Leggenda Del Re Pescatore (1991) e L'Esercito Delle Dodici Scimmie (1995) a ruota libera con la consueta, schiacciante, autoironia.

Quanti infarti hai avuto durante la lavorazione del maledetto L'Uomo Che Uccise Don Chisciotte?
Due. Al primo infarto mi si è paralizzata la parte sinistra della faccia compreso l'occhio. Ho pensato che per un regista visionario... fosse imbarazzante avere metà della visione bloccata. Ho pensato che fosse una buona battuta. Funziona anche in italiano?

Sì, abbastanza. Questo mi fa ripensare al fatto che come sai i Monty Python hanno avuto in passato un sacco di problemi con la traduzione dalle nostre parti. L'esempio più eclatante è Monty Python E Il Sacro Graal (1975) che da noi venne doppiato utilizzando i nostri dialetti. Quando lo dissi a Terry Jones trasecolò perché il film era parlato in "common english" e quindi non necessitava di alcun uso del dialetto per rispettare presunti regionalismi inglesi...
Anche in Francia adattarono in modo folle il Sacro Graal sostituendo nella scena del processo alla strega "church" con "cricket". Non aveva alcun senso. In Brian Di Nazareth (1979) sempre i francesi non capirono la nostra frase di lancio "Life Of Brian. It Makes Ben-Hur look like an epic". A noi faceva morire dal ridere perché Ben-Hur... era un film epico e loro questa cosa non la capivano proprio. Questo è il problema della commedia verbale e questo è il motivo per cui le mie animazioni continuano a piacere molto a grandi e piccoli, in varie parti del mondo. Perché? Perché non sono verbali.

Questo è sempre stato il segreto dei Python. Possiamo chiamarla comicità fantasy e non satirica?
Io preferisco gli aggettivi “assurdo” e “surreale”. C'è un certo collegamento con la realtà ma mai in relazione a un preciso tempo e luogo. Più astratto.

A me piace fantasy per una mia frustrazione nei confronti dell'Italia. Avete sempre giocato con magia, mostri e creature fantastiche. Palin e Jones sono anche due importanti autori di favole per bambini. In Italia c'è ancora un ridicolo blocco ideologico nei confronti del fantasy e del fantastico in generale da parte di vecchie generazioni che non l'hanno mai capito. Per voi anglosassoni è invece così naturale. Vi ho sempre invidiati per questo...
A proposito di differenze culturali una cosa che mi colpì molto della differenza tra noi americani e gli inglesi quando arrivai a fine anni '60 in Uk era il loro amore per la comicità "silly". Come tradurresti “silly” in italiano?

A me piace “sciocco”. Lo preferisco a “scemo”, "stupido" e soprattutto a "demenziale" perché “silly” è un termine per me simpatico, tutto sommato allegro e spensierato. Come sciocco.
"Silly" è una parola anche che va molto bene per i bambini che continuano ad amare i Monty Python in modo viscerale perché li capiscono al volo e non si vergognano della necessità di non essere “silly”. Per gli adulti quel momento è finito. Di che cosa dobbiamo parlare in questa intervista?

Della tua vita...
Perché non parliamo della vita di Richard Nixon?

Qual è il tuo rapporto con Richard Nixon?
È sempre stato un mio punto di riferimento.

Seriamente...
Mi ricordo che mi sono seduto vicino a Nixon durante un viaggio in aereo. Ero in prima classe per cui stavo lavorando sicuramente per Hollywood. Era il mio periodo di regista di successo hollywoodiano per cui doveva essere all'epoca de I Banditi Del Tempo. Volavamo su un Concorde. Ero seduto vicino a lui e mi ricordo quest'uomo con una testa enorme. I servizi segreti mi prelevarono di forza e mi portarono via. Evidentemente ero una minaccia per Nixon. Che testa gigantesca che aveva. Mi ricordo anche dei lavori di Stan Vanderbeeck nei '60, delle sue bellissime animazioni in cutout molto economiche con Nixon che parlava con il piede nella sua bocca. Per noi è un espressione idiomatica molto forte. Qual è il vostro corrispettivo di "parlare con il piede in bocca"?

