Il regista italiano che ha “ridato vita” a E.T. - L’extra-terrestre: Marcello Baretta descrive l'esperimento di GoPractical

C'è un regista italiano che ha ridato vita a E.T. - L’extra-terrestre: Marcello Baretta ci parla di GoPractical, il suo brand

Redattore per badtaste.


Condividi

Era il 1982 quando E.T. l'extra-terrestre di Steven Spielberg arrivava al cinema. Sono passati esattamente 40 anni da quando il regista americano ha catturato i cuori degli spettatori con il suo immortale capolavoro.

Da allora sono stati numerosi i tentativi (più o meni riusciti) di ridare vita all’iconico alieno, tra rivisitazioni digitali, parchi a tema, e spot televisivi.

L’ultimo in ordine di tempo, nonché quello decisamente più interessante, è quello di un regista italiano, Marcello Baretta, che ha messo in atto un esperimento decisamente inedito per il nostro paese. E tutto per porre l’attenzione su GoPractical, un neonato brand cinematografico con un solo obiettivo, come suggerisce il nome: offrire agli spettatori un cinema completamente analogico, e che smetta di fare affidamento sul digitale.

“Immaginate di poter toccare con mano tutto ciò che appare sullo schermo”

L’esperimento

Il primo esperimento è stato allora prendere un’icona del cinema fantastico degli anni ‘80 e assistere alle reazioni di chi è nato e cresciuto in corrispondenza con la diffusione delle ultime tecnologie informatiche: i bambini.

Per Marcello Baretta era importante sensibilizzare non solo le nuove generazioni, ma anche le vecchie verso quello che è il “cinema pratico” e le soluzioni analogiche:

Con questo primo esperimento dedicato a E.T e all’arte della animatronica ho cercato di fondere due binari, che sono quelli su cui si fonda GoPractical. Da un lato si tratta di un dietro le quinte che racconta la tecnica, che passa dalla modellazione alla progettazione meccanica, ai test con la pelle, fino alle fasi di coordinamento del movimento; dall’altro c’è la questione dell’esperimento sociale, che ricopre anche un fine didattico. 

I bambini selezionati hanno prima di tutto guardato E.T. - L’extra-terrestre sul grande schermo (per molti si è trattato della prima volta in un cinema), poi la produzione li ha accompagnati sul set dell’esperimento e il risultato è stato questo (guardalo anche su Instagram):

Animatronic character comes to life in a social-experiment for young generations

This project, for educational purposes, describes the stages of development of animatronic techniques applied, in this case, to the character of E.T. and how the final result generates unique emotions and interactions that cannot be replaced by digital, thus reflecting the thought of practical director Marcello Baretta that analog special effects cannot be overcome by digital techniques.#animatronics #ettheextraterrestrial

Posted by GoPractical on Saturday, April 16, 2022

Baretta ha voluto creare un contatto ravvicinato non solo con la creatura del film di Spielberg, ma anche con tutto ciò che vi era dietro:

Non volevo che E.T. fosse presentato come personaggio reale, volevo che si vedessero i cavi, che fosse senza corpo. 

Quando guarda un film, infatti, lo spettatore è conscio di assistere a una finzione, ma allo stesso tempo questa cognizione va in contrasto con la percezione del suo sguardo, che coglie la concretezza degli elementi sul grande schermo. 

Il cinema è magia innanzitutto e soprattutto grazie a questo tilt tra cognizione e percezione..

Perché proprio E.T.? Come raccontato dal regista, si è trattata in primis di una scelta di carattere personale:

E.T. è un personaggio che ha guidato tutta la mia vita sin da quando ero bambino. È da lì che ho iniziato a studiare cinema e soprattutto a studiare quello che era stato fatto per creare questo personaggio. È da quando sono bambino che cerco di riprodurlo, e il motivo è che provavo ciò che molte persone provano quando ammirano qualcosa in sala: volevo che uscisse da quello schermo.

Ho usato il pongo, la plastilina, il legno, ho provato a costruirlo in tutti i modi.

La magia del cinema è questa: quando guardiamo un film il nostro sogno è di poter toccare con mano ciò che più ci affascina.

Un altro E.T. 

Piuttosto che una riproduzione fedele in ogni suo dettaglio, Baretta ha realizzato una versione alternativa del celebre extra-terrestre, pur preservando i tratti più iconici dell'opera nata dalla mente di Carlo Rambaldi, che valse al maestro italiano un Oscar per gli effetti speciali nel 1983.

Alla creatura, dopo tutto, lavorarono grandi nomi come Beverly Hoffman (realizzatrice di protesi oftalmiche e creatrice degli occhi di E.T.), Robert Short (creatore del cuore luminoso) e altri artisti dipendenti di Rambaldi stesso come Ralph Cobos (realizzatore dei calchi di E.T. e dello stampo della pelle), Laurie Marems (scultrice del corpo e degli arti), Craig Reardon (che curò la colorazione della pelle di E.T.), Steve Townsend (supervisore tecnico degli animatronic), Bill Schepler (ingegnere dei servo-motori e del sistema elettronico di controllo dei meccanismi) e Mitchell Suskin (coordinatore degli effetti ottici).

Un remake (per usare il gergo) sarebbe stato impensabile, così è stata intrapresa un’altra strada:

Sono state tante le figure che hanno collaborato alla creazione di E.T. mentre io dovevo fare tutto da solo e con un budget assolutamente limitato e senza le risorse anche tecniche che invece avevano a Hollywood. 

