Lisa Nur Sultan, come si fa Call My Agent - Italia: il rapporto con le star, come prenderli in giro e cosa cambierà
La sceneggiatrice di Call My Agent - Italia, Lisa Nur Sultan, spiega come funziona la creazione e il rapporto con i talent della serie
La prima stagione di Call My Agent - Italia è disponibile su Sky e in streaming su NOW
“Credo venga dal fatto che ho lavorato in maniera poco furba e conveniente per me, rischiando. Quando Palomar mi ha chiesto se volevo scrivere l’adattamento di Dix Pour Cent mi sono presa tre giorni per decidere. Ho provato ad iniziare a lavorarci per capire se ero in grado di farlo. Eravamo durante un lockdown, quindi non c’era molto da fare, e in tre giorni ho scritto la Bibbia di una trentina di pagine con foto, locandine, personaggi e luoghi. Un lavoro assurdo da fare senza nessuna sicurezza. Mando tutto a Palomar e loro girano tutto così com’è a Sky, che approva. Una mossa non proprio geniale da parte mia che tuttavia è andata bene e mi ha garantito la possibilità di blindare la mia visione evitando tutta la parte di ricerca del taglio ecc. ecc. Ho venduto una proposta strutturata ed è stata accettata”.
“Sì l’ho notato ma non l’avevo richiesto. Evidentemente le battaglie sono servite. E spero serva soprattutto perché è il nome di una donna. Dal canto mio penso sia una specie di risarcimento cosmico per Sulla mia pelle che ha girato ovunque e per questioni interne io sono stata oscurata”.
La prima cosa che emerge vedendo la serie è che c’è una celebrazione del cinema italiano molto maggiore rispetto a quanto l’originale francese non celebri il cinema francese. C’è proprio un’esaltazione dell’industria a tutti i livelli.
“Sicuramente è una serie gioiosa e dalla parte dell’industria, Ha influito il fatto di essere stata chiamata a farla nel marzo del 2021. Non era un momento normale, eravamo in quei mesi terrificanti con i cinema che avevano chiuso, i produttori avevano i film preparati anni prima che non volevano bruciare, gli attori stavano a casa, era una situazione così disperante che volevo scrivere una festa del nostro cinema piena di locandine, mandarla in tv e invitare tutti. Non era un anno come quello in cui fu scritta e girata l’originale e non era nemmeno l’epoca in cui fu creata Boris, quella in cui c’erano magagne da sgamare, era semmai un periodo con un clima molto solidale e bello e ci sono entrata in pieno”.
Come funziona la realizzazione di Call My Agent? Non può essere come le altre serie perché tu, sceneggiatrice, devi sapere chi saranno i talent, devi scrivere per loro qualcosa che li rappresenti ma che li prenda in giro e loro, necessariamente, devono approvare l’immagine che esce di sé. No?
“Per forza, ho mandato a tutti i soggetti in approvazione e poi la sceneggiatura. Con alcuni poi abbiamo fatto letture dal vivo e con altri su Zoom perché si adattassero i dialoghi a sé, perché li facessero loro”.
Questa cosa ti inibisce? Alla fine occorre prenderli in giro ma ognuno ha la propria sensibilità.
“Certo, sono persone e con ognuno devi relazionarti che non è proprio il mio forte. Faccio la sceneggiatrice, sono più abituata a stare dietro le quinte, qui invece alcuni li ho proprio dovuti chiamare io come nel caso di Paolo Genovese, che compare per pochissimo. Tutti poi sono stati molto ben disposti a farsi prendere in giro, pensa che Stefano Accorsi mi ha anche chiesto di spingere di più di quanto non avessi fatto!”.
È noto che Paolo Sorrentino ha scritto da sé il suo monologo ma in molti punti c’è l’impressione che i talent si siano scritti da sé delle parti. È vero o sei tu che imiti la loro voce e il loro stile?
