Denti da squalo, parla Gabriele Mainetti: "Il film che ho seguito di più tra quelli che ho prodotto"

Diventato produttore di altri per la prima volta con Denti da squalo, Gabriele Mainetti ha solo iniziato a produrre

Critico e giornalista cinematografico


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Ci sono tre film prodotti dalla Goon films di Gabriele Mainetti in uscita nel 2023, Denti da squalo (al cinema dall'8 giugno) è il primo a cui seguiranno Il più bel secolo della mia vita (diretto da Alessandro Bardani con Sergio Castellitto e Valerio Lundini) ed Elf Me (commedia di Natale di YouNuts! con Lillo), quest’ultimo sarà un original di Prime Video. Il rapporto tra questi tre film lo sintetizza bene Mainetti stesso: “Di questi tre Denti da squalo è quello che ho proprio vissuto di più, avevo tutta una mia visione del film, Davide l’ha capita ma poi com’è giusto che sia se n’è impossessato”. 

Per la prima volta produttore per altri (Goon Films aveva già prodotto alcuni suoi cortometraggi e i suoi due lungometraggi), Mainetti racconta che ruolo abbia avuto concretamente, cosa abbia capito del lavoro del regista facendo il produttore e come sarà la sua carriera nella produzione, cioè a quanti film e a che tipo di film vuole lavorare.

Perché non lo hai diretto tu Denti da squalo?

“Me l’hanno chiesto in molti e la risposta è che non è il film che voglio fare io ora, ora voglio fare (e sto girando) un’altra cosa. È proprio un tipo di emotività a cui non sono connesso in questo momento, volevo lo raccontasse un’altra persona”.

Però come già per Freaks Out hai lavorato alle musiche con Michele Braga.

“Sì guarda ed è stato faticoso, perché per la prima volta mi sono rimesso al giudizio di un’altra persona, io che di solito sono abituato al contrario, ad avere una direzione ben precisa, non ad entrare nella testa di un altro ma a far accettare le mie proposte. Infatti ad un certo punto a Michele gli ho detto “Che lavoro demmerda che fai!”. Per fortuna Davide [Gentile, il regista ndr] è uno con le idee chiare perché non c’è niente di peggio del regista che sa solo quello che non vuole e non quello che vuole”.

Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, gli sceneggiatori, hanno detto che tu gli hai descritto Gentile come “un regista che anche se non ha ancora esordito gira meglio del 90% dei registi italiani”, è vero?

“Beh sì, devo dire che ora i giovani sono molto tecnici, mentre quando io ho iniziato era  difficile vedere qualcuno che sapesse lavorare sulla messa in scena e su quello che Spielberg chiama il camerawork. Davide ha tantissima esperienza di pubblicità e quando ho visto il suo corto Food For Thought mi ha sorpreso. Il corto è scientifico ma lui è uno zingaro, mi ha sorpreso in positivo. Sapevo insomma che era preparato, l’unica incognita è se avrebbe saputo emozionare. Che è la parte più importante del film”.

Eri duro su questo?

“Un po’. La dote migliore di Davide è quella di essere un toro. Io guardavo i giornalieri e lo chiamavo proprio per frustrarlo un po’. Ogni volta gli dicevo: “Ok buono, ma questo perché non lo fai?” poi lo faceva e il giorno dopo gli dicevo: “E perché non fai pure questo?”. E lui non mi ha mai sbroccato, non mi hai mai detto di non poterne più di me ma si metteva in gioco e senza sosta dava il massimo. L’ho visto crescere a mano a mano che entrava nei meccanismi della creazione di un film rispetto ad una pubblicità, e ogni volta che cadeva lo ammetteva”.

Quest’anno escono tre film prodotti da te. Hai deciso tutto insieme di diventare produttore?

“In realtà no, è una cosa che credo abbia a che fare con la paternità, ho due bambini e non è un caso che da quel momento sia diventato anche produttori per altri, cerco di stargli vicino capirli e aiutarli. Prima era un’esperienza che proprio non mi interessava. Ora mi piace”.

Vuoi produrre film regolarmente?

“Per il bene della società dovrei, per il bene mio che amo fare questo lavoro per passione invece so che non mi metterò a produrre quei film che devi fare per mandare avanti la società. Ne avevo tre in canna e li ho fatti, adesso la società è in ferma”. 

Beh c’è il film che stai girando!

“Sì ma Goon ci entra pochissimo”.

Non hai altri progetti?

“Ce ne sono altri due ma siamo ancora in fase di sviluppo. A uno dei due in particolare ci tengo tantissimo c’è un grandissimo regista, uno che ha alle spalle film di un genere ben preciso ma che non ha mai avuto tutto quello che meritava e ha sempre lavorato in modo assurdo. Io invece voglio dargli tutto quello di cui ha bisogno”.

