Demeter - Il risveglio di Dracula: in mare aperto nessuno può sentirti gridare
Demeter - Il risveglio di Dracula è un horror claustrofobico che si affida alla sua atmosfera e riesce a divertire con qualche buona idea
Demeter - Il risveglio di Dracula è disponibile su Amazon Prime Video
Nel 1897 la nave mercantile Demeter salpa dal porto di Varna, in Bulgaria, trasportando un carico proveniente dalla Transilvania. Il suo equipaggio multietnico è tenuto insieme dalla voglia di denaro e da competenze varie che dovrebbero permettere alla spedizione di giungere a destinazione. Non è così. Lo capiamo sin dalla sequenza iniziale: qualcosa è andato storto, la nave si è schiantata sugli scogli a poco dal porto di Whitby in Inghilterra. L’equipaggio è scomparso. Quello che resta del relitto non può essere concepito da mente umana. I soccorritori vomitano, sono sconvolti da ciò che hanno trovato al suo interno. Tutto il resto del film è il racconto di ciò che è capitato alla Demeter.
Dallo spazio al mare passando per l’inferno
Ci potrebbe essere anche un po’ di Punto di non ritorno dentro le ispirazioni di Øvredal per adattare quei fatti che Bram Stoker aveva descritto in poche pagine (ma con grande suggestione). Che sia lo spazio nel futuro o il mare aperto nel passato la sostanza non cambia: l’horror claustrofobico funziona nel legare i destini dei protagonisti a quelli di un mostro confinato con loro in uno spazio stretto senza possibilità di fuga. Questo Dracula, la sua rappresentazione originale, è ciò che tiene in piedi il film. Perché a differenza dei molti titoli appena citati che hanno perfezionato questo archetipo narrativo, Demeter - Il risveglio di Dracula è infinitamente più pavido e, quindi, meno efficace su tutti gli altri fronti, ad eccezione del mostro.
Crea tensione, ma non tantissima. È violento, ma mai inguardabile. Ha degli esseri umani con cui si può un minimo empatizzare, qualcuno anche ben recitato come il capitano Eliott di Liam Cunningham o Wojchek interpretato dal sempre ambiguo David Dastmalchian. Però tutta la ciurma è tenuta dalla sceneggiatura un pelo sotto la capacità cognitiva minima che gli avrebbe permesso di combattere la creatura ad armi pari (perché di giorno, quando è debole e nascosta, non si impegnano di più a stanarla mentre di notte fanno di tutto per esporsi alla sua caccia?).
Poi però c’è questo Dracula diverso. Più mostro che uomo, ha ali da pipistrello e un corpo scheletrico simile a quello di un gargoyle che è stato costretto a razionare le sue vittime. Capiamo che può parlare, ma è talmente lontano dall’essere una persona che non ha bisogno di spiegarsi. Minaccia e basta. Per il resto agisce, molto concretamente e con metodo. Un cattivo che riesce a dare l’impressione di essere sempre un passo avanti rispetto ai due o tre personaggi che non vorremmo veder perire. Gli altri, si intenda, sono invece un’ottima carne da macello.
La leggenda della Demeter
Come nelle grandi leggende, anche qui conta poco quello che succede. Essenziale è invece l’atmosfera che si va a creare. Ovvero il modo in cui si raccontano le cose. Proprio attraverso la cura di questo aspetto Demeter riesce a vivere di una propria originalità. Con un budget medio basso, intorno a 45 milioni di dollari, Øvredal non riesce mai a dare l’impressione di trovarsi realmente in mezzo al mare. C’è sempre qualcosa che non va nella scenografia. Una barca senza topi è contro natura, dirà un personaggio in una delle battute migliori. Allo stesso modo un film di mare senza lo scoppiettare del legno, il rumore delle onde che rende faticoso sentirsi tra uomini, i morsi della fame quando finiscono le provviste, è una forza che agisce contro la sua naturale propensione.
È strano che la regia, pur molto consapevole dei suoi mezzi, sfrutti poco queste possibilità offerte dall’ambientazione. L’orrore, in questo caso, viene tutto dalle luci e dalle distanze. Dracula si vede vicinissimo per la prima volta con un primo piano dal cannocchiale che diventa uno jump scare. Quando viene tolto dall’occhio di scatto, ci si rende conto che la creatura che sembrava vicinissima è piuttosto lontana. La seconda volta che lo si vedrà chiaramente sarà mentre emerge dalle ombre lontane. La distanza lo rende piccolo, rannicchiato a terra, quasi fragile eppure spaventoso.
Il resto del film si rimbalza tra due stili. Il primo è quello del film di tensione più classico, con un’ottima sequenza in cui un bambino deve sopravvivere ad una doppia minaccia. Il secondo viene dalle leggende metropolitane. Potrebbe essere una cronaca letta su dei fantasiosi giornali dell’epoca o il confuso resoconto del diario di bordo di un capitano impazzito. È qui che il film riesce ad essere più forte, andando a lavorare su un senso di orrore universale, slegato dall’epoca in cui si manifesta.
La via della Demeter è lastricata di buone intenzioni
Purtroppo il film non riesce mai ad ingranare quelle marce che l’avrebbero reso un classico. Resta tranquillamente nel cestone dei molti horror guardabili, ma senza lode. Il suo problema nasce infatti soprattutto dalla scelta -obbligata- di giocare a carte scoperte con un pubblico che già Dracula lo conosce. Øvredal, sapendolo, ci svela la fine sin dall’inizio. Invece che aumentare la tensione però questa decisione rende molto più semplice per chi guarda prevedere ogni singolo colpo di scena.
Così ci si trova a stupirsi solo nei momenti in cui le combustioni spontanee in pieno giorno vengono riprese dagli occhi degli uomini della nave atterriti. Quando la presenza della creatura fa esplodere crisi di panico e deliri religiosi. C’è chi si difende con un crocifisso, chi si dà per vinto, chi si ostina ciecamente a leggere tutto secondo i dettami della scienza. In quel momento il film fa la sua parte: fa emergere i singoli caratteri a partire dal confronto con ciò che è indicibile e impensabile. Nessuna di queste cose funzionerà. Non le preghiere, non la forza, ma nemmeno le fughe.
La sceneggiatura cade nella tentazione di chiudere tutto senza chiudere veramente. Lasciando aperto uno spiraglio a un seguito che promette di essere molto più action e a cuor leggero (che non vedremo mai dato il pesante flop del film). È una mossa che butta via le molte buone intenzioni con cui ci ha accompagnato verso il finale. È l’inizio di una storia di rivalità. Una origin story. Per una volta invece potevamo essere una bella “ending story”. La fine di vite, la fine della speranza, la fine di un secolo.