BGeek 2017, Wilder: Intervista a Maria Letizia Mirabella e Adele Matera
All'ultimo BGeek abbiamo incontrato Maria Letizia Mirabella e Adele Matera, letterista e colorista di Wilder
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Le abbiamo intervistate per voi in occasione dell’ultima edizione di BGeek, durante la quale hanno partecipato a workshop dedicati al Fumetto e hanno presentato l'albo cartaceo Wilderworld: Prologo.
Ciao, ragazze, benvenute su BadComics.it!
Cominciamo da te, Maria Letizia: come sei entrata nel mondo del Fumetto?Mirabella - Innanzitutto, salve a tutti e grazie a BadComics.it per questo spazio! Per quanto riguarda la tua domanda, in realtà ho fatto un percorso un po’ strano. Ho sempre pensato che sarei diventata un medico o un chirurgo, e questo fino al terzo anno di liceo. A quindici anni, grazie ad una professoressa che mi ha sostenuta moltissimo, mi sono innamorata delle scienze umanistiche, ragion per cui mi son presa due belle lauree in Lettere.
Nel frattempo, ho cominciato ad appassionarmi alla grafica… o meglio: un giorno ho pensato che sarebbe stato fico diventare un grafico e ho cominciato a studiare per conto mio, a prendere i lavori più disparati e ad accettare commesse ben al di sopra delle mie possibilità, così da mettermi nella condizione di dover imparare per forza di cose. Tutto ciò ha incontrato la passione per il Fumetto, che coltivavo da anni, ed ecco che un giorno ho deciso che sarei diventata una letterer.Tutta questa filippica solo per dire che i percorsi, per come la vedo io, sono sempre frutto di scelte, casualità e svolte imprevedibili. E che oggi probabilmente non sarei un grafico se da piccola non avessi sognato di fare il chirurgo.
E come sei diventata letterista?Mirabella - Il primissimo progetto su cui abbia mai lavorato è stato "Walter Dice:", fumetto che oggi è felicemente edito Magic Press, ma che all’epoca rappresentava l’esordio sul Web di tutti i suoi creatori (oltre a me, Dario Sicchio alla sceneggiatura e Lorenzo Magalotti ai disegni). Avevo bisogno di un fumetto su cui sbattere la testa e mi sono buttata a pesce sul primo progetto che mi consentisse di apprendere direttamente sul campo. Da lì è cominciato tutto, perché nel proporlo a Verticalismi sono finita a fare il graphic designer per Verticomics per un anno, e da lì ho preso a lavorare per diverse realtà editoriali.
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Adele, per te è invece un ritorno su BadComics.it. Negli ultimi tempi, sembra che il ruolo di colorista stia finalmente salendo alla ribalta ricevendo la giusta considerazione. Come sei entrata a far parte del mondo del Fumetto e da dove nasce questo tuo interesse nei confronti del colore?
Matera - Ciao a tutti gli amici di BadComics.it! Sono entrata a far parte di questo mondo un po’ per caso, quando - come hai detto tu - il ruolo del colorista stava già salendo alla ribalta, per fortuna.
Il primo passo verso il colore l'ho fatto al terzo anno di Liceo Artistico, quando ho comprato la mia prima "tavoletta grafica" (tra virgolette perché era di una marca mai sentita e costava 30 Euro). Mi chiudevo nella mia camera, scaricavo disegni di altri e, guardando qualche tutorial, ho iniziato a colorare.
Nel settembre 2012, cercando in rete, ho trovato la Scuola Internazionale di Comics di Roma, dove ho frequentato il corso di Fumetto. È stato quello il mio primissimo passo in questo mondo ed è lì che ho scoperto la figura del colorista. Così, al terzo anno, invece di continuare il corso di Fumetto, ho deciso di iscrivermi al Master di colorazione digitale. Nel frattempo, ovviamente, ho comprato una tavoletta grafica senza virgolette.
Parlateci del vostro apporto alla realizzazione di un fumetto: come vi relazionate con lo sceneggiatore e il disegnatore?
Mirabella - In realtà, il mio ruolo si colloca all’interno della “gerarchia” di produzione in base al contesto di lavoro. Se si tratta di un’autoproduzione, sicuramente avrò a che fare con lo sceneggiatore in fase di revisione, ma se si tratta di un editore, il grosso del lavoro lo svolgerò tenendomi in contatto con un editor o un correttore di bozze. I fumetti si fanno quasi sempre in gruppo, perciò mantenere un buon rapporto con gli autori è fondamentale, anche e soprattutto perché siamo tutti afflitti dalle stesse incombenze (scadenze strette, emergenze dell’ultimo minuto e il tempo che non basta mai), quindi è fondamentale instaurare un contatto proficuo e piacevole per entrambe le parti. Di solito, poi, questi contatti si trasformano in amicizie, perciò tanto meglio. Lo stesso discorso vale quando si lavora con realtà editoriali più organizzate: il rispetto dei reciproci ruoli è uno degli aspetti più importanti e, quando manca, crolla tutto il sistema.