Dire cavolate. Dire delle idiozie...
Per noi è un'espressione ancora più interessante perché il piede è una parte sconcia del corpo che se entra nella bocca, che dovrebbe essere una zona elegante da cui escono concetti alti, allora crea il paradosso dell'oscenità nel luogo sacro. Ma tornando a Nixon... quando vidi l'animazione di Vanderbeeck con lui che parlava con il suo piede in bocca, ho pensato che anch'io avrei voluto fare quella cosa lì. Vanderbeeck fu una grande ispirazione per i miei cutout per il Flyng Circus dei Python.

Hai mai protestato politicamente contro Nixon quando eri giovane?
Sì, certo.

Questo ci permette di arrivare alla tempesta che hai provocato questa primavera quando hai attaccato il movimento #Me Too e Time's Up. Chi non ti conosce non sa da che epoca provieni. Possiamo dire che hai cercato di creare una dialettica in un momento in cui, su questo argomento, non sembra più possibile discutere senza che qualcuno si scandalizzi che se ne possa discutere?
La gente oggi è preoccupata di parlare. Io ho passato la mia giovinezza a parlare, litigare, discutere, fare assemblee politiche e sviscerare qualsiasi tema entrando in contrasto anche con gli amici più intimi. Questo metodo lo portammo dentro i Python perché eravamo tutti bene o male della stessa generazione e la nostra generazione non aveva paura di litigare. C'era una dialettica fortissima dentro i Python come ben sai, forse anche un pochino esasperata tanto che ci facemmo addirittura uno sketch molto buono, uno dei nostri migliori per me (The Argument Sketch, N.d.R.). Ebbene, amici miei, l'epoca della dialettica oggi è finita perché sono tutti preoccupati, sono tutti molto agitati e attenti perché se parli ti devi schierare e devi stare o da una parte o dall'altra. Io mi sono laureato in Scienze Politiche per cui per me è naturale discutere e provocare senza perdere il controllo. La politica era una cosa che mi piaceva e avevo le idee fottutamente chiare all'epoca. Ora è tutto diverso. Sono vecchio. Ai tempi miei mi sembrava così semplice capire chi era il cattivo. C'era la guerra in Vietnam, nata dalla teoria del domino. Era la vera assurdità della nostra epoca. Era un nonsense più grande di uno sketch dei Python. Come Donald Trump che ora aumenta nuovamente le spese militari.

Qual è la differenza tra Trump e Nixon?
Trump è più audace. Oltraggioso, direi. È più divertente e spaventoso di Nixon. È una marionetta dentro un puppet show. Ma quello che è più pericoloso sono le persone che ha messo al potere. Trump aiuta le grosse corporation. Non lo so. Noi liberali di sinistra abbiamo le nostre responsabilità ma questa gente mi sembra inquietante. Sto arrivando alla conclusione che non mi devo interessare più di politica e che devo passare il resto dei miei giorni in splendidi posti come l'Umbria cercando di non pensare più a niente di brutto. Voglio vivere in un giardino bello come questo dove stiamo facendo l'intervista.

E allora perché hai deciso di attaccare il movimento #Me Too?
Non ne potevo più di tutta questa ipocrisia. Stanno facendo una vera e propria caccia alle streghe.

Possiamo dire chi ti ha scritto esprimendoti solidarietà?
Matt Damon, con cui non mi parlavo da almeno due anni, mi ha scritto proprio nei giorni in cui i miei commenti hanno creato quella tempesta. Mi ha scritto ringraziandomi per averlo difeso in passato e poi ha concluso la mail con: “E ora, caro Terry, preparati ad essere crocefisso!”. Matt aveva semplicemente detto che non tutti gli uomini erano dei potenziali violentatori e questo aveva causato un putiferio. Era stato attaccato e io l'ho difeso. Io posso parlare per chi conosco e conosco molto bene Matt Damon.