Anche per il materiale ho scelto una strada diversa. La pelle di E.T. era stata stampata con formula a base di lattice schiumato, mentre il mio a stratificazione in silicone bicomponente ecoflex Smoothon, che è un processo molto più moderno. I calchi di E.T. erano in gesso, il mio invece in gelcoat e vetroresina. 

Tutta la meccanica l’ho progettata io da zero pur conoscendo la meccanica originale, il che è una dimostrazione che grazie alle soluzioni analogiche è possibile arrivare allo stesso risultato in modo alternativo e soprattutto personale e originale.

Il regista pratico è un mito?

Marcello Baretta si definisce un “regista pratico” perché ha preso l’impegno di rinunciare al digitale in tutte le sue produzioni (ha addirittura scritto un libro Il regista pratico. Dirigere film spettacolari senza il digitale, 2021, Tra Le Righe Libri).

"Ci sono sempre più effetti, ma sono sempre meno speciali"

Da grande sostenitore dell’esperienza cinematografica, ha fatto sue abilità di tipo artigianale, dall’animazione a passo uno, passando per l’animatronica e la scenotecnica.

Si può essere veri registi pratici o è soltanto un mito?

Alcuni registi utilizzano soluzioni sempre digitali, altri registi scelgono un compromesso, io e GoPratical scegliamo l’analogico. Come regista pratico, credo ci sia sempre una soluzione analogica a tutto. Il cinema esiste da 130 anni, il digitale da molti meno anni, e per tanti anni i film si sono fatti senza il digitale. Un tempo i kolossal venivano girati con migliaia di comparse ad esempio, ma oggi non è più così. 

Se un contenuto risulta davvero impossibile realizzarsi con soluzioni pratiche, è segno che quel contenuto è esagerato, o forse non è adatto alla storia che voglio raccontare. Se non esiste una soluzione analogica, nel mio caso, cerco modi alternativi per raccontarla, altrimenti vuol dire che sto andando fuori rotta. Il digitale è nato per aggiustamenti, ma poi è diventato una sostituzione del cinema stesso.

GoPractical indica allora uno stile di regia, che altro non è che una scelta. La regia è una presa di posizione, come quella di Tim Burton o Henry Selick che decidono di fare film in stop motion animando pupazzi meccanici piuttosto che realizzarli in 3D, digitali. Ci sono registi che scelgono di dirigere i propri film in bianco e nero anche se il resto del cinema è un tripudio di colori. Registi che scelgono girare dal vivo cose che si sarebbero potute replicare facilmente e senza rischi in teatro di posa, come Joseph Kosinski con Top Gun: Maverick.

La domanda è: ce n’era bisogno? Ecco che quindi il cinema diventa una questione di scelte, ed è qui che GoPractical diventa unico. Lì dove molti registi scelgono l’integrazione, la coesistenza di CGI e effetto in camera, GoPractical dice: “No”.

Oggi ciò che è virtuale ha sostituito l’artigianalità, quindi ha appiattito la personalità. Io ho sentito il bisogno urgente di prendere posizione quando non mi sono più emozionato guardando un film spettacolare, perché ci sono sempre più effetti, ma sono sempre meno speciali.

Il futuro di GoPractical

Il primo lavoro ha già attirato l’attenzione di molte persone interessate all’approccio analogico del brand, tra cui la Stan Winston School of Character Arts. Costruire un network, in questo senso, sarà fondamentale:

La mia speranza è quella di raggiungere le persone comuni, i singoli artisti, ma anche comunità di artisti, infatti GoPractical prossimamente verrà collegata a una rete di “practical people”, persone di qualsiasi ambito cinematografico (costumisti, macchinisti, fonici) che abbiano la passione e la dedizione per le soluzioni analogiche. E anche la creatività, perché la soluzione analogica lo richiede.

Dopo questo primo esperimento, GoPractical diffonderà presto un nuovo video:

Sarà molto più lungo e più didattico, questa volta in lingua italiana e sarà dedicato all'arte della scenografia e della scenotecnica. Ci saranno nuovamente simulazioni, scene girate in stop motion e timelapse, ricostruzioni, prototipi, modelli in scala, tutto per seguire uno scopo didattico che spieghi a chiunque e con linguaggio accessibile il fascino delle soluzioni analogiche, in questo caso applicate alle grande scenografie piuttosto che ai set sempre più digitali. Questa volta ci saranno anche riprese in pellicola, di cui siamo molto orgogliosi.

Per il momento è possibile ammirare gli sforzi del primo capitolo di GoPractical sia su Instagram, che sul sito ufficiale. Baretta, dal canto suo, va già fiero del primo esperimento:

Volevo far provare alle nuove generazioni che crescono con il digitale che è possibile che ciò che c’è oltre lo schermo sia vero, tangibile. Abbiamo messo in campo una produzione che non si è mai realizzata a questo livello, con un animatronic e un teatro di posa tra i più grandi disponibili che abbiamo dispiegato pur di mettere alla prova tutte le risorse dell'analogico.

E.T. è stata una creatura capace di far andare veramente sognare lo spettatore, perché in un’epoca in cui non c’era il digitale, tutto ciò che appariva sullo schermo era reale e non realistico, e quindi ci si poneva una domanda che oggi è sempre più rara: ma come ci sono riusciti?

Continua a leggere su BadTaste