I sei anni di piani, sconvolgimenti e sogni per creare il Bonelli Universe: "Dampyr imposta tutta la timeline"

Come una serie da 2 milioni è esplosa fino a diventare Dampyr, un film da 15 milioni che nonostante una pandemia lancia il Bonelli Universe

Critico e giornalista cinematografico


Condividi

Tre anni fa, durante il Lucca Comics del 2019, Eagle Pictures e Bonelli svelavano con un evento pubblico il primo atto del loro cinematic universe: i character poster del film di Dampyr. Era l’inizio di una campagna promozionale che non è più proseguita, interrotta da molte cose, in primis dalla pandemia che pochi mesi dopo è arrivata a sconvolgere tutto. Per Bonelli ed Eagle Pictures era però anche il primo atto ufficiale di promozione del primo film di un universo narrativo interconnesso che solo ora arriva in sala, tre anni, molti problemi, chiusure, riaperture, mascherine e tonfi di box office dopo, in uno scenario cinematografico completamente diverso. Lo stesso il progetto Bonelli Universe è ancora più che vivo e non si ferma con Dampyr.

[plus-cta-shortcode title="Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+"]

Il Bonelli Universe informalmente nasce a Luglio del 2015, o almeno in quel momento avviene il primo incontro che segna l’inizio di una pianificazione. I convenuti sono due: Vincenzo Sarno, da pochissimo uscito dalla produzione DeAgostini e arrivato in Bonelli, e Andrea Sgaravatti, che con Brandon Box da qualche anno lavora sull’audiovisivo e i fumetti. Sgaravatti ha realizzato webserie a tema fumetti, spot, video commerciali e tutto quello che serve ad una produzione per affermarsi ma punta alto e vuole incontrare Bonelli per parlare di un possibile Bonelli Universe, non sapendo che anche la casa editrice proprio con Vincenzo Sarno sta immaginando qualcosa di simile.

Voglio lavorare con voi e voglio fare cinecomics” è la frase che, rievoca Sarno, gli disse Sgaravatti, il quale si è posto da subito come tramite tra i fumetti e la loro trasformazione in audiovisivo. Più avanti Sarno stesso lo definirà: “Un po’ il nostro Kevin Feige”. Era infatti indispensabile a quel punto trovare dei partner di sviluppo, qualcuno che seguisse insieme a Bonelli la produzione soprattutto creativamente: “Ho capito che almeno inizialmente Bonelli non voleva associarsi a case di produzione troppo grandi e ingombranti, che magari potevano voler imporre loro come procedere” spiega Sgaravatti. Brandon Box e Bonelli quindi stringono la mano e Gianni Mattioli, uno degli autori Bonelli, suggerisce di iniziare da Dampyr

Bonelli Universe: il big bang

Tra tutte le proprietà intellettuali Bonelli è questa quella potrebbe essere la più giusta per dare il via a tutto, perché l’unica dotata di una origin story :“Il punto è che Dampyr è l’unico nostro personaggio con un jumpstart” dice Sarno “per la nascita di un universo volevamo iniziare con il racconto della nascita di un personaggio. Ci serviva proprio un entry point e un momento nel tempo preciso, il 1992, per poter iniziare tutto, cioè per impostare la timeline di tutto il progetto Bonelli”.

Le storie di Dampyr infatti sono ambientate nel presente a Praga ma un film consentiva a Bonelli di andare indietro e raccontare bene l’inizio che invece in una serie sarebbe stato relegato ad un flashback: “Che poi la serie era l’idea originale” spiega Sgaravatti “ma avrebbe relegato la origin story a qualche minuto, invece con il film esploriamo bene solo quella” senza contare che in quel momento storico il box office era ancora una fonte di profitti pesante e importante. Parte così l’idea di un film horror a budget contenuto, circa due milioni di euro, qualcosa di molto essenziale e molto tradizionale. Mauro Boselli e Maurizio Colombo (creatori del fumetto) sono ovviamente della partita ma in più vengono coinvolti nomi importanti del mondo del fumetto come Giovanni Masi, Alberto Ostini e Mauro Uzzeo a comporre il team di sceneggiatura.

