Cartoomics 2018, Panini - Marvel: intervista a Javier Garron, artista di Ant-Man & The Wasp
Grazie a Panini Comics Italia, a Cartoomics 2018 abbiamo intervistato per voi Javier Garron
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
L'artista all'opera sulla miniserie Ant-Man & The Wasp, nonché una delle nuove Young Guns della Casa delle Idee, è stato così gentile da rispondere alle nostre domande sulla sua carriera, a parlarci dei colleghi Mark Waid, di Matt Rosenberg e Gabriel Hernandez Walta, tra le altre cose. Non sarebbe stato possibile senza la disponibilità dello staff di Panini Comics, che ringraziamo.
Come hai iniziato, nel mondo dei comics? Hai frequentato scuole o hai imparato tramite un percorso differente?
Sono sostanzialmente un autodidatta. Ho iniziato architettura a Siviglia, dove ho vissuto per undici anni, e ora vivo a Barcellona.Come sei arrivato ai fumetti?
Sono sempre stato un appassionato, e disegnare fumetti era l'attività che più mi rendeva felice, ma per molto tempo ho semplicemente pensato che non fosse possibile renderlo un lavoro. I miei genitori sono quel tipo di persone che pensano che se diventi un architetto, un medico o un avvocato avrai sempre un lavoro. Fallo e sicuramente avrai un lavoro, ti dicono. E, se non altro, quello era vero per l'architettura. Ma non mi piaceva, non mi rendeva felice. Tuttavia pensavo che mi avrebbe permesso di vivere e che nel tempo libero avrei fatto quello che mi pareva. A un certo punto, sono arrivato a un livello in cui non riuscivo più a sopportarlo.Non eri un architetto.
No, non lo ero. C'era un sacco di gente, all'università, che detestava Architettura, ma continuava imperterrita a studiare. Io, semplicemente, non potevo continuare. Ho mollato e l'ho fatto che mancavano pochissimi esami. A casa fu una tragedia. Ma anche un po' prima di lasciare gli studi avevo iniziato a disegnare pagine di fumetti e a inseguire gli editor americani che venivano alle convention spagnole, o a mandare via mail i miei lavori un po' ovunque.
Abbandonata Architettura, mi sono trovato un lavoro part-time per pagarmi le spese e poter disegnare per il resto della giornata. Praticamente per dieci anni, quella è stata la mia vita. Dieci anni in cui mandavo pagine e nessuno le voleva, nessuno mi pagava. Sono passato attraverso il duro e lungo processo di sentirmi dire no. Sempre no.
I dolori della crescita. E un dolore sempre in crescita.
Fu davvero difficilissimo. Anche in quel caso, ho raggiunto il mio livello massimo di sopportazione. Era gennaio, ricordo, e mi sono dato un limite, circa tre anni fa. Avrei continuato con quella vita fino all'estate. Se non fosse successo nulla per allora, avrei rinunciato al mio sogno. A febbraio, ecco la fortuna che bussa. Perché farcela in questo mondo non dipende solo dal talento e dalla perseveranza, ma anche dalla fortuna. Devi essere nel posto giusto al momento giusto.
Con la persona giusta che deve avere sott'occhio il tuo lavoro proprio quando sul suo tavolo c'è il progetto giusto.
E deve dare fiducia a quello spagnolo pazzo che da anni gli manda pagine e disegni senza mai stancarsi. Perché un conto è quando sei da solo a disegnare, semplicemente per disegnare, a ripeterti che puoi farcela e a inseguire il tuo sogno, e un altro è quando hai a che fare con delle scadenze e una sceneggiatura vera. Chi dà un'occasione a un debuttante, soprattutto quando succede a un oceano di distanza, non lo conosce, non ha la minima idea di che tipo sia l'artista, se sia affidabile o meno. Ma mi hanno dato la mia chance ed eccoci qui. E non ho mai smesso da allora.
Mi hai detto che sei sempre stato appassionato di fumetti. Intendevi gli americani, su cui lavori oggi, oppure c'è anche un po' di Europa nella tua formazione di lettore?
Ogni genere di fumetto. Ho iniziato con cose spagnole, che non credo siano note qui, e poi con la Disney. "Duck Tales". Lo adoravo e lo divoravo. Tutti in Spagna leggono fumetti Disney. E poi ho incontrato "Asterix" e "Tintin". Per un periodo, sono stato un grande lettore di manga, di "Dragon Ball", "3x3 Occhi", "Video Girl Eye", "Ranma 1/2", "Lamù". E poi vennero i comics.