Oltre a questo, testi, disegni e lettering sono un tutt’uno nel Fumetto: una buona tavola è quella in cui questi aspetti coesistono e si completano a vicenda, quindi la comunicazione tra autori e reparto grafico deve sempre essere al primo posto. Non si tratta di coprire poco un disegno o spostare un balloon, ma di tirare fuori tutto il potenziale di una storia. E per farlo serve coordinazione. Pena, una mera somma delle parti (che non è un fumetto).
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Matera - In realtà, per me varia da situazione a situazione. Parlando della mia esperienza con Wilder, sono stata contattata da Jacopo Paliaga e da Ludovica Ceregatti (che aveva già iniziato a lavorare al progetto) per fare delle prove di colore su "Elliot". Jacopo mi ha spiegato quella che era la sua visione d’insieme per la serie, una colorazione minimal, non classica, e d’impatto.
I contatti con loro sono molto frequenti e diretti per eventuali confronti e consigli. Altre volte, magari lavorando ad una serie con più persone, il confronto diretto con sceneggiatore e disegnatore non c’è. Hai una persona che dirige il team del colore a cui fai riferimento. Detto questo, per "Elliot" mi sono ispirata - come idee di composizione e gestione del colore - ad "Outcast" e "Deadly Class". I miei colori nascono così, raccolgo gli spunti e le reference che mi vengono date e poi le adatto al disegno, alla storia. La maggior parte delle volte ho già in testa tutto, prima ancora di mettere la penna sulla tavolozza.
Quali sono le principali difficoltà che incontrate quando ricevete una sceneggiatura?
Mirabella - Dipende dal lavoro. Di base, il lettering può essere di due tipi: da una parte ci sono le edizioni italiane di opere straniere, per le quali (al netto degli interventi grafici e/o del lavoro di pulizia delle tavole) si tratta di inserire il testo all’interno di balloon già disegnati; dall’altra, i progetti in cui sei chiamato a ideare la resa grafica di tutto ciò che compete al letterer, ossia testo, stile dei balloon, onomatopee et similia. Le difficoltà che posso incontrare, dunque, variano sempre da progetto a progetto, ma di sicuro non riguardano solo le sceneggiature o solo le tavole; semmai, in primis, il quantitativo di materiale da tenere sotto controllo.
In un certo senso, quello del letterer è un lavoro fatto di compromessi: quando mi trovo davanti a una tavola, devo tenere presente il genere dell’opera, lo stile del disegno, il registro dei dialoghi, lo spazio a mia disposizione e le necessità narrative, che non riguardano solo chi i fumetti li scrive o li disegna, ma anche chi li fa parlare. Estremizzando, si può dire che se il lettore non nota il mio lavoro, allora vuol dire che ho fatto il mio dovere, perché sono riuscita a rendere in maniera omogenea e naturale il più grande e affascinante paradosso del Fumetto, e cioè il fatto che le voci e i suoni sono fatti della stessa materia di cui sono fatti i personaggi e gli ambienti in cui essi agiscono. Il balloon è lì, ma non è realmente lì. C’è, ma non dovrebbe esserci. Il mio ruolo consiste nel far dimenticare al lettore che le voci che sta sentendo nella sua testa in realtà se le trova schiaffate lì, nel bel mezzo della vignetta che sta leggendo e, allo stesso tempo, rendergli quelle voci più reali possibile.
Matera - Fortunatamente, fino ad ora, non ho mai avuto problemi o difficoltà con le sceneggiature o con gli sceneggiatori. Credo di essere stata fortunata a incontrare in questa prima fase della mia carriera persone con le quali si è instaurato da subito un ottimo rapporto, umano e professionale, che mi ha permesso di entrare in sintonia con la sceneggiatura e i disegni stessi.
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Adele, qual è il tuo approccio alla colorazione di una tavola? Sei sempre rispettosa del lavoro del disegnatore o, in alcuni casi, sei intervenuta a modificare, anche in minima parte, una vignetta?
Matera - L’approccio alla tavola è sempre professionale, quindi rispetto il lavoro del disegnatore, a meno che non mi venga chiesto di intervenire sulla china. Oppure se c’è qualcosa da sistemare lo faccio presente, ed è capitato che mi dessero il permesso di farlo, in base anche al tipo di rapporto che c’è con il disegnatore.
Maria Letizia, attualmente collabori con una delle più interessanti realtà indipendenti, Wilder: come vivi il tuo ruolo e, in generale, quanto reputi importanti progetti di questo tipo?
Mirabella - Quella di Wilder è un’idea che mi è piaciuta fin da subito. Di etichette in quanto tali ne esistono poche, specie sul Web, perché, per quanto l’unione faccia la forza, sono effettivamente difficili da sostenere e richiedono un dispendio di tempo e competenze non indifferenti, se l’obiettivo che ci si pone è quello di produrre qualcosa di qualità. Progetti di questo tipo – così come le collaborazioni con le autoproduzioni – consentono di tenermi in allenamento costante, perciò, quando posso, sono sempre felice di farne parte.
