The Creator: Gareth Edwards sul perché ha girato il film "al contrario", sull'influenza di Star Wars e sul futuro dell'IA

In vista dell'uscita nelle sale di The Creator, abbiamo partecipato a una conferenza stampa virtuale con il suo regista, Gareth Edwards

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In vista dell'uscita nelle sale di The Creator (GUARDA IL TRAILER) abbiamo partecipato a una conferenza stampa virtuale con il suo regista, Gareth Edwards, che per l'occasione ci ha raccontato diversi retroscena e curiosità. Il film vede come protagonista Joshua (John David Washington), un ex agente delle forze speciali che viene reclutato per dare la caccia e uccidere il Creatore, l’inafferrabile architetto dell’avanzata IA che ha sviluppato una misteriosa arma con il potere di porre fine alla guerra e all’umanità stessa. Questa si rivela essere un'AI con le sembianze di una bambina.

Ecco le diverse curiosità emerse nell'incontro:

Quando hai avuto per la prima volta l'idea per la storia di The Creator?

Dopo Rogue One, ho deciso di prendermi una pausa e così con la mia ragazza siamo andati dai suoi genitori, che abitano in Iowa, dall'altro lato degli Stati Uniti, attraverso un viaggio di 4 giorni. Quando finisci un film, la cosa più bella è che cancelli tutto dal cervello, sei una foglio bianco, quindi non avrei immaginato che avrei pensato al prossimo progetto. Poi all'improvviso, durante il tragitto, in mezzo all’erba alta spunta una fabbrica con un logo giapponese. Ho iniziato a chiedermi cosa ci potesse essere al suo interno, e la mia mente è subito volata ai robot. Poi ho pensato: immagina di essere un robot costruito nella fabbrica che per la prima volta esce nel mondo esterno. Conoscevi solo l'interno della struttura e poi tutto ad un tratto vedi l’erba, gli alberi e il cielo. Come ti sentiresti? E ho pensato: "Oh, è un bel momento in un film, ma non so cosa potrebbe essere…". L’idea mi è tornato in mente per tutto il viaggio, ho cominciato a elaborarla e, quando siamo arrivati a destinazione, avevo l’intero film delineato. Una cosa molto rara, solitamente ci vuole un anno.

Le riprese del film si sono svolte in diversi Paesi in giro per il mondo. Da cosa nasce questa scelta?

Solitamente, quando realizzi un film, fai i design del mondo e gli artwork e li mostri allo studio, che poi ti dice: "Non troverete mai un posto che sia simile a questo. Dovrete costruirlo su un set. Costerà 200 milioni di dollari e lo girerete su green screen". E noi non volevamo assolutamente che accadesse questo. Abbiamo deciso di fare i design dopo aver terminato le riprese, in base a quello che avremmo effettivamente girato. In un certo senso, abbiamo realizzato il film al contrario. Se hai una troupe molto piccola, è più economico girare per il mondo che costruire un set [in studio]. Così abbiamo scelto di prendere la migliore location possibile per ogni scena. Abbiamo girato dai vulcani in Indonesia, dai templi buddisti sull’Himalaya. Siamo stati in un totale di 8 Paesi (tra cui Thailandia, Vietnam, Cambogia, Nepal, Giappone) e abbiamo girato The Creator alla maniera di un film indipendente.

E poi, una volta terminato, abbiamo potuto riservare una grossa fetta del budget per la Industrial Light and Magic e altri. Abbiamo montato il film e preso delle immagini da ogni scena, che abbiamo dato al production designer e al concept artist. Quello che solitamente si fa un anno e mezzo prima, con The Creator lo abbiamo fatto durante il montaggio. E dipingevano e facevamo il design di tutta la fantascienza solo sulle inquadrature che stavamo utilizzando. Un procedimento molto efficiente: usi solo quello che vedi. Tutto ciò che mi piace del film è il risultato di averlo realizzato differentemente. E quindi mi sento molto emozionato. In pratica, mi sento come se non volessi mai tornare all'altro modo di fare film.

L'ambientazione di The Creator è quella di in un mondo diviso tra America e Nuova Asia. Perché questa scelta?

In realtà ho provato molte combinazioni diverse, come l'Europa e il Sud America. Ma [America e Nuova Asia] è diventato il modo più semplice e chiaro per dividere il mondo in due. Da bambino sono stato in vacanza in Asia e la cosa mi aveva sconvolto. Ho imparato molto da Star Wars mentre facevamo [Rogue One] e uno dei grandi trucchi di George Lucas è stato quello di prendere cose dal lontano passato, come la spiritualità, le storie religiose, la mitologia, e poi metterle insieme a cose del lontano futuro, come astronavi e robot. Senza mettere niente in mezzo. Si tratta letteralmente di un lontano passato e di un lontano futuro, che Lucas incastra insieme. E più che in ogni altra parte del mondo, credo che il luogo in cui questo accade sia il sud-est asiatico.