Niente di italiano?
No. Sapevo, all'epoca, dell'esistenza di "Tex", "Diabolik", "Nathan Never" e "Corto Maltese", ma non venivano pubblicati in Spagna. Li conoscevo a grandi linee, per sentito dire, ma non avevo l'occasione vera di confrontarmi con la vostra tradizione. Non ho mai avuto pregiudizi e ho sempre provato a leggere tutto quel che mi capitava sotto mano, ma non avevo nulla del vostro Fumetto a disposizione.
E di tutto quel che hai letto, hai qualcosa che preferisci?
Difficilissimo da dire, non saprei.
Mi sa che ci assomigliamo parecchio, come lettori.
Oggigiorno, leggo davvero di tutto. Davvero ogni tipo di fumetto. Se una cosa è fatta bene, il resto non importa.
Nella tua carriera, ancora giovane, hai lavorato con un sacco di persone. Ricordo una tua collaborazione con Greg Rucka...
No, ricordi male. Non ho mai lavorato con lui, ma ci sono andato vicino. La Marvel aveva già annunciato un ciclo di storie scritto da lui e disegnato da me su "Cyclops", ma Greg lasciò l'incarico appena prima del mio arrivo e fu sostituito da John Layman.
La memoria mi gioca brutti scherzi, ma sono stato fortunato, perché Layman è uno sceneggiatore che adoro e avrei avuto domande per te anche su di lui.
Lavorare con John è stato incredibile. Sceneggiature velocissime e divertenti. E scritte con grande considerazione nei miei confronti. John è uno sceneggiatore consapevolissimo del fatto che ciò che scrive va in mano a un disegnatore e distribuisce l'azione in maniera incredibilmente equilibrata, il che mi rendeva il lavoro molto più semplice.
Molti disegnatori mandano un po' di pagine per volta, aspettano di averne completate cinque o dieci, prima di spedirle allo sceneggiatore. Io tendo a mandarne ognuna singolarmente, appena completata. Tanti sceneggiatori sono troppo impegnati, non riescono a risponderti.
John, che riceveva una mail da me ogni giorno, rispondeva a tutte, senza saltarne una. E poi riempiva le descrizioni delle sue sceneggiature di battute. Ne avevamo una che ricorreva sempre, in cui prendeva in giro Leonardo Di Caprio che piange perché ancora non ha vinto un Oscar. Cose del genere.
Si vede che è un tipo divertentissimo.
Non ne hai idea. Detesta la salsa chipotle, ad esempio, e inventa una serie di battute su questa cosa. Mi faceva ribaltare dal ridere. E poi mi scrive ancora, a distanza di tempo dacché abbiamo lavorato assieme, per sapere come sto e salutare. Ben pochi sceneggiatori lo fanno.
Ci si rende conto della sua umanità anche leggendo i suoi fumetti. Dopotutto, per pensare a un personaggio come il cibopate di "Chew", ci vuole una sensibilità non comune, direi.
Lo trovo spettacolare come autore, ma posso dirti che come collega è semplicemente il massimo. Lavorare nel Fumetto è come lavorare in un ufficio, ma non reale, virtuale.
Un ufficio in cloud.
Grande definizione. Si collabora in cloud e c'è uno scambio costante. Ma non tutti i professionisti di questo settore hanno ben presente questa caratteristica. Fanno il loro e lasciano che tu faccia il tuo senza trovare un punto d'incontro. John Layman era proprio un collega vero e un collega incredibile. Non ho avuto la fortuna di incontrarlo dal vivo, ma spero davvero che capiti, in futuro.
Parliamo di un altro tuo progetto, "Secret Warriors". Sei chiaramente una stella nascente alla Marvel e hai avuto l'occasione di collaborare con un pariruolo nella sceneggiatura. Matt Rosenberg, come te, è in grande crescita negli equilibri della casa editrice. Com'è stato lavorare con lui? Il suo talento è evidente, ma sembra anche molto metodico, come scrittore.
Sì, lui è uno molto specifico nel suo stile di sceneggiatura, ma ha anche la capacità di lasciare al disegnatore il suo spazio. Ha un'idea molto precisa di quel che accade nella pagina, ma sa accettare i suggerimenti e ha un sacco di empatia. Ti racconto una storia.
