6 cose su Perfect Days che abbiamo scoperto intervistando Wim Wenders
Durante l'intervista che Wim Wenders ha fatto con la stampa italiana sono emerse 6 questioni sulla lavorazione di Perfect Days
In occasione dell’uscita in sala, questa settimana, di Perfect Days, abbiamo incontrato insieme ad altri giornalisti il suo autore, Wim Wenders, per un'intervista via Zoom. Durante la lunga conversazione Wenders, da quella che sembrava casa sua, sorseggiando té, ha risposto alle domande e ha raccontato molto di come il film è stato fatto.
1. L’idea centrale del film è quella di “bene pubblico”
“Il bene comune è qualcosa che tutti conosciamo, viene dal principio secondo il quale ognuno è parte di una società e che possediamo delle cose insieme, come strade, parchi o altre istituzioni che teniamo insieme e di cui godiamo tutti nella stessa maniera. Il bene comune è una grande nozione e penso che abbiamo tutti notato che durante la pandemia e dopo la pandemia l’idea del bene comune abbia sofferto Quando ne siamo usciti nelle strade e nelle vite ordinarie l’idea "ognuno per se stesso” era più grande di quella di “ognuno per gli altri”. Quando sono venuto a Tokyo, ho realizzato che le persone di Tokyo anche se hanno avuto il lockdown più lungo di tutti, ne sono usciti con molto più rispetto del loro bene comune, c’era più un senso del bello. Qui a Berlino alla fine della pandemia il piccolo parco vicino a dove abito è stato devastato e ci siamo abituati a vedere scooter ovunque. In Giappone ho visto l’opposto, per questo ho pensato che fosse un tema importante e ho colto l’occasione per farci un film”.
2. Koji Yakusho era già un punto di riferimento per Wim Wenders e non aveva una lingua comune per parlarsi
“Lo conoscevo per aver visto Shall We Dance e Babel, mi è sempre piaciuto e poi ho recuperato tutti i suoi film. Secondo me è uno dei più grandi attori del mondo. Quando ho pensato a questo personaggio di dipendente pubblico l’ho scritto con in mente lui, anche perché aveva già aderito a fare il film. Ci siamo sempre parlati tramite un interprete, cosa che non è comoda quando sei sul set, quindi ci siamo anche abituati a intenderci con piccoli gesti o con gli occhi, e ogni tanto con il linguaggio del corpo. Dopo un po’ abbiamo cominciato a comprenderci così bene che alla fine mi bastava un gesto per aggiustare una scena. Ma del resto lui è diventato così tanto il personaggio che non c’era nemmeno bisogno di aggiustamenti. Avevo l’impressione di stare facendo un documentario su un personaggio di finzione”.
3. Un film pensato per essere girato con semplicità
“Se faccio un film su qualcuno che ha ridotto la sua vita a ciò di cui ha bisogno, allora devo fare la stessa cosa per filmarlo. Abbiamo girato tutto dalle spalle del mio direttore della fotografia, tutto macchina a mano senza bracci, gimble o carrelli, tutto fatto da Franz [Lustig ndr]. Questo ha di molto ridotto le nostre possibilità, abbiamo girato con poca luce e composizioni molto semplici, un 4:3 vecchio stampo, come i film di Don Camillo e Peppone (ride) e ovviamente come quelli di Ozu. Mi pareva che la sua vita e il suo appartamento semplice entrassero bene in questo tipo di inquadratura, anche perché così si