EXCL - Coco, la nostra intervista con Adrian Molina e Jason Katz

Il nostro incontro con Adrian Molina e Jason Katz, co-regista e story editor di Coco!

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Continua il nostro viaggio nel mondo di Coco. Nella nostra giornata presso gli studi della Pixar a Emeryville abbiamo parlato dello sviluppo dello script insieme ad Adrian Molina (“Ratatouille” e “Toy Story 3”), sceneggiatore e co-regista di Coco, alla Pixar dal 2006; e a Jason Katz, alla Pixar dal 1994, story-boarder di “A Bug’s Life”, “Toy Story”, “Toy Story 2” e “Monsters, Inc.” , e co-story supervisor per “Alla Ricerca di Nemo” e “Ratatouille”, che ha ideato la storia di Coco e ne ha supervisionato lo sviluppo.

Come è nata questa idea? Perché proprio il giorno dei morti?

Jason Katz: Circa sei anni fa io e Lee Unkrich abbiamo proposto l’idea, all’epoca sapevamo solo che sarebbe stato un film ambientato in Messico durante la celebrazione del giorno dei morti. Il protagonista doveva essere un ragazzino che partiva per un’avventura nel mondo dei morti, avventura durante la quale avrebbe avuto bisogno dell’aiuto della sua famiglia. C’era anche la volontà di portarlo alla scoperta dei sui suoi antenati. Chi siamo? Cosa significa fare parte di una famiglia? Questi sono gli elementi principali dai quali abbiamo sviluppato il film e che siamo felici siano rimasti fino alla fine. Ci sono stati tanti cambiamenti ovviamente nel corso dello sviluppo del film.

Una volta deciso il tema come vi siete preparati per lo sviluppo del film?

Adrian Molina: Per noi era importante fare ricerca su questa celebrazione. È una tradizione del patrimonio culturale messicano che si è diffusa nei paesi in cui i messicani hanno viaggiato. Andiamo indietro alla storia indigena pre coloniale; parte della celebrazione è che i parenti defunti vengano riaccolti nel mondo dei vivi e invitati a riunirsi con loro. È un momento di gioia e festa. Ci sono dei degli elementi di questa festa carichi di significato.

Ad esempio?

Adrian Molina: Ad esempio la ofrenda ovvero un altare che viene decorato per accogliere gli spiriti nel giorno dei morti, la parola deriva del verbo offrire e infatti su di essa si mettono cibo, vino, tutto quello che ai morti piaceva quando erano in vita e che porteranno simbolicamente con loro nel viaggio di ritorno verso casa. Le foto sono una parte importante della ofrenda, sono un atto d’amore e rispetto verso i defunti. L’idea alla base della foto è che quando la famiglia si ritrova intorno alla ofrenda si iniziano a raccontare storie su queste persone, i momenti che in vita si sono condivisi con loro etc.

Mi hanno colpito molto i petali arancioni sparsi per il paese e in particolare il grandissimo ponte che unisce i due mondi.

Adrian Molina: Si chiama marigold path ed è composto da un fiore che in spagnolo si chiama sampasucho (calendula in italiano). Il percorso serve ai morti per essere guidati verso l’ofrenda e verso la loro tomba. Questo percorso è un simbolo bellissimo di connessione tra i vivi e i morti. Il ponte fatto di questi petali è una immagine poetica che unisce i due mondi, è un’immagine molto Pixar direi, spettacolare.

Quali altri aspetti della festa del Dìa de Los Muertos era importante mostrare?

Adrian Molina: La celebrazione fatta nei cimiteri durante il giorno, quando le famiglie vanno al cimitero, puliscono e decorano le tombe. Di notte invece portano coperte, cibo, e con musica e danze stanno svegli tutta la notte a festeggiare. Il cimitero era esattamente il posto dove volevamo che Miguel si riunisse con la sua famiglia.

Miguel però è schiacciato dalla sua stessa famiglia.

Jason Katz: Famiglia, eredità, legami… Volevamo infatti che queste tradizioni diventassero in un certo senso una sorta di peso per il protagonista. Un momento cruciale infatti è quando Miguel cerca di scappare per andare a suonare che è la sua passione, ma è bloccato nella stanza dell’ofrenda dai famigliari. Ma è proprio nell’ofrenda che scoprirà il segreto sulla sua famiglia. L’idea era quella di dare importanza al legame con i nostri defunti.

[caption id="attachment_287676" align="aligncenter" width="700"] La produttrice Darla K Anderson, il regista Lee Unkrich e il co-regista Adrian Molina (Foto di Deborah Coleman / Pixar)[/caption]

Su quali altri temi avete voluto basare la storia?