Nei primi episodi di "Secret Warriors", c'è questa scena in cui Inferno, che è un supereroe che si infiamma, un po' come la Torcia Umana, spinge al massimo i suoi poteri. Nella sceneggiatura, Matt spiega che Inferno diventa di una temperatura tale da restare bruciato dal suo potere stesso e raggiunge un calore simile a quello del sole. Al che io pensai che aveva senso che i suoi vestiti non fossero progettati per sopportare una cosa del genere e quindi restasse sostanzialmente a torso nudo. Nell'avventura non ha mai l'occasione di rivestirsi e rimane a torso nudo per tutto il primo arco narrativo. Nel secondo succede la stessa cosa ai suoi poteri. Nessuno mi ha detto nulla di questa cosa, ma ecco che di nuovo lo lascio nudo nella parte superiore del corpo.
Idea mia, ma Matt ha accettato la cosa, non mi ha mai corretto e, nell'albo successivo, ha trasformato questa trovata in una battuta, dimostrando di essere estremamente collaborativo. Ha avuto la capacità di prestare attenzione a quel che fanno i suoi compagni di squadra. Ecco, è un giocatore di squadra di grande talento.
Continua nella prossima pagina!
Ho una domanda abbastanza strana per te. Nel mio lavoro, traduco un sacco di interviste dagli Stati Uniti. Una delle più recenti era ospitata da Newsarama e le domande erano per te e Mark Waid. Le sue risposte erano stringatissime, laddove le tue erano più approfondite. E, ultimamente, è sempre così nelle interviste a Waid. Quindi, anche se non credo tu lo conosca di persona, la domanda è: ce l'ha con i giornalisti? Oppure non ha più tempo nemmeno per respirare e non risponde se non a monosillabi?
[ride] Lavora davvero tantissimo, è impressionante. Non so su quante serie sia impegnato. Non lo conosco di persona, e sto lavorando con lui solo da un mese, ma con me è molto carino e un tipo davvero divertente. Si scusa sempre con me, nel senso che magari non sempre riesce a rispondere alle mie mail e gli dispiace un sacco. Penso che stia davvero tirando la corda e che voglia fare contenti tutti, quindi gli rimanga davvero pochissimo tempo. Quindi non sentirti offeso, in quanto rappresentante della categoria dei giornalisti.
Ah, non temere. Invece, parlando di lui, credo sia la prima volta in cui ti trovi a lavorare con uno sceneggiatore della vecchia scuola, per così dire, un vero e proprio maestro contemporaneo. Ti accorgi della differenza stilistica e di approccio tra lui e i suoi colleghi più giovani?
Sì, hai proprio la sensazione di una cosa diversa. Tutti gli scrittori con cui ho lavorato finora sono stati fantastici. Ma quando mi è arrivata la prima sceneggiatura di Mark Waid, già alla prima lettura, ho sentito la differenza.
Alla fine della terza pagina, non so come, eravamo già nel pieno dell'azione, a metà del primo numero già c'erano le basi per il secondo. Sembra che conosca una magia, che abbia un'abilità misteriosa per fare in modo che le cose si muovano più velocemente. Nelle sue sceneggiature succedono un sacco di cose, ma non sembrano mai troppe, perché ha una leggerezza narrativa tale da non appesantire.
Adoro i suoi dialoghi, veloci e divertenti. E non è che le sue sceneggiature siano meno specifiche di altre, anzi sono piene di dettagli, ma c'è qualcosa di magico che gli permette di pigiare eventi in uno spazio più ridotto rispetto agli altri.
Forse sa cosa si può dare per scontato. È più in grado di altri di non dire certe cose, perché ha la percezione del fatto che tu, come disegnatore, e poi i lettori ci arriverete lo stesso.
Credo di sì.
Il potere della sintesi. E sono contento che tu abbia citato questa caratteristica, perché quando leggo le storie di Waid non posso fare a meno, in qualche modo, di pensare a quelle di Stan Lee. In maniera diversa, forse meno raffinata, anche nei fumetti scritti da Lee succede una quantità di cose impressionanti. Conoscono precisamente la struttura di una narrazione e sanno che quando lo scheletro è lì, ogni cosa diventa possibile.
Ed è per questo che, quando uno è un genio ti fa sembrare il suo lavoro e il risultato dei suoi sforzi come qualcosa di semplice. Parliamo di disegnatori. Guardi le pagine di Stuart Immonen, di Olivier Coipel, di Ryan Ottley e ti sembra che non ci siano molte linee a creare il disegno, ma quelle che ci sono sono perfettamente collocate. A ognuna, daresti voto dieci e ci sono solo quelle di cui c'è bisogno.
Parlando di Waid, non posso non chiederti se sei felice di lavorare su "Ant-Man and The Wasp", anche vista l'esposizione dei personaggi per cui dobbiamo ringraziare il film in arrivo.
