Area deV #1: intervista a Breaking Bytes
Area deV: il giovane studio italiano Breaking Bytes si lancia nello spazio con Xydonia
1. La prima domanda, di rito, non poteva mancare: da dove venite? Chi siete? Dove andate? E perché vi chiamate Breaking Bytes?
[caption id="attachment_139413" align="aligncenter" width="600"] Xydonia - screenshot[/caption]
2. Siete al lavoro sul vostro primo gioco, Xydonia. Ci volete parlare un po' del titolo?
3. Il vostro è uno sparatutto vecchia scuola, difficoltà compresa. A proposito di sfida, è indubbio che col passare del tempo questa componente abbia in parte perso l'importanza che aveva tra gli anni Ottanta e Novanta. Oggi, parliamoci francamente, i giochi sono più facili. Eppure voi state realizzando un gioco difficile. Ritenete la sfida una componente necessaria, quasi connaturata all'esperienza videoludica, oppure si tratta di una caratteristica imprescindibile solo in alcuni generi? La sfida fa il videogioco, oppure no?
La sfida è una componente fondamentale, se il genere lo richiede. La mancanza o la poca attenzione verso questo aspetto nei videogiochi attuali, soprattutto mainstream, non è da sottovalutare. I game designer di oggi, che scelgono di trascurare questa caratteristica nei loro titoli, privano il giocatore di quel senso di soddisfazione che un’esperienza videoludica può trasmettere una volta completata. Nel nostro caso è una componente imprescindibile: il gioco è pensato per essere impegnativo, ma allo stesso tempo cercheremo di evitare che diventi troppo frustrante. Il nostro obiettivo è raggiungere un livello di difficoltà ben calibrato attraverso un meticoloso lavoro di design che, ci auspichiamo, invoglierà il giocatore a diventare man mano sempre più bravo. Tutto ciò va anche a favore della longevità del titolo stesso. Ritornando alla domanda iniziale, riteniamo che sia proprio la sfida a costruire il videogioco, ma soprattutto a formare il videogiocatore.
[caption id="attachment_139414" align="aligncenter" width="600"] Xydonia - screenshot[/caption]
4. Dal punto di vista estetico Xydonia è evidentemente retrò. Non sottovalutiamo però le musiche: a cosa vi state ispirando per rendere al meglio le sonorità 16-bit?
Stiamo componendo la colonna sonora del gioco (effetti compresi) sul chip del Sega Mega Drive, l'YM2612, grazie a dei tool che ci permettono di generare musica ed effetti che il sistema era davvero in grado di riprodurre. Vogliamo rievocare il sound FM dell'epoca arcade e console dei primi anni novanta, tipico proprio degli shoot ‘em up giapponesi d'annata ai quali ci ispiriamo (in particolare produzioni Technosoft, Konami, Treasure e Sega). Inoltre, il suono puramente elettronico della sintesi FM, versatile ma molto complesso ed imprevedibile, ci aiuta a conferire un tono molto futuristico e metallico alla soundtrack, che ben si sposa con la componente grafica. Si tratta di un chip sonoro spesso bastonato, proprio perché difficile da utilizzare (e lo dimostra la qualità incostante delle OST su Mega Drive, alcune strepitose e ricche, altre decisamente blande) ma siamo dell'idea che, se sapientemente programmato, potrà offrire delle sonorità ancora attuali.
5. Di industria italiana del videogioco si inizia a parlare sempre più spesso. Secondo voi che prospettive hanno, o vorreste che avessero, i dev in Italia?
È un periodo davvero fiorente per gli sviluppatori italiani: vediamo nascere ogni giorno numerosi e interessanti progetti portati avanti da grandi e piccoli team. Ci piacerebbe che l’esportazione e soprattutto la valorizzazione di questi prodotti nostrani diventasse più efficiente. Grazie alle piattaforme di distribuzione digitale adesso abbiamo sicuramente più voce in capitolo in ambito internazionale, ma non è abbastanza. Molto spesso chi è alle prime armi, con tanto entusiasmo e speranze in un progetto, si ritrova davanti un muro di burocrazia. Speriamo che con la crescita dell’industria videoludica italiana queste barriere possano essere ridimensionate.
[caption id="attachment_139415" align="aligncenter" width="600"] Xydonia - screenshot[/caption]