L’esplosione del budget di Dampyr

Impossibile. Per due milioni non lo facciamo. Lo facciamo solo se è un film da più di 10 milioni” è così che entra nel progetto Eagle Pictures, nella persona di Roberto Proia Executive Director Theatrical and Productions. È il 2018 e il progetto Dampyr fa un salto gigantesco. Eagle, che è sia distributore che produttore del film, accetta di diventare partner solo se l’operazione è in grande stile, girata in inglese con cast internazionale, non pensata per l’Italia ma per il mondo. Loro sono la major italiana della distribuzioni, sono stati distributori di saghe young adult come Twilight e Divergent (nonché al momento, tra gli altri, anche i distributori italiani dei film Paramount sul nostro territorio) e hanno proprio voglia e bisogno di una proprietà intellettuale di quel tipo che sia però loro, da controllare, distribuire ma anche vendere all’estero. E quindi dev’essere di alto livello “sullo schermo i soldi si devono vedere tutti”.

[plus-cta-shortcode title="Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+"]

E quando un budget passa da due milioni a dieci milioni la sceneggiatura non può rimanere la stessa “bisogna parlare necessariamente anche a chi non è fan” continua Proia “oltre alla fanbase da non deludere. Del resto per Bonelli vuol dire anche nuovi potenziali lettori al fumetto, per noi una possibilità di ritorno concreto”. Dunque entra in gioco un’altra sceneggiatura, una che Sgaravatti e Sarno, in un certo senso, avevano nel cassetto, non pronta ma di certo immaginata: “Quando Eagle l’ha chiesta abbiamo tirato fuori la stessa storia solo con tutte le parti fantasy esplose, quelle che rendono un film più corposo dal punto di vista dei vfx e anche dalle scene d’azione, altra cosa che costa” è la versione di Sgaravatti, mentre è molto più pragmatico Sarno: “Allargare vuol dire rendere tutto più emozionante ma in un certo senso anche più semplice (specie se lo raffronti con il fumetto che è più caratterizzato). L’obiettivo era arrivare ad un impianto di produzione che sapesse di cinecomic con tutti i limiti di avere un budget sì alto ma non certo da cinecomic americano”.

Lavorare come un grande studio di produzione

Aumentare l’azione è stato il driver principale: “Considera che in un film come Iron Man, il primo, ci sono 15 minuti di azione e Robert Downey Jr. usa l’armatura per un totale di 12 minuti. Niente” continua sempre Sarno “Però ci sono tutti i passaggi del suo genere dallo showdown al fatal flaw del protagonista. Nei film d’azione al contrario c’è un continuo crescere del rischio e del rumore. Noi abbiamo unito le due cose”. Il risultato è stata una sceneggiatura di genere, molto legata alle strutture canoniche e agli svolgimenti tipici. Sembra la descrizione di un progetto che non vuole rischiare nulla e invece proprio al timone di tutto questo viene messo Riccardo Chemello, videomaker con nessuna esperienza nel cinema di finzione ma una grandissima tecnica “ma del resto io pure vengo dalla produzione di serie tv e reality per De Agostini, chi aveva mai partecipato ad un film da 15 milioni!” ironizza Sarno.

Chemello ha una carriera da videomaker in giro per il mondo, viene dal parkour e crea immagini incredibili” spiega Sgaravatti “l’avevamo trovato prima di tutto, prima degli incontri e quando è stato il momento l’abbiamo coinvolto”. Ma non doveva solo fare il regista nel senso classico del termine, anche qui il progetto di Bonelli era già più strutturato e partiva con un’idea chiara, quella di non lasciare qualcuno da solo a gestire le loro proprietà intellettuali ma lavorare come i grandi studios, accanto a lui: “Gliel’abbiamo spiegato subito” dice Sarno “l’intenzione era di creare un processo industriale e lui ci è stato. Significa condividere giornalieri, premontati, aprire le timeline di Premiere e discuterne, rimontare, rifare ecc. ecc. Insomma discutere con noi le scelte”. Anche per questo Sarno ripete più volte che se c’è qualcosa che non va nel film è tutta e solo colpa sua.