Certo che sì. Non solo per l'attenzione, anche se chiaramente è una gioia sapere che molti leggeranno il fumetto che sto realizzando, ma anche perché i personaggi sono meravigliosi e il resto del team creativo è spettacolare. Ritrovo il colorista con cui ho lavorato su "Secret Warriors", e sono convinto che i nostri due stili si combinino ala perfezione.
Riguardo ai personaggi, Nadia Pym e Scott Lang sono molto divertenti.
Sì, davvero. E poi io e Mark abbiamo potuto giocare con le dimensioni dei personaggi, che è una cosa divertente di per sé. In più l'avventura è molto kirbyana nelle atmosfere, bizzarra, condita dal rapporto tra loro due che non si sopportano.
In effetti, da un lato abbiamo un genio scientifico metodico e dall'altra un pasticcione colossale che si affida al talento momentaneo.
...Ma sono obbligati a collaborare e sono in guai seri. Più cercano di risolvere la questione e più le cose peggiorano. E si sopportano sempre meno.
Avrai dovuto lavorare moltissimo con le espressioni facciali.
Sì, e mi ci sto divertendo un sacco. Ci ho messo la testa davvero parecchio e a volte ho la sensazione di non cogliere in maniera precisa le loro espressioni. Quindi mi impegno sempre di più per trovare esattamente il volto e le emozioni che siano complementari a quel che stanno dicendo. Sto imparando molto. Il mio obiettivo, riguardo ai dialoghi, è sempre cercare di fare in modo che non siano meno appassionanti di una scazzottata.
Non hai mai avuto l'occasione di firmare una serie che ti consentisse di lavorare sulla costruzione di mondi. Ma questa avventura nel Microverso è la tua occasione. Ti ha divertito? Perché credo che possa essere tanto entusiasmante quanto faticoso per un disegnatore. Puoi creare praticamente quel che vuoi, ovviamente in collaborazione con lo sceneggiatore. Più fatica o più gioia?
Dipende. E dipende soprattutto dalle scadenze. Se hai il tempo per lavorare, come me su questo progetto, è un'ottima cosa. Il primo numero esce a giugno, e io ho già finito i primi due. Più tempo hai per lavorare alla progettazione, meglio è. Quando, invece, le scadenze ti costringono a lavorare di fretta, a inventare qualcosa in dieci minuti, senza ragionarci sopra, è un lancio di moneta. A volte ti va bene e indovini, a volte no. E questo è fonte di stress.
E, a proposito di lavoro e piacere: qual è il prossimo personaggio su cui vorresti lavorare? Chi c'è sulla lista dei sogni?
Me lo chiedete in tanti e io rispondo sempre allo stesso modo: non lo so. Perché trovo che ogni personaggio abbia qualcosa di attraente e mi lascio guidare molto di più dall'editor o dallo sceneggiatore che ho al fianco. Con le persone giuste come colleghi, puoi divertirti con ogni personaggio.
E, del resto, chi immaginava che Occhio di Falco potesse diventare una superstar, prima che arrivassero David Aja e Matt Fraction?
E chi pensava che si potesse trarre qualcosa di così incredibile da Visione, prima di Tom King e Gabriel Hernandez Walta?
Non posso esimermi dal farti una domanda sul disegnatore tuo connazionale. Credo che abbiate due stili praticamente opposti: lui è estremamente posato, le sue matite sono potenti, ma le sue tavole sono più composte, anche nel senso della composizione; tu hai uno stile molto dinamico. C'è qualcosa che un disegnatore come te, così diverso da lui, trova nel suo stile e ha voglia di rubare?
Due cose: una di stile e una di storytelling. Il modo in cui costruisce e racconta gli eventi, costruendo l'atmosfera della storia, è davvero un capolavoro. Puoi prendere, a volte, una pagina di un artista e metterti a studiare il modo in cui progetta tutto quanto, vignetta per vignetta, equilibrando le varie componenti. Sarei fiero di possedere la stessa capacità di dare ritmo alla storia come fa Gabriel. Le sue conversazioni, ad esempio, sono davvero affascinanti quanto una battaglia.
E poi c'è il modo in cui inchiostra i suoi disegni, separando i piani e creando le texture delle cose che disegna. Questa è proprio una caratteristica che gli ruberei volentieri. Credo che non sarò mai in grado di diventare bravo quanto Gabriel in questo, nemmeno se comparisse davanti a me il Genio della Lampada e mi garantisse tre desideri. Ma mi piacerebbe imparare almeno un po' da lui.