Compagni di viaggio e i rischi dell'amore gay negli anni '50: "La tua vita, la tua carriera, il tuo futuro poteva essere distrutto"
Abbiamo incontrato i creatori di Compagni di Viaggio - Fellow Travelers, la serie con Matt Bomer e Jonathan Bailey su Paramount+
È uscita su Paramount+ il 28 ottobre la prima puntata della miniserie Compagni di viaggio - Fellow Travelers, che vede come protagonisti Matt Bomer (White Collar) e Jonathan Bailey (Bridgerton) nel ruolo di due uomini che si incontrano e, nonostante le loro diversità, si innamorano follemente sullo sfondo di una Washington degli anni ’50, durante il turbolento periodo del Maccartismo. Insieme affronteranno altri eventi che hanno segnato la storia degli Stati Uniti, come la guerra in Vietnam negli anni '60, l’epidemia della droga degli anni '70 e la crisi dell'AIDS degli anni '80.
Noi di Badtaste.it abbiamo partecipato a una conferenza stampa che si è tenuta a Los Angeles con il creatore della serie Ron Nyswaner, autore candidato all'Oscar per la sceneggiatura di Philadelphia nonché noto attivista per i diritti civili, con il produttore esecutivo Robbie Rogers (Love, Simon, My Policeman) e il regista Dan Minahan (The Contenders, Game of Thrones e American Crime Story).
Che cosa vi ha colpito del romanzo di Thomas Mellon e vi ha convinto a trarne una mini-serie?
Robbie, hai scritto la sceneggiatura del film My Policeman nel quale poi hai coinvolto Ron Nyswaner. Ora è accaduto il contrario, Ron aveva i diritti su questo film e ti ha chiesto di lavorarci con lui. Come si è sviluppato questo processo?
Robbie Rogers: Sono un grande fan di Ron. Quindi, qualsiasi cosa mi mandi, io dico: "Facciamolo". Stavo per andare a Londra, quando Ron mi ha mandato questo libro e me ne sono innamorato per le stesse ragioni che lui ha menzionato. Inoltre non sapevo nulla del Lavender Scare (persecuzione degli omosessuali durante gli anni ‘50 negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ndr) e da lì ho approfondito di più le figure di Joseph McCarthy, Roy Cohn e David Shine. Ho fatto ricerca sugli uomini e le donne che sono stati colpiti in quel periodo, chiamato Red Terror. L'idea di persone che si nascondevano nell'ombra, che si amavano in questi bar lontani dal resto della società, la trovo una narrazione estremamente avvincente, ed era anche un interesse che nutrivo da tempo.
Quanto è stato importante stabilire a livello di regia il tono nei primi due episodi della serie che ha diretto, per indirizzare i registi che sono venuti dopo?
Dan Minahan: Quando io e Ron siamo andati a Toronto per organizzare il tutto, siamo partiti da zero ma avevamo alla base una sceneggiatura davvero forte. Abbiamo passato molto tempo a esaminare tutti gli aspetti uno alla volta. Volevamo che la storia fosse accessibile, che non sembrasse un film degli anni ‘50. Per questo abbiamo deciso di usare molto il linguaggio non verbale, le azioni e le immagini di oggetti per comunicare emozioni forti.
Qualche esempio?
Robbie Rogers: Ad esempio il guardare attraverso le porte o le finestre. Questo ha aiutato a dare l’impressione che le persone fossero sempre spiate, che ci fosse sempre qualcuno che ti guardasse. Dan e il nostro brillante scenografo hanno avuto anche l’idea di mettere una finestra nell'ufficio di Hawkins Fuller, anche se non abbiamo idea se gli uffici al Dipartimento di Stato fossero così, ma la cosa serviva per dare l'impressione che tutti fossero sempre sorvegliati o osservati.
Dan Minahan: Inoltre a livello visivo uno dei problemi che abbiamo avuto è stato raccontare la città di Washington senza mostrare Washington, senza fare quelle tipiche inquadrature di presentazione del Campidoglio perché la vicenda riguarda persone che casualmente vivono lì. Infine dal punto di vista emotivo, la cosa che Robbie Rogers ha instillato in tutti noi fin dall'inizio è stata l'idea che ci fosse sempre uno scambio di potere, che ogni scena avesse una dinamica di questo tipo. E questo ha aiutato davvero tutti, anche gli attori. Di solito DC è inserita come sfondo nella scena di qualcuno, o quando c’è un movimento. Per esempio all'inizio, quando Hawk ha in incontro sessuale veloce e poi esce dal suo appartamento, si vede DC in lontananza. È come se si trasmettesse l'emozione di lui che se ne è andato, ma allo stesso tempo fa capire al pubblico che siamo a Washington. Oppure quando è a San Francisco, seduto al bar e guarda la gente che passa, il pubblico capisce che siamo a San Francisco, senza aver fatto le classiche riprese di ambientazione tipiche della televisione. In questo modo secondo me la storia scorre più facilmente.
Vi è stato subito evidente che Matt Bomer fosse perfetto per il ruolo di Hawkins?