“Devono essere uguali ai personaggi di Dampyr”

Stabilito il regista è il momento del casting che viene fatto in grandissimo stile, volando a Londra da Gail Stevens, casting director per i film di Danny Boyle ma anche per Zero Dark Thirty e molte altre produzioni internazionali. Il parere di Gail Stevens è semplice: impensabile puntare ad attori noti. Quando si parla di film tratti da fumetti, visto quel che è successo negli ultimi 20 anni, nessuno ragiona in termini low cost, tutti vogliono molti soldi. La risposta di Sgaravatti quindi è: “Beh allora prendiamo i più bravi, senza guardare il curriculum”. Il risultato è stato un casting che ha tirato fuori nomi all’epoca poco conosciuti che nel frattempo abbiamo visto in Army Of Thieves (Stuart Martin), Queste oscure materie e Fondazione (Wade Briggs) e Vikings: Valhalla (Frida Gustavsson).

[plus-cta-shortcode title="Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+"]

L’obiettivo, ovviamente, era che fossero molto simili ai personaggi, del resto il film stesso puntava a ricostruire la grammatica delle pagine: “Mi sono battuto perché ci fossero le stesse vignette” spiega Sarno “se metti in parallelo film e fumetti trovi tutte le immagini più iconografiche: lei sul tetto, lei sulla croce, loro due davanti al palazzo, l’arrivo a Jorvolak, la scoperta dei cadaveri…”. Questo significa anche che Dampyr è pieno di easter egg per grandi appassionati, che strizzano l’occhio ad altri personaggi e future produzioni Bonelli. Dunque anche gli attori dovevano essere scelti per la vicinanza estetica ai personaggi, sempre Sarno ricostruisce i criteri: “Per il ruolo del protagonista, Harlan avevamo bisogno di un vero e proprio fuori classe, perché il suo personaggio avrebbe dovuto portare in scena due caratteri opposti. Inizialmente, fuori fase, attanagliato da incubi che gli rovinano la vita, manipolato da forze che non conosce, doveva sembrare in balia degli eventi. Poi, poco a poco, venendo a contatto con i suoi legami di sangue, doveva lasciar emergere una personalità radicalmente opposta, sicura di sé, determinata. E Wade Briggs è stato in grado di portare sullo schermo entrambe queste anime infondendo anche la sua personalità al personaggio. Ma non bastava. Avevamo bisogno del carisma razionale e fermo di qualcuno come Stuart Martin per Emil Kurjak, l’unico rappresentante degli uomini, quindi deve darti proprio l’impatto che è il più fico di tutti e lo seguiresti ovunque; serviva un’algida manipolatrice che non sceglie mai da che parte stare se non dalla propria, e Frida Gustavsson è perfetta; infine il ragazzino, che è il cuore della storia, quello che ti prende l’anima e te la brucia nell‘anticlimax, cioè Sebastian Croft”.

Produzione e interessi passivi

Non erano dei veri e propri talent ma avevano la dedizione. Per dire: Stuart Martin era stato inizialmente scartato e si è presentato lo stesso ai casting successivo perché voleva la parte. E intanto mentre gli attori iniziavano a provare, venivano costruite da zero le scenografie in Romania (la chiesa non esiste, è di cartapesta, tirata su per le riprese e poi abbattuta alla fine), il team di stunt romeno capitanato da Lubomir Misak (che ha lavorato anche a produzioni italiane tra cui È stata la mano di Dio) si era preparato da solo per due settimane arrivando a perfezionare coreografie e intere sequenze, venivano coinvolti i tecnici per il trucco e parrucco (Giorgio Gregorini, premio Oscar per Suicide Squad). Quella che veniva preparata, in buona sostanza era una produzione che per 15 settimane di lavorazione avrebbe coinvolto 200 attori e 250 tecnici sul set su 25 differenti location.

Tempo di fare i contratti e organizzare tutto e a fine settembre del 2019 le riprese sono partite. A novembre la presentazione dei character poster a Lucca, a dicembre la chiusura del set e l’inizio della postproduzione. Tre mesi dopo il mondo è colpito dalla pandemia e quello che doveva essere il film di punta del 2021 per Eagle Pictures si ferma. Non solo. Eagle ha fatto tutta la produzione esecutiva del film, cioè materialmente è il soggetto che si è occupato di girarlo e quindi ha incassato e gestito i vari fondi regionali ma anche nazionali della Romania (dove sono state fatte le riprese). O almeno li avrebbe incassati se fossero arrivati (“Ci sono produzioni che ancora aspettano roba come 40 milioni di fondi romani, noi molto meno per fortuna”), quindi un ritardo simile è un investimento che non torna.