“Per Paolo Sorrentino io avevo scritto un monologo che funzionava come una digressione simile alla maniera in cui nei suoi film ci sono delle digressioni. Quando gliel’ho mandato lui mi ha proposto, invece di impararlo, di scriversene uno. E quando Paolo Sorrentino ti chiede se può scriversi un monologo non gli dici di no. Negli altri casi sono più che altro io, ognuno si è aggiustato qualcosa ma in generale la mimesi nella scrittura so essere un mio punto di forza. Per ognuno mi sono studiato come parlino e come scriverli. Poi ci sono casi come quello di Emanuela Fanelli e Corrado Guzzanti in cui hanno anche improvvisato ma ad esempio per Corrado, che ha uno stile molto riconoscibile, la metà delle cose che dice sono mie”.
Cosa che non deve essere facile…
“Scrivere la voce di Stefano Accorsi o quella di Corrado Guzzanti o di Favino non è difficile. Difficile è scrivere la voce di Stefano Cucchi, studiando 10.000 pagine di processo (che era ancora aperto). Fatto quello è come aver fatto il Vietnam”.
Hai avuto una voce in capitolo nel casting dei talent?
“Sì ho scritto e ipotizzato subito i talent, ne ho scritto proprio la storia, poi ne ho parlato con la produzione che li ha contattati, anche se in tempi diversi perché ognuno ha i suoi impegni e mentre cerchi di capire se saranno liberi per girare quando gireremo noi, devi intanto scrivere la loro puntata. Anche per questo avevo un po’ di linee di puntata di appoggio eh, in caso servissero, ma come capisci è difficile dire se sia nata prima la loro storia o prima il loro casting. Ad esempio Corrado Guzzanti è stato difficile da convincere esattamente come si vede nella puntata. Di certo volevo Paola Cortellesi come prima guest star, fin dalla prima versione della Bibbia di serie che ho scritto, già c’era lei con quella trama lì. È anche perché è la puntata che ho adattato di meno dal francese, cosa per la quale mi mangio i gomiti adesso ma per fare partire una macchina complessa mi servivano dei punti fissi. Col senno di poi cambierei tutto”.
Ecco l’adattamento. La prima impressione è che sia tutto identico al francese, anche perché il casting dei protagonisti va in quella direzione e la trama della prima stagione è quella, ma in realtà ci sono tantissime differenze…
“C’è stato un lavoro forte di localizzazione e attualizzazione, anche se non urlato. Pensa alla dinamica della receptionist Sofia. La sua storia viene dall’originale francese ma la relazione con il razzismo e il percorso professionale sono diversi perché parlano di dove sta l’industria italiana in questo momento. Non siamo nella fase in cui un’attrice di colore non può essere interessante per le produzioni ma in quella successiva, il cui il razzismo è pensare che chiunque voglia fare l’attrice perché l’industria bianca ha bisogno di volti di colore”.
Una seconda stagione non è stata annunciata ma visto che i primi numeri di questa stagione sono buoni [addirittura il dato che viene da Primissime, cioè le visioni in anteprima riservate ad alcuni abbonati, è il secondo migliore per Sky dopo Gomorra] , terrai questo quoziente di calco sull’originale?
“No. Per fortuna ho già scritto i soggetti per la seconda un mese fa. Ora mi sarei pietrificata a doverlo fare, invece mi basta seguire la linea che avevo tracciato quando non sapevo se sarebbe andata bene. Sarà una stagione diversa da quella francese al 90%, sto cambiando tutto. Ora che ho preso confidenza e conosco attori e personaggi, ora che so chi funziona con chi posso avvantaggiarmi dall’economia di scala”.
Di certo già questa prima stagione è molto più di commedia…
“Sono felice che con Palomar e quindi Sky abbiamo deciso di spingere più sulla commedia, di affondare di più in quell’ambito, anche rispetto a quella francese che trovo ovviamente bellissima. Abbiamo cercato un’ironia diversa, più spinta sul sarcasmo”.
EDIT: l'articolo è stato modificato in seguito alla pubblicazione con delle correzioni all'ultimo paragrafo in modo da essere più fedele al pensiero e alle intenzioni dell'intervistata