Cosa hanno in comune questi tre film che hai prodotto?

“Tutti insieme sono quello che io cerco di fare in ogni mio film: Elf Me me è la parte magica; Denti da squalo quella emotiva; mentre Il più bel secolo della mia vita è quella più scanzonata e reattiva. come fronteggiare le intemperie della vita in modo romano”.

Tutti romani ambientati a Roma con attori di Roma…

“Lo so che questa cosa di Roma è molto demonizzata, perché tutto è troppo romano, ma io non la capisco. Sono un artista romano, nato e cresciuto in una città meravigliosa, amo il resto d'Italia e magari mi innamorerò di storie non romane in futuro, ma ora voglio raccontare queste. Nessuno dice ai registi di New York di non fare film a New York. Ricordo che all’università studiai in un corso di monografia in spagnolo un linguista che spiegava come il risuonare di certe parole ti forma come individuo, e che il dialetto con il suo suono racconta la cultura e lo spazio sociale. Lo studioso era Unamuno e nella sua fase più tarda pensava che nella preghiera fosse proprio la parola a consentire l’accesso a Dio. Il romano buttato via a cazzo di cane è fastidioso ed è anche la lingua più usata per la commedia becera, ma un certo tipo di Roma guardata con amore è cinema. Non è che c’è un filtro che fa sì che siano ammesse solo storie di Roma, non siamo refrattari al resto, ma chi è legato alla sua cultura è giusto che la esplori”.

Sei un regista diverso dopo aver prodotto?

“Sono sempre il solito stronzo, non cambio. Arrivo con il mio piano delle inquadrature che condivido su dropbox con gli altri, e poi devo trovare il modo di fare cose più semplici, solo che se devo usare meno inquadrature allora la scena sarà più complicata, perché ci deve essere montaggio interno. Quindi alla fine mi ribello perché così mi fa cacare. Sempre uguale”.

Ma come non ti piace lavorare di montaggio interno! Tu che hai come punto di riferimento Spielberg! 

“Io dettaglio per dare un ritmo alle sequenze. Tecnicamente cerco di individuare gli elementi scenici importanti, quelli che servono per comprendere la scena, e possibilmente nel momento in cui li ho dettagliati cerco in un’unica inquadratura di metterli insieme. Solo che è difficile da eseguire, perché vuol dire che l’attore deve prendere un punto in un certo momento, la macchina da presa pure e devi anche avere la luce perfetta in quel momento. Finisce che devi fare tanti ciak per averla accettabile. Ci vogliono i soldi per lavorare con me”.

Jeeg però l’hai fatto con poco

“Sì con 1,7 milioni che è il budget medio italiano, solo che non ho girato come si fa sempre nel cinema italiano in 5-6 settimane, con quel tempo non lo fai Lo chiamavano Jeeg Robot. Io ho girato per il doppio, 10 settimane. Giusto perché me lo sono prodotto da solo”.

Da produttore come ti metti rispetto alle piattaforme? Ricordo che per Freaks Out avevi rifiutato diverse offerte, invece Denti da squalo è fatto con Prime Video

“Sì Denti da squalo è co-prodotto con Prime Video ma andrà in sala regolarmente e solo poi su Prime. Considera che io non punto il dito contro le piattaforme e non penso combattano il cinema. Credo siano un altro spazio in cui poter fruire dell'audiovisivo. Io sono abbonato a tutte del resto: MUBI, Paramount+, Netflix, Disney+, Sky, Prime… tutto.  Quello che bisogna capire è che c’è un certo tipo di audiovisivo che necessita della sala e uno che può andare in piattaforma. Freaks Out è pensato per la sala e non per la piattaforma, come Jeeg e Denti da squalo. Quando invece pensi un film per la piattaforma, come abbiamo fatto per Elf Me, lo fai immaginando di sfruttare la maniera in cui funzionano le piattaforme”.

In che senso?

“Per esempio Elf Me è girato in 1.85, il formato tv. E poi c’è la narrazione. La piattaforma ha proprio le sue regole, ti mandano dei documenti protocollati da seguire per capire come catturare il pubblico. Sono sempre presi in giro per la questione dell’algoritmo ma non sono cretini. Quello che demonizzo semmai è avere un film già fatto e finito e buttarlo in piattaforma così. Ma se hai una cosa fatta apposta oppure al contrario se hai qualcosa di speciale che sai che in sala farebbe un percorso faticoso, che magari esce 1 o 2 settimane non lo vede nessuno, magari è meglio metterlo su MUBI”.

Trovate tutte le informazioni su Denti da squalo nella nostra scheda.

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