Eravamo ad inizio montaggio quando il Covid ha colpito. E meno male!” continua ProiaFosse accaduto prima sarebbe stata una tragedia a cui non oso pensare ma che posso immaginare perché nello stesso momento eravamo al primo giorno di riprese di Sul più bello. Ma un conto è fermare tutto con attori e set italiani, un altro è con attori internazionali e set in Romania”. Inizia così il montaggio da remoto, che è molto più lungo e faticoso. A quel ritardo poi si aggiunge quello degli effettivi visivi realizzati da Alps, anch’essi messi alla prova dal lavoro da remoto: “Immaginati che non stiamo parlando di montare da remoto una commedia, questo era qualcosa di mai fatto prima” dice Proia “Diabolik non è paragonabile ad esempio perché è molto più facile rispetto a Dampyr [che ha 720 frame che richiedono un intervento ndr]. Per fortuna che Eagle ha le spalle larghe per sostenere gli interessi passivi. Quella è una roba che non entra nel budget ma che noi abbiamo comunque sostenuto

[plus-cta-shortcode title="Per altri speciali come questo, abbonati a BadTaste+"]

Il Bonelli Universe non dipende né Dampyr né dall’Italia

Adesso con solo un anno ritardo (molto poco visto quello che è successo) Dampyr arriva in sala, dopo la presentazione a Lucca Comics. Però arriva in una congiuntura in cui il cinema in sala non è più quello che era quando nel 2018 tutto era partito, non ha più quel tipo di incassi e quindi non può garantire quel tipo di ritorni per i quali si era scelto il cinema. “Certo ci eravamo fatti tutta un’altra idea inizialmente” spiega Proia “Anni fa ti avrei detto che ci aspettavamo almeno un box office da 5 milioni, oggi se incassiamo quanto Freaks Out [cioè 2,5 milioni ndr] sono molto contento”. Ma Dampyr è anche obiettivamente un film che non ha bisogno del botteghino italiano, non è quello il punto “proprio per il fatto che non siamo Freaks Out che invece è un prototipo, un film bellissimo e molto nostro, girato in italiano. Dampyr è un film girato in inglese con attori internazionali che risponde a strutture e generi molto più riconoscibili e quindi vendibili all’estero. È da lì che verranno i profitti del film”.

Non lo si può ancora annunciare ma è stato chiuso un contratto con un grande nome internazionale per la distribuzione, qualcosa che “ci rende molto soddisfatti” secondo Proia e che “cambia il Bonelli universe” secondo Sarno, il quale addossa ad Eagle tutti i meriti: “Noi non c’entriamo niente in questo, è tutto merito di Roberto Proia e di Tarak Ben Ammar, fosse dipeso da me mi sarei arenato di fronte a questo box office in calo, loro invece hanno fatto di più, hanno mostrato il film alle persone giuste a cui è piaciuto così tanto da sposare il progetto”. Non è un segreto che sia già in fase di scrittura un secondo film infatti.

La questione, sempre secondo Proia, non è come vada questo singolo film ma “come il pubblico dimostrerà affetto per Dampyr in quanto proprietà intellettuale”, e se dovesse andare male “allora non insisteremo su questa property ma andremo più su altre del Bonelli Universe” in ogni caso il progetto non si ferma “ora abbiamo anche più interlocutori rispetto al 2018, pensa solo a quanti streamer esistono!”. Intanto la serie animata di Dragonero farà il suo blue carpet il giorno dopo quello di Dampyr (anche se la produzione chiuderà a fine novembre) e altro sta per essere annunciato qualcosa “su questa medesima scala produttiva, anzi potenzialmente anche maggiore, ovviamente tutto collegato” secondo Sarno.

L’attesa, ovviamente, è per i titoli più pesanti, noti, amati e importanti della Bonelli: “Ci stiamo lavorando” assicura sempre Sarno “Non vogliamo però fare operazioni singole, se ci lavoriamo è perché troviamo un partner che crede in un piano a lungo termine, qualcuno che non si cura del singolo botteghino e singolo incasso ma ha capito dove vogliamo arrivare” E dove volete arrivare? “Stiamo provando a realizzare i sogni che abbiamo sognato lungo tutti i nostri anni di onorata carriera”.

L'articolo è stato modificato in seguito alla pubblicazione per correggere alcune imprecisioni nelle dichiarazioni

Continua a leggere su BadTaste