BAO Publishing: Stelle o sparo – Intervista a Nova

All'ARF! abbiamo fatto quattro chiacchiere con Nova, autrice di Stelle o sparo

Condividi

Nel corso dell’ultima edizione di ARF! abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchiere con Nova, autrice della graphic novel Stelle o sparo, edita da BAO Publishing.

Ringraziamo lo staff della casa editrice milanese per la disponibilità.

Ciao, Nova! Benvenuta su BadComics.it!
Da cosa nasce “Stelle o Sparo”? Come sei arrivata a concepire un fumetto di questo tipo?
Stelle o sparo, copertina di Nova

“Stelle o sparo” parte da una storia autobiografica, una condizione che ho realmente vissuto, e il viaggio l’ho compiuto davvero, in un posto esistente. È però soprattutto ispirato a un mio stato d’animo pregresso. Volevo raccontare un determinato periodo della mia vita che in un certo senso è andato risolvendosi… o meglio, adesso sto meglio rispetto a quei tempi! Siccome la ritengo una condizione esistenziale un po’ generazionale, credo che molte persone possano riconoscersi in quello stato d’animo.
Vorrei dare un messaggio di una possibile riuscita, perché è una condizione da cui si può uscire, e di una volontà di formazione, seppur una soluzione vera e propria non esista. Credo che apprendere che ci sono tante altre persone che si riconoscono in un determinato stato d’animo sia benefico per tutti.

La parte iniziale di “Stelle o sparo” è una sorta di teorema degli anni ’90: dopo gli anni ’80 di plastica, i ’90 hanno preso una piega molto particolare, dai Nirvana in poi, con quegli anni di mezzo da te raccontati e che, ad oggi, non sono stati ancora così rivisitati dalle mode e dall’entertainment. Come mai hai scelto proprio questo spaccato?

Nasco come illustratrice e questo è il mio primo fumetto. Tutto il mio immaginario parte da quel momento lì, uno dei più formativi della mia intera esistenza. La stessa lingua che si parla con Zerocalcare, comprensibile in modo trasversale dalle generazioni precedenti a noi (che comunque erano presenti) e dalla nostra, nata negli anni ’80 e cresciuta nei ’90. E anche ai ragazzi più giovani, grazie ai revival. Penso che tutto l’immaginario di quel decennio sia una vera e propria lingua parlata da tutti noi.

Un’appartenenza culturale, insomma. Anche Zerocalcare utilizza puntualmente delle citazioni che concorrono alla riuscita del racconto. Come ti approcci all’inserimento di questi elementi?

In realtà, per me è molto semplice, lo faccio in maniera naturale. Quando parlo inserisco citazioni anni ’90 a caso, e mi sorprende vedere come la gente capisca tutto quello che voglio dire! È qualcosa di davvero universale. Tutti noi ci assomigliamo molto più di quanto crediamo. In realtà quello che ho fatto è stato trattenermi dall’esagerare, perché tendo a farlo in modo ossessivo. Mi viene naturale come bere un bicchier d’acqua.

Come sei riuscita a far convivere questa mole di contenuti e citazioni lavorando con un editor?

È stato molto rassicurante. Sono stata lasciata abbastanza libera, in realtà. Mi è stata data molta fiducia, però è un gran bene che ci sia qualcuno a dirti se stai andando o meno nella giusta direzione. È stato un aiuto davvero prezioso. Credo che sarà una di quelle cose che, in futuro - magari nel secondo libro - vorrò sfruttare ancora di più. Non avevo mai avuto uno staff accanto e spero di sfruttarlo ancora, e in modo migliore, in futuro.

La soluzione grafica da te scelta è un’unione particolare tra immagini e testi, con intere tavole di sole parole o disegni che si riferiscono in modo chiaro alla cultura Underground italiana, da Zerocalcare a Officina Infernale, AKAB e tutti gli altri. Come rientrano questi punti fermi nel tuo modo di raccontare storie?

In realtà, è una cosa abbastanza di pancia, ma mi piacerebbe riuscire a controllare maggiormente questa dinamica. Tutto quello che faccio è poco strutturato; e si nota, perché il mio stile cambia da tavola a tavola, come se fossero realizzate da persone diverse. Cerco di utilizzare diversi stili a seconda dei contenuti. Certo, una pagina di solo testo può sembrare che stoni con il resto della storia…

Diciamo che imponi un ritmo più lento, in quanto la lettura richiederà più tempo.