Andiamo adesso alla polemica di 15 giorni fa che ha generato l'ultima frase che ti ha contraddistinto a livello mediatico ovvero: “Adesso posso dirlo: sono una lesbica di colore”. Vogliamo spiegare che strana storia c'è dietro? Ricapitoliamo: il capo della sezione commedia della BBC Shane Allen dice qualche giorno fa che oggi i Monty Python sarebbero anacronistici perché eravate solo sei uomini bianchi provenienti da Oxford e Cambridge e quindi oggi non potreste rappresentare la diversità razziale e culturale contemporanea. Questo signore ha anche fatto una bella gaffe nei tuoi confronti visto i Python non erano sei bianchi che venivano da Oxford e Cambridge ma cinque visto che tu eri l'unico americano del gruppo. Tu hai risposto con questa battuta molto divertente: “Adesso posso dirlo: sono una lesbica di colore”. La battuta fa ridere ma dietro c'è una storia molto più complessa. La vogliamo raccontare?
Raccontiamola. Torniamo ai tempi della mia frustrazione Python quando Terry, Eric, John, Michael e Graham scrivevano degli splendidi sketch e io non capivo come facevano. Allora cercai di industriarmi per farne uno anche io. Me ne venni fuori con questa storia antichissima legata alla mia vita: quando ero giovane i miei amici mi prendevano in giro per via di un mio fantomatico zio. Uno zio immaginario. C'era questo giocatore di baseball dei Brooklyn Dodgers che si chiamava James Junior Gilliam e veniva dal Tennessee. Mio padre si chiamava James Gilliam e veniva dal Tennessee. L'unica differenza tra mio padre e questo zio inventato dai miei amici era che lo zio inventato... era nero di pelle. Non sai quanto mi prendevano in giro dicendomi che dovevo essere mezzo nero pure io. Facciamo uno stacco e vado al college. C'era questo test psicologico che non so perché ci fecero fare e il mio risultato sconcertò i docenti perché mi piaceva la musica e l'arte e quindi secondo loro avevo forti tendenze femminili. All'epoca ero un sempliciotto per cui mi gettarono nella paranoia più cupa. Fu allucinante perché pensai: "Come? Sono gay? È impossibile! Mi piacciono le donne!". Tutti gli amici mi cominciarono a prendere in giro anche per quella faccenda e allora io cercai di farli smettere dicendo: “Sono una lesbica! Ok... sono una donna a cui, però, piacciono le donne”. All'epoca per essere virile in America dovevi bere litri e litri di birra e io la odiavo. Per cui andavano avanti con questa storia del mio essere femminile ma in chiave lesbica. Poi arrivai in Inghilterra dove i Python mi facevano interpretare nel Flying Circus solo personaggi effeminati o travestiti o equivoci e io mi divertivo un sacco. Al culmine di questa mia galleria di indimenticabili personaggi grossolani e mostruosi c'è l'uomo di colore che si apre a metà per annunciare allo spettatore che si è arrivati alla metà del film ne Il Senso Della Vita. Fin dai primi giorni con i Python, per cercare di scrivere anche io uno sketch autobiografico, raccontai a John, Eric, Michael, Graham e Terry di queste mie vicissitudini partendo dal mio strano finto zio black fino ad arrivare a questi sospetti di omosessualità. I Python trovavano questa storia molto divertente ma ovviamente non mi permisero mai di inserirlo da nessuna parte. Era uno sketch tra noi, quasi invisibile al pubblico. I ragazzi sapevano che da anni sostenevo di essere una lesbica di colore e avevo scelto anche il nome: Loretta. Un giorno, durante la sessione di scrittura di Brian di Nazareth, Eric Idle sfruttò questa mia storia per il momento del film in cui il suo personaggio del Fronte Popolare di Giudea, Stan, decide che da quel momento in poi vorrà essere una donna di nome Loretta. Ti ricordi quella scena?

Sì, certo...
Solo noi all'epoca sapevamo che quello sketch nasceva dalle mie vicissitudini. Ora posso finalmente dirlo al mondo intero: sono una lesbica di colore e mi chiamo Loretta. Sono in transizione. Voglio essere anch'io un alphabet people. No, non scrivere alphabet people perché sennò sui social si incavolano.

Deve essere ironico per uno con il tuo passato di attivista politico il fatto di essere accusato di essere un maschio sciovinista dopo che racconti nel tuo libro "Gilliamesque" che Harvey Weinstein ti fece capire chiaramente che non avrebbe mai scritturato Miranda Otto ne I Fratelli Grimm perché era "unfuckable" e poi soprattutto... ti ricordi lo sketch con Graham Chapman dentro Il Senso Della Vita in cui lui era un produttore che si era permesso di essere osceno con le donne con cui aveva lavorato ed era perciò punito venendo rincorso da tutte quelle signore mezze nude?
Sì! E poi cadeva dalla scogliera e moriva. Hai ragione. Avevamo già capito tutto. È chiaro che Harvey Weinstein vide da piccolo quella scena de Il Senso Della Vita, ne rimase per sempre turbato e poi ha fatto quello che ha fatto per colpa dei Monty Python. Mi scuso a nome di quell'orribile gruppo comico che sono i Monty Python -sei uomini bianchi provenienti da Oxford e Cambridge- perché abbiamo fatto cose disgustose negli anni distruggendo generazioni dopo generazioni, da critici cinematografici come te a produttori come Harvey Weinstein. Oggi i Monty Python non potrebbero più esistere. E sarebbe giusto.

Perché?
Perché il mondo si prende troppo sul serio. Ma lo vedi? Siamo tutti così seri e preoccupati e attenti e convinti di avere opinioni serie e perfette su ogni argomento. Se io comincio a parlare della situazione politica italiana tu potresti offenderti perché è la tua nazione. Insomma, è un gran casino.

Parliamo dei social. Tu li usi in un certo modo. Pensi che oggi la politica si faccia lì?
Assolutamente sì. Io per esempio non sono affascinato dalle cose che metto sulla mia pagina ma sono affascinato più da come quelle cose possano essere percepite. I "followers" sono incredibili. Dopo tutto il casino successo per le mie frasi sul movimento #MeToo senza che nessuno avesse letto l'articolo originale in cui non dicevo sostanzialmente niente di così scandaloso, c'è stata una signora che ha detto sulla mia pagina facebook che nonostante mi avesse seguito da sempre e avesse adorato TUTTO il mio lavoro fin dai tempi con i Python... per colpa delle mie parole contro il movimento #MeToo non mi avrebbe più seguito o letto o visto più niente di mio. Disse che sarebbe diventata una unfollower proponendo a tutti di diventare miei unfollowers. È una follia. È il contrario di quello che dicevamo in Brian Di Nazareth: “Non seguite il sandalo! Non seguite la scarpa! Non seguite più Terry Gilliam!”. Il mondo è sempre stato un gran casino. Ma ora la percezione è che devi essere uno che deve avere dei “like”. Il consenso sui social è tutto e deve essere assoluto. Il mio motto è sempre stato: “Sticks and stones may break my bones, but words can never hurt me”.

Chiudiamo con Mr. Vertigo. Ma cos'è questa storia? Lo farai?
Mr. Vertigo sta tornando ma ha sempre paura di cadere. È un libro meraviglioso e qualche anno fa ci lavorammo tanto. Non riuscimmo a trovare i soldi. Io riuscii a convincere Ralph Fiennes ad essere il vecchio del romanzo. Il vecchio ebreo, il grande mago, insomma un mio classico. Eravamo a Cannes e quando io dissi di volere Ralph Fiennes il produttore mi disse che non era un attore redditizio. Usò proprio il termine: bankable. Io odio quel termine. Me lo sento dire da anni e anni. Anche Johnny Depp non era bankable quando lo volli inizialmente per The Man Who Killed Don Quixote perché era prima che tornasse in auge con Pirati Dei Caraibi. Mi arrabbiai così all'epoca di quella faccenda di Ralph Fiennes che quando mi dissero che non era bankable me ne andai dal film. Sono passati tanti anni e ora che finalmente Don Chisciotte è finito e forse, ma dico forse, posso rimettermi a lavorare a qualcosa... tutti mi stanno chiedendo di Mr Vertigo. Io non ti voglio rispondere perché non ci sto pensando. Devo tornare al mio giardino. Fatemi tornare al giardino. Sono un vecchio regista visionario. Vengo da tre Festival di seguito (e all'epoca di questa intervista ancora non era stato né a Taormina né all'Ischia Global Fest, N.d.R) e non sto facendo altro che fare interviste per cui ogni cosa che dico dovrebbe essere importante. Non è tristissimo? Il mio ego ci va a inizialmente a nozze e poi mi sento in colpa. Mr. Vertigo? Chissà. Vedremo.

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