Ron Nyswaner: Premessa, avevo perso un po' di fiducia nella mia capacità di riuscire a fare questa serie. Quando ho chiesto a Robbie di leggere il libro, è stato lui a dirmi che dovevo farlo e questa cosa mi ha rimesso in carreggiata. Quindi voglio dargliene atto anche perché è stato proprio lui a dirmi: "Incontriamo Matt Bomer per il ruolo di Hawkins Fuller". E aveva ragione, Matt è bravissimo a fare esattamente ciò che va fatto, si percepisce cosa il suo personaggio pensa e sente anche se lui non muove un muscolo del viso. La telecamera legge i suoi occhi.
E Jonathan Bailey per il ruolo Tim?
Ron Nyswaner: Jonathan era in cima alla nostra lista. L'unica esitazione che abbiamo avuto riguardava il fatto che fosse impegnato nella realizzazione Bridgerton a Londra e noi avevamo tempi molto stretti. Questa è stata l'unica esitazione.
Con l'interpretazione di Matt Bomer di Hawk si percepisce una certa somiglianza con Don Draper di Mad Men. Era qualcosa che volevate, che avete discusso? Ci sono delle somiglianze tra i due?
Ron Nyswaner: Sono due personaggi completamente distinti. Innanzitutto, perché Don Draper, secondo me, è vuoto dentro perché non sa chi è. Hawkins non è vuoto dentro, sta solo decidendo se rivelare una parte di sé perché sa che se lo farà causerà troppo dolore. È una persona che ha molte cose dentro di sé, ma sceglie di tenerle nascoste. E questo, per me, distingue questi due personaggi iconici.
I due protagonisti afroamericani della serie non erano presenti nel libro. Quali sono state le sfide più grandi nel fare in modo che le loro trame si integrassero perfettamente con quelle del libro?
Ron Nyswaner: Abbiamo fatto delle ricerche e abbiamo scoperto che c'era molti giornali di proprietà e gestiti da afro-americani e molti rappresentanti di questi giornali erano proprio a Washington. Alcuni di loro poi hanno iniziato a scrivere per quei giornali che noi definiamo “mainstream”, o giornali dei bianchi. Abbiamo preso Marcus come modello e ne abbiamo fatto una persona da cui prendere ispirazione. Per aiutare la comunità afro-americana a smascherare il razzismo, decide di nascondere la sua omosessualità. Sono molto orgoglioso di aver reso i personaggi di colore complicati e sfaccettati quanto quelli bianchi. Non sono nobili vittime.
Il senatore repubblicano Joseph McCarthy ha dovuto nascondere la sua sessualità o è stata una parte romanzata della storia?
Dan Minahan: Nel terzo episodio c’è un ufficiale della marina che accusa McCarthy di averlo fatto ubriacare... questo era basato su una lettera reale che abbiamo trovato durante le ricerche che abbiamo fatto. Quindi non stiamo dicendo che McCarthy è gay ma la verità è che lui beveva molto e il suo comportamento degenerava quando era ubriaco. Inoltre la domanda che ci poniamo è: Roy Cohn, ovviamente, ha fatto del male a McCarthy ed è stato un problema per lui per molto tempo. E allora perché l'ha tenuto? Perché non l'ha cacciato? La gente si è posta questa domanda nel corso della storia. E questa è la nostra versione, che è comunque basata sulla storia, soprattutto per quanto riguarda la vicenda dell'ufficiale della marina. La gente può arrivare alle conclusioni che vuole.
Ron Nyswaner: Lui è stato un predatore sessuale seriale. E questo è ben documentato.
Ultimamente si parla molto di coordinatori dell'intimità sul set. Ne avete avuto uno?
Dan Minahan: Sì. Ogni scena è stata accuratamente sceneggiata e poi provata. Avevamo una giovane donna che era la nostra coordinatrice dell'intimità. Le abbiamo provate con gli attori, battuta per battuta. Erano coreografate, quindi tutti sapevano esattamente cosa fare. Per noi era importante che le scene intime facessero avanzare la storia e che rivelassero aspetti del personaggio che normalmente non vengono mostrati, perché al proprio amante o quando si fa sesso si mostra un lato diverso di sé. Ad esempio per Tim Laughlin (Jonathan Bailey) il sesso è più trascendentale. Lui non ha alle spalle la stessa esperienza sessuale di Hawkins (Matt Bomer). Lui è una persona spirituale e la sua spiritualità è in diretto conflitto con la sua sessualità.
Cosa possono fare gli spettatori per incoraggiare un maggior numero di storie LGBTQ+?
Dan Minahan: Proprio poco fa stavamo parlando del fatto che in passato, quando si doveva fare un film con al centro un personaggio gay, c’era questa idea che dovesse essere un'interpretazione da Oscar. Invece penso che ci meritiamo tutti i generi. Ci meritiamo Rosso, bianco & sangue blu, ci meritiamo le commedie romantiche, ci meritiamo Heartstopper, My Policeman, Philadelphia, Fellow Travelers. Dovremmo avere contenuti di vario tipo, proprio come gli eterosessuali. Quindi il nostro lavoro, come produttori, scrittori, registi, è fare questo tipo di prodotti e anche dare voce agli scrittori più giovani che vogliono raccontare questo tipo di storie.