Questa cosa fa parte della mia personalità, l’essere un po’ frammentaria e un po’ mutevole. Ci sono molti riferimenti all’Underground italiano in “Stelle o sparo”, una cosa che mi piace molto, e secondo me si vede anche l’influenza dei manga e dell’animazione. Ultimamente mi sono innamorata di Masaaki Yuasa! Quindi, sì, tutte le influenze subite riaffiorano, e nel mio caso il risultato è piuttosto cangiante. Mi piacerebbe che questa cosa fosse più controllabile da me. Il mio modo di disegnare rispecchia tantissimo il mio modo di essere, e quando dico che vorrei imparare a dosarlo è perché vorrei dare un ordine al caos anche sotto il profilo filosofico.

Quindi, leggendo il volume è come se avessimo direttamente a che fare con te.

Sì. Parte da una storia autobiografica, ma c’è anche molto d’inventato. Quello che c’è di autobiografico, però, sono davvero io.

C’è qualcosa del volume fisico che ti soddisfa particolarmente?

Sì! Non avevo mai visto i miei retini stampati, quelli a pallini, classici e semplici. Vederli stampati mi fa pensare che è stato fatto davvero un grandissimo lavoro.

È una risposta molto simile a quella che, in passato, altri autori mi hanno dato, riferendosi però ai colori.

Non ho fatto un fumetto a colori perché non sono in grado di gestire la colorazione e adattarla in modo fedele alla stampa. È una cosa davvero difficile. Quando stampo, da illustratrice, mi affido anche un po’ al caso, andando tendenzialmente dallo stesso centro stampa, perché mi trovo bene.

Personalmente non me la sono sentita di fare un volume a colori, ma mi piacerebbe molto! Il retino, in fondo, è come se fosse il colore. Sono felice che molte parti del fumetto siano venute così scure, perché amo la linea grassa e marcia, sempre in riferimento all’Underground Italiano.

In questa storia tratti temi cari agli adolescenti e ai tardoadolescenti. Il rimo della narrazione rallenta per raccontare i momenti di pausa interiori. Come costruisci quelle sequenze a tu per tu con il personaggio? Come metti su carta quell’intimità?

Nella quotidianità mi capita di vivere le relazioni con le altre persone in modo molto istintivo. Allo stesso modo, le mie tavole molto impulsive. Mi sembrava adeguata una cosa del genere. Se resto in una folla per cinque minuti, mi faccio al volo un’idea di chi ho attorno.

In una recente intervista, Maicol & Mirco mi ha confessato che talvolta scrive senza sapere come andrà a finire la storia, partendo da un personaggio e scrivendone la storia per conoscerlo. Una cosa del genere immagino si possa dire anche di te, in questo caso.

Assolutamente sì, è tutto in divenire, anche se avevo già in mente la risoluzione della storia. In questo caso sono proprio partita dalla fine ma, in generale, quando scrivo mi capita di non sapere dove stia andando, perché per me la scrittura è fatta di tempi veloci, senza avere bene in chiaro dove andare a parare per ogni aspetto. Per il disegno serve invece quella chiarezza di idee in più, considerando i maggiori tempi di realizzazione delle tavole. Non progettando nulla è stato difficile per me spiegare costantemente cosa stessi facendo o dove stessi andando. Ho dovuto sforzarmi un po’, sanguinando per questo racconto.

Ci puoi accennare qualcosa riguardo ai tuoi progetti futuri?

Ora come ora mi sto vivendo il tour, per poi godermi l’estate in tranquillità. Mi piacerebbe mettermi al lavoro su un altro libro, raccontare qualcosa di più divertente, magari legato allo humour nero e alla componente urbana.

Se ti chiedessero a bruciapelo “perché dovrei comprare questo libro?”, come risponderesti?

Sono una pessima venditrice di me stessa. Direi di leggerlo, sfidando chi ho davanti a dirmi se poi non ho avuto ragione nel consigliarglielo. Difficile trovare qualcuno che possa dire “non mi sono mai sentito così in vita mia”, perché credo davvero che quella che racconto sia una sensazione universale.

Ci tengo a dire che non si parla dell’ansia, perché la condizione che descrivo lascia una libera interpretazione. Si tratta di un immobilismo. Ognuno può vederci dentro qualsiasi cosa: una situazione universale, una soluzione individuale.

Nova

Continua a leggere su BadTaste