Adrian Molina: Dopo la ricerca ovviamente è arrivato il momento di scrivere la storia. Abbiamo capito che dovevamo partire dall’amore di Miguel per la musica. Da artisti sappiamo in prima persona cosa significa voler creare, essere trasportati da una passione.

Jason Katz: Volevamo che la passione fosse capita dal pubblico, perché in nome di questa passione Miguel volta le spalle alla sua famiglia e scappa. Volevamo mostrare che Miguel ha la musica nel sangue, anche se alla prima presentazione allo Studio la risposta è stata negativa.

Come mai?

Adrian Molina: Non era abbastanza convincente, emozionante. Si sono convinti solo dopo avergli mostrato la scena in cui Miguel suona da solo nella sua mansarda, il suo luogo segreto. Suona una canzone su quanto ami la musica e sul suo desiderio di farsi sentire. È stata questa scena che ha convinto i piani alti dello Studio che ha dato il via per lo sviluppo della storia.

Il luogo segreto di Miguel è il primo che viene mostrato nel trailer del film, ha un ruolo importante?

Adrian Molina: Sì. Dean Kelly ci aveva fatto una serie di disegni su questo posto ribattezzato “safe place”, posto in cui Miguel può nascondersi, dove ha tutti i cimeli del nonno cantante Ernesto de La Cruz. Uno dei suoi disegni mostrava una sorta di ofrenda con tutte le cose che la famiglia di Miguel aveva buttato via, compresa una tv. Cosa che mi ha fatto venire in mente di quando ero alle medie ed ero interessato all’animazione. Ma all’epoca internet si usava poco, c’erano poche fonti sulla questione. Mi piacevano i film della Disney e l’unica cosa che spiegava effettivamente come l’animazione veniva svolta erano questi vecchi episodi di Wonderful World su Disney Channel. Unico problema è che andavano in onda alle 4 del mattino! Quindi per vari mesi mi svegliavo alle quattro, mettevo il VHS e registravo sperando che fosse uno di quegli episodi nei quali spiegavano come facevano i cartoni. E ogni volta che non era un episodio di quel tipo riavvolgevo il nastro e lo usavo per registrare il giorno successivo. Alla fine uno di questi episodi andò in onda, mostravano gli schizzi fatti a matita, i disegnatori che disegnavano sulle varie pagine, e per me diventò reale! Ho sentito una sorta di connessione con quegli artisti, ho sentito che avrei avuto l’eredità di quella forma di arte e la cosa per me ha avuto un significato molto emotivo. Ho proposto di fare una cosa simile per Miguel, che la chitarra lo guidasse, con la voce di De La Cruz che lo incita. Ho proposto quello che chiamiamo un audio sketch.

È stato difficile fare la scelta che riguarda De La Cruz che lascia la famiglia considerando che si tratta di un film per famiglie?

Adrian Molina: È una sfida grandissima infatti. Ci siamo chiesti cosa avrebbe reso questa storia credibile, e la risposta è stata che Miguel doveva avere una buona ragione per voler seguire il suo sogno e lo stesso vale per la famiglia che non vuole che lui lo faccia. Il personaggio di De La Cruz ci piace perché è misterioso, è un personaggio da scoprire, e lo rende reale. Se la famiglia di Miguel non avesse avuto un motivo forte per odiare la musica non ci sarebbe stata la possibilità di rendere la storia coinvolgente per il pubblico.

Jason Katz: E poi la cosa universale è che tutti abbiamo storie strane nelle nostre famiglie, storie che influenzano la nostra vita ancora oggi. Rende il tutto più autentico.

Perché proprio il nome Coco?

Adrian Molina: Uno dei temi principali della storia è mantenere la memoria delle persone defunte raccontando la loro vita alle generazioni future. Coco non è il personaggio principale me è il personaggio che rappresenta la connessione tra la generazione vecchia e quella nuova. Il nome è il diminutivo di Socorro. Nelle famiglia latinoamericane c’è quasi sempre una nonna che si chiama Coco.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti!

Ambientato in Messico, Coco racconta la storia di Miguel, un aspirante cantante e chitarrista autodidatta che sogna di seguire le orme del suo idolo Ernesto de la Cruz, il musicista più famoso nella storia del Paese. Ma ormai da generazioni la musica è severamente proibita nella famiglia del ragazzo.

Diretto da Lee Unkich, co-diretto da Adrian Molina e prodotto da Darla K. Anderson (Toy Story 3 – La Grande Fuga), Coco è uscito nelle sale italiane insieme al nuovo contenuto speciale firmato Walt Disney Animation Studios Frozen – Le Avventure di Olaf.

Le foto dell’articolo sono di Deborah Coleman / Pixar

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