Ogni storia è una palestra, e passare da un western soprannaturale a un action thriller mi permette di spaziare, sperimentare tecniche e stili diversi e arricchirmi ogni volta. In tutto ciò, il fatto di imporsi un palinsesto da seguire è anche un’ottima occasione per velocizzare i ritmi di lavoro e imparare ad organizzarmi con il resto degli impegni lavorativi.
Abbiamo chiuso la prima stagione di pubblicazioni e stiamo già lavorando per prepararci alla seconda… insomma, di lavoro da fare ce n’è, ma ci siamo fatti le ossa in questi primi sei mesi e non vediamo l’ora di tornare!
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Adele, stai lavorando sia con un colosso come Sergio Bonelli Editore sia per una giovane realtà indipendente come Wilder: quali sono le principali differenze che hai riscontrato?
Matera - Diciamo che sono due realtà completamente diverse e opposte. Come dicevo prima, lavorando su una serie a fumetti con un team di coloristi, hai ovviamente una figura a cui far riferimento, che ti corregge e ti indirizza e hai soprattutto uno stile da seguire che deve essere uguale per tutti. È come far parte di una catena di montaggio. E poi, l’ansia... e la pressione... perché - cavolo!!! - è la Sergio Bonelli Editore!
Wilder è invece una piccola, grande famiglia nella quale riversi la tua dedizione e la tua passione senza filtri. Nasci e cresci entusiasta con un progetto, "Elliot" nel mio caso, che in parte diventa anche tuo, dove - e forse effettivamente la differenza è proprio questa - puoi giocare, osare, uscire dagli schemi, e del quale sei uno degli ingranaggi che lo fa funzionare.
Quali sono i tuoi principali riferimenti in campo artistico?
Matera - Forse al momento quelli a cui faccio più riferimento, e ai quali vorrei stilisticamente avvicinarmi, sono Greg Tocchini, Dave Stewart, Jason Latour e Wes Craig. Anche se mi piace variare, mettermi in gioco con stili sempre nuovi.
Maria Letizia, ultimo giro: tre progetti a cui hai lavorato e che ti sono piaciuti in modo particolare?
Mirabella - È difficile sceglierne solo tre, perché di solito tendo ad affezionarmi a tutti i progetti che seguo. Escludendo Wilder per comodità (tanto quei ragazzacci lo sanno già che li amo tutti incondizionatamente), direi: “Flash Gordon - Comic-Book Archive vol. 1” [Editoriale Cosmo], perché è stato il primo volume cartonato su cui abbia mai lavorato e perché la collana di cui fa parte, Cosmo Books, è un gioiellino nato con l’obiettivo di riportare nelle librerie dei lettori delle splendide edizioni di pilastri della Storia del Fumetto… ergo, una missione di cui sono orgogliosa di far parte.
“Battaglia: Ragazzi di Morte” [Editoriale Cosmo], perché sono fatalmente attratta dal personaggio di Battaglia, e dargli voce in un albo dedicato a Pasolini è stata un’esperienza elettrizzante ed eccitante (in tutte le accezioni che potete immaginare).
“Dylan Dog 369: Graphic Horror Novel” [Sergio Bonelli Editore], per il quale sono stata chiamata non come letterer, ovviamente, bensì come grafico puro per un intervento di natura diversa, più tecnica. In ogni caso, poter lavorare - anche se in un ruolo secondario - sulle tavole di "Dylan Dog" è stato fantastico, se non altro per la soddisfazione di andarselo a comprare in edicola sapendo di aver dato un contributo.
Ne aggiungo un quarto, come bonus, ossia “Walter Dice: - Director’s Cut” [Magic Press], perché nel riletterarlo per l’edizione cartacea ho avuto modo di rimettere le mani sul mio primo lavoro di lettering, di mettermi le mani in faccia per le castronerie che ci avevo messo dentro e di mettermi una mano sul cuore ripensando a tutto quello che è successo fra quelle due edizioni dello stesso fumetto.
Adele, ultima domanda anche per te: sfogliando le immagini del tuo profilo Facebook ho notato che hai colorato molte illustrazioni di celebri artisti. Dovendo sceglierne un paio, quali sono quelli con cui vorresti collaborare e perché?
Matera - Ahia! Questa è difficile! Forse Skottie Young. Perché adoro il suo stile e perché è diverso da tutto quello che ho sempre fatto. E poi Jordi Lafebre, in parte per lo stesso motivo sopracitato e in parte perché i suoi fumetti sono poesia, quindi è più per una sorta di venerazione.
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I ritratti di Maria Letizia Mirabella e Adele Matera sono stati realizzati da Lorenzo Magalotti, artista di Walter dice: e Australia.