BadTaste.it intervista Alba Rohrwacher e Laura Bispuri, in due in concorso alla Berlinale

Hanno creato in simbiosi il personaggio centrale di Vergine giurata ora Alba Rhorwacher e Laura Bispuri, insieme sono le italiane in concorso alla Berlinale

Critico e giornalista cinematografico


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Quello di Vergine giurata (leggi la recensione) è uno dei rari casi in cui la regista è più emozionata e inesperta dell’attrice. Mentre Alba Rohrwacher è una veterana dei festival internazionali (solo nell’ultimo a cui ha partecipato, Venezia, ha vinto la coppa Volpi e nel precedente, Cannes, Le meraviglie ha portato a casa il Gran Premio della Giuria), Laura Bispuri è invece all’esordio nel lungometraggio e quindi in un concorso di primo piano.

Come la vedi Laura al suo primo concorso in un festival internazionale?

AR: Bene. Benissimo. E’ una regista bravissima!
LB: E’ un’emozione incredibile, qui in concorso con il mio primo film. Ieri sono andata a fare le prove di proiezione nella sala grande e pensare che stasera sarà piena di persone venute per vedere il mio film… Non c’è situazione migliore per farlo vedere che questa.

Siete andate davvero fino in Albania a girare le scene di montagna?

LB: Si è tutto come viene raccontato, l’Albania è stata girata lì e l’Italia da noi

Quanto siete state in loco?

AR: Siamo stati lì 2 settimane per le riprese più una di lavoro e poi in Italia per altre 2 settimane

Tu nel film parli pure un po’ d’albanese...

AR: Si è una lingua impossibile. Ma se pensi che studiamo il greco o la matematica, sono mondi chiusi quando entri nei quali ti abitui subito. Di certo è una lingua più difficile del francese ma studiando quei suoni ti entrano dentro in fretta.

Quanto hai deciso che ti ci saresti dedicata?

AR: Tanto. Per 2 mesi l’ho studiato, basandomi sulla sceneggiatura e cercando anche di essere flessibile a sufficienza per i cambiamenti e le improvvisazioni che potevano accadere.

Stare lì ti condiziona quando reciti? In fondo il cinema per decenni si è fatto in interni...

AR: Ti condiziona moltissimo, mi ha aiutato a capire quanto sia una società lontana da noi e una cultura così specifica del nord dell’Albania, al confine con il Kosovo, che solo arrivarci ti aiuta a capire come poterla raccontare. Sarebbe stato difficile farlo rimanendo chiusi in un studio in Italia, senza nemmeno sapere di cosa parli. Mi ha aiutato molto vedere la gente, parlarci, stare in una casa in un cui è ambientata buona parte del film. E’ un mondo davvero separato dal nostro, con una povertà inimmaginabile, peggio dell’Italia del dopoguerra, perchè in più stai dove tutto è difficile: se nevica sei isolato per settimane, non hanno telefono o tecnologie ovviamente ma nemmeno il cibo, ci sono 4 materie prime di numero.

Questo spostamento da un posto ad un altro, da una provincia campagnola ad una città è il cuore del film l’hai gestito sia visivamente che tramite il sonoro...

LB: Il sound design serve ad attaccare il film alla realtà anche con un senso ruvido, stiamo molto sulla reale, seguiamo molto il personaggio in maniera quasi neorealista, così che poi siano ancora più significativi i momenti lirici di distacco.

In Italia poi Alba, oltre a sua sorella, trova sua nipote, una donna completamente diversa da lei con cui stabilisce uno stranissimo rapporto che occupa la seconda parte del film. Come ci avete lavorato?

LB: Quello tra loro due è un rapporto di liberazione a specchio. Come Mark (cioè Alba Rohrwacher) è stato sulle montagne in apnea, così Ionida (il personaggio interpretato da Emily Ferratello) vive in apnea sott’acqua facendo nuoto sincronizzato ad alti livelli. Loro si incontrano e si aiutano in questa progressiva liberazione. Ionida poi è anche il punto di vista più vicino a noi di tutto il film, quello che aiuta Mark a fare questi piccoli passaggi verso la liberazione finale e Mark dal canto suo la aiuta a capire che non è obbligata a stare in una categoria, che sia maschile o femminile, o dover essere perfetti a tutti i costi. Il film racconta il riuscire ad avere coscienza di essere se stessi.

Quello di Mark è il personaggio centrale nel suo essere donna che finge di essere uomo ma sotto sotto desiderare la femminilità. Hai spiegato quel che volevi ad Alba o avete lavorato assieme per costruirlo?

LB: Io e Alba abbiamo vissuto in simbiosi. Abbiamo cercato il personaggio in maniera millimetrica e soprattutto l’abbiamo amato tantissimo.
AR: La verità è che un uomo vero non l’avrei mai potuto interpretare ma una donna che si atteggia a uomo è un’altra cosa.

Di solito al cinema sono gli uomini che si mascherano da donne…

AR: No, non è vero! Pensa a Orlando, Boys don’t cry o l’ultimo film con Glenn Close...

Si, ma il vero classico, anche della commediaccia è l’uomo che fa la donna

AR: Si, però Tootsie è eccezionale, no una commediaccia.

Immagino sia un doppio sforzo. Devi costruire un personaggio come sempre, in più devi somigliare a qualcosa, devi essere riconoscibile come uomo…

AR: In generale tutti gli attori che ammiro, qualsiasi ruolo facciano studiano un personaggio completo a cui somigliare.

Cosa ti piacerebbe si dicesse del tuo film?

LB: Sembrerà banale ma credo che un regista debba essere “sincero”, credo che la differenza nei film la faccia quello. Io quando sento che un regista è sincero anche se sbaglia il film o delle scene mi lascio coinvolgere, sento che ci stava in qualche modo e lo salvo. Non ho fatto altro che seguire me stessa
Una cosa che mi hanno detto e che mi piace è che “un film fisico”.

Però di certo non è un film di intreccio, la storia è ridotta all’osso, giusto i flashback danno un po’ di senso della scoperta di “cosa sia successo”...

LB: Ho sempre pensato che una struttura lineare in questo film sarebbe stata sbagliata, perchè il personaggio ha una sua complessità e questo viaggio stratificato aiuta a comprenderla e gli è fedele. Per quanto riguarda l’intreccio abbiamo lavorato sui legami e sugli snodi dei personaggi perchè credo ai personaggi e agli incontri che questi personaggi fanno. Per me non manca l’intreccio.

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