In pratica ti ritrovi in posti come Hong Kong, Bangkok o Tokyo, dove sei in una metropoli che sembra uscita da Blade Runner, ma, se vai in una strada precisa e giri a sinistra, c'è un piccolo tempio e un monaco buddista. Adoro questi poli opposti, questi contrasti visivi. Li trovo super eccitanti. C'è una sorta di energia, come in una batteria, come un polo positivo e uno negativo. E come regista sei sempre alla ricerca di questo, nelle storie e nelle immagini, in ogni aspetto.

Nel film, è John David Washington a vestire i panni del protagonista. Cosa ti ha convinto di lui e come quest'ultimo si è relazionato sul set con Madeleine Yuna Voyles, interprete dell'IA con sembianze di bambina?

Il problema in cui si può incorrere, con questo tipo di film, è non essere in sintonia con l'attore principale. Cè la tendenza a diventare un duro: sei l'eroe e non mostri mai alcuna debolezza. E a me non piacciono molto questi film. Non sento mai la vulnerabilità del personaggio, che sta sempre bene. Quindi volevo vedere le sue debolezze. Volevo che nella storia ci fosse un momento in cui, quando le persone escono dalla stanza e rimane solo, il protagonista non stia bene, sia a pezzi. E, se è con le altre persone, si comporta bene, ma è solo una facciata, come facciamo tutti, in qualche misura. Quindi volevo un attore che non avesse paura di affrontare questo tipo di situazione. E a Washington piaceva molto l'idea. E poi eravamo entrambi d'accordo che la cosa più importante del film, quando la macchina da presa non riprendeva, fosse che Madeleine e lui diventassero migliori amici.

E Madeleine è una ragazza molto silenziosa e timida. È davvero difficile diventare sua amica. Ci ho provato per tutto il film e credo che si sia aperta un po', ma non completamente. Ma Washington ha capito come fare ed è diventato come un fratello maggiore per lei e il suo migliore amico. Ed è stato così dolce, perché, ad esempio, finivi una ripresa e sai come gli attori hanno una certa mentalità e praticamente si isolano in un angolo della stanza. Non vogliono essere disturbati da nessuno. Beh, Washington andava nell'angolo e faceva qualcosa e lei saltava giù, gli correva dietro, gli teneva la mano e iniziava a parlare di un giocattolo che aveva a casa e le piaceva molto. E lui è così dolce. Entrava in sintonia con lei e iniziava a entusiasmarsi per quello che lei diceva. Erano inseparabili.

Monsters, Godzilla, Rogue One e ora The Creator: tutti i tuoi film sono di fantascienza. Cosa ti attrae così tanto di questo genere?

Due sono gli aspetti principali. Sono cresciuto con Star Wars, che ti promette questo mondo fantastico con astronavi e robot. Solo dopo realizzi che è tutto una finzione. Allora ho deciso che volevo diventare un bugiardo come George Lucas, raccontare storie con cui i ragazzini potessero crescere. Il secondo è legato ad Ai confini con la realtà, il mio show tv preferito da bambino. Questo racconta storie in cui viene modificato un aspetto del mondo, per cui all’improvviso realizzi che molte delle cose che credevi fossero vere cominciano a non funzionare, mettendo in dubbio le tue convinzioni. Questo è il miglior tipo di fantascienza. Noi abbiamo usato l’AI come una specie di metafora per le persone diverse da te. Ed è così che è iniziato. Ma poi, ovviamente, nell'ultimo anno o giù di lì, è diventata una realtà. E qualcosa di molto surreale.

Proprio l'IA, al centro di The Creator, è infatti uno dei temi più "caldi" in questo periodo. Che opinione hai a riguardo?

Ho iniziato a scrivere The Creator nel 2018, quando l'lA era associata ad auto volanti e ai viaggi sulla Luna, cose che probabilmente non vedremo nella nostra vita. Penso che ogni grande invenzione tecnologica del '900, come l'elettricità o i computer, abbia causato grandi cambiamenti all'industria, incontrando un grande incidente di percorso che dobbiamo dovuto superare. Ma dall'altro lato, quando le acque si calmano, guardiamo indietro e siamo grati di avere l'elettricità, i computer. I prossimi anni probabilmente saranno delicati, ma l'IA è uno strumento così potente che credo i suoi lati positivi supereranno i negativi.

Hai concepito The Creator come una storia autoconclusiva o hai già in programma eventuali sequel?

Nel tempo libero, quando voglio guardare qualcosa, litigo sempre con la mia ragazza: lei preferisce una serie, io un film. Così mi sono chiesto quale fosse il mio problema con le serie: è che mi piacciono i finali, sono la parte preferita di una storia, la parte migliore di una barzelletta è la battuta finale. Quando concepisco una storia, cerco sempre di lavorare all'indietro a partire dalla conclusione, per cercare di raggiungere il climax. Ho amato il mondo di The Creator, ed è un problema di lusso quando lo studio viene da te ti chiede se hai idee per un sequel. Ma veramente, non è nei mei programmi, non sono interessato. Si tratta di un film a se stante.

The Creator sarà nei cinema italiani a partire dal 28 settembre. Trovate tutte le informazioni nella nostra scheda.

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