EXCL: Paul Tobin della Weta su Hercules, Lo Hobbit e concept designing
Il concept designer della Weta Workshop Paul Tobin ci parla dell'Hercules con The Rock e Lo Hobbit con interessanti dettagli su un mestiere che è un'arte.
Per cui siamo partiti dal film con The Rock per arrivare a discutere di carta & matita, I predatori dell'arca perduta, Lo Hobbit: La battaglia delle Cinque Armate e... Pink Floyd The Wall. Vi sembrano cose non collegate tra loro? Forse.
O forse il compito del concept designer è proprio quello di prendere "cose" diverse da tante arti e parti del mondo... per poi metterle tutte dentro un film.
Mr. Tobin, per prima cosa può spiegare ai nostri lettori di BadTaste.it che cosa fa un concept designer?
Beh... io mi vedo come un risolutore di problemi. Essenzialmente devo risolvere ogni problema di design e di visualizzazione che può avere un regista strada facendo durante la preparazione di un film. Lo devo risolvere io e la mia squadra di colleghi, ovviamente. La scala del nostro lavoro può variare dal gigantesco al minuscolo. Si può passare dall'ideare e visualizzare un'intera città e la cultura che la circonda, alla creazione di una determinata creatura o personaggio non solo per quanto riguarda il look ma anche per il suo modo di combattere. Infine... possiamo anche arrivare a occuparci di un minuscolo disegno su un cinturone.
E' come fare l'architetto, lo stilista, lo scenografo e l'illustratore tutti mischiati per un unico lavoro. E' davvero grandioso.
Partiamo dell'impegno in relazione all'Hercules tratto dai fumetti di Steve Moore per Radical Comics. Quanto è stata libera la Weta di esprimersi durante il vostro lavoro rispetto al fumetto originale di Moore?Ci hanno dato molta libertà e questo è stato meraviglioso. Avevamo già lavorato su questo materiale 7 anni fa e per cominciare ci siamo concentrati su ciò che era più amato proprio dai tipi di Radical Comics e abbiamo deciso così di partire da là. Una volta che Brett Ratner è salito a bordo, ci siamo divertiti a rischiare e lui è stato molto disponibile ad esplorare alcune delle culture meno note (come l'antica tribù degli Sciiti, ad esempio) per alcune idee grafiche che avevo in mente.
Qual è stato il problema più difficile da risolvere durante la lavorazione di Hercules?
Abbiamo dovuto lavorare molto proprio in relazione al personaggio stesso di Hercules, soprattutto per quanto riguarda il copricapo leonino che lui indossa. Eravamo indecisi se il copricapo dovesse somigliare a un vero leone oppure a una sua idea più astratta con lo scopo soprattutto di fungere da elmo protettivo. Alla fine abbiamo deciso che dovesse essere fondamentale per Hercules spingere il copricapo indietro nel momento del combattimento. Quindi, una volta deciso che non dovesse essere uno strumento per lui indispensabile durante il corpo a corpo, è venuta naturale la decisione di optare per quell'idea di farlo somigliare il più possibile a un vero leone. L'altro problema che ci ha portato via più tempo è stato quello di definire dei look differenti e incisivi per ogni singolo compagno di guerra di Hercules stesso.
Quanto un concept designer è libero di creare materiale totalmente originale per un film e quanto invece contano idee di precedenti film che, per la loro brillantezza, possono influenzare la scelta di riutilizzarle per una nuova pellicola?
Come artisti noi abbiamo la tendenza a circondarci sempre di vecchi lavori nostri o di colleghi e ovviamente anche di film già realizzati. La parola chiave qui è una sola: ispirazione. Il nostro obiettivo è sempre quello di avere una voce originale per il progetto al quale stiamo lavorando. E per fare ciò è sempre necessario andare alla fonte del materiale. Se devi disegnare Hercules, la prima cosa che devi fare è immergerti nell'antica mitologia greca e nei riferimenti storici a quella regione. Non bisogna aver paura di recuperare un'iconografia del passato ma non bisogna nemmeno arrendersi e abbandonarsi a tutto ciò che è stato fatto prima.
Quanto i suoi specifici interessi e titoli di studio nel campo dell'Archeologia la aiutano per il suo lavoro? Quanto un concept designer può affidarsi ai suoi interessi personali per fare al meglio il suo lavoro?
Beh... per un film come Hercules mi sono letteralmente rigettato nei miei amati studi classici per non parlare delle mie competenze archeologiche. Avevamo tutta una serie di personaggi che dovevano essere definiti in base alle loro origini culturali ed archeologiche. Quindi in questo caso la mia competenza specifica (dovete sapere che ho letteralmente e fisicamente scalato molte rovine della Grecia antica da più giovane) è stata una manna dal cielo che ha solo avuto l'effetto di espandere la mia creatività più armoniosamente. Quello che forse i giovani concept designer non afferrano è che il design in fondo è solo uno strumento che tu usi per risolvere un problema. Quello di cui ognuno di noi ha realmente bisogno sono delle idee e le idee derivano in primis dal nostro bagaglio culturale personale.
Il disegno a mano è ancora importante per il vostro lavoro?
Assolutamente sì. E' cruciale per questo lavoro a prescindere dal medium nel quale ti trovi a lavorare come professionista. Molti di noi tendono a scarabocchiare direttamente dentro Photoshop ma allo stesso tempo non dimentichiamo a casa carta & matita. E' ironico pensare al fatto che tendiamo a disegnare molto di più durante le riunioni più articolate e complesse. Quelle in cui è molto più facile se hai carta & matita partire da un input che ti dà il regista e presentargli molto velocemente una tua idea di quello che lui vorrebbe.
Come è possibile per voi conciliare la tendenza al perfezionismo con la stessa precisa consapevolezza che poi lo spettatore non coglierà tutti i dettagli che avete inserito? Non è questo un lato leggermente frustrante del suo lavoro?
Noi troviamo piacere e soddisfazione durante il processo, durante il lavoro stesso, più che dal risultato finale. Quando ho messo tutto me stesso dentro un'idea visiva, ho già soddisfatto il desiderio primario ovvero quello di dare il massimo per il regista per cui in quel momento sto lavorando. Lo posso fare perché è un rapporto molto forte e privato tra me e il regista. Qui alla Weta crediamo profondamente al fatto che i dettagli siano essenziali e anche se gli spettatori non li coglieranno tutti... sappiamo benissimo che gli attori, invece, andranno fuori di testa e l'idea di avere un attore eccitato e ispirato sul set dal nostro lavoro è esattamente quello che vogliamo ottenere!
Ci può dire quale è stato il collega che l'ha impressionata di più negli ultimi anni e perché?
Ho avuto il piacere e onore di lavorare a fianco del mio collega Nick Keller per la saga Lo Hobbit per 6 lunghi anni. Per l'ultimo capitolo Lo Hobbit - La battaglia delle Cinque Armate il gruppo di nani guidati da Thorin Scudodiquercia entra in battaglia completamente ricoperto di armatura pesante. Ebbene... ho osservato Nick disegnare personalmente, e sotto una pressione produttiva senza precedenti, una dozzina di completi di armatura nanesca ad un livello di dettaglio semplicemente pazzesco. Normalmente il lavoro che lui ha svolto da solo... sarebbe dovuto essere effettuato almeno da un team di quattro concept designer. E' stata una vera fatica di Ercole per lui!
Siete consapevoli alla Weta dell'importanza che avete assunto nel panorama cinematografico negli ultimi 15 anni? Siete diventati una meta ambita per giovani concept designer vogliosi di crescere e imparare dai migliori?
E' buffo ... mi capita di realizzare il ruolo che la Weta ha effettivamente raggiunto nell'industria solo quando viaggio e partecipo a conferenze fuori della Nuova Zelanda. Il numero di nostri ammiratori e fan in giro per il mondo è entusiasmante e ci ricorda che quello che facciamo può effettivamente avere un impatto sulle vite delle persone che vivono nel mondo reale lontano dai laboratori in cui passiamo tante ore a lavorare ai nostri universi fantastici. E' davvero emozionante e gratificante riscontrare questa stima. Per quanto riguarda giovani artisti che vogliono venire a lavorare da noi... sì, abbiamo tantissime persone che provano a contattarci da ogni parte del mondo. Penso che gran parte del merito sia del nostro fondatore Richard Taylor, il quale ha veramente la capacità di entrare in connessione con le giovani creatività ispirandoli non solo a lavorare per la Weta ma ad entrare in questo mestiere a prescindere che poi vengano da noi o vadano in altre aziende.
Ci piace concludere l'intervista chiedendole... quale fu il suo primo shock positivo al cinema? Quale fu il primo film che la sconvolse? E poi... quale film invece l'ha convinta a intraprendere questo affascinante mestiere?
Come shock... sicuramente Pink Floyd The Wall (1982). Ero un adolescente impressionabile all'epoca e quando ho visto quelle animazioni combinate con quei brani musicali e con il tema della pellicola... la cosa mi ha letteralmente sconvolto. Se vogliamo parlare di seduzione non posso dimenticare anche I predatori dell'Arca perduta (1981). Diciamo che ho seguito letteralmente le orme di Indiana Jones volendo immediatamente visitare il Medio Oriente subito dopo aver visto il film per andare io stesso alla ricerca di antiche culture e un pizzico di avventura. Per quanto riguarda una suggestione più professionale... devo indubbiamente citare la saga Il Signore Degli Anelli di Peter Jackson. Ero appena tornato dai miei viaggi archeologici e avevo cominciato una scuola d'arte. Fu incredibile scoprire all'epoca che il mio libro fantasy preferito stava per essere realizzato proprio qui a Wellington! Dopo quei film meravigliosi, ho deciso di mettere tutto me stesso nel tentativo di farmi assumere dalla Weta Workshop (il distaccamento più materico rispetto alla Weta Digital, N.d.R.) e dopo ben 11 anni... mi sento ancora come se fossi nelle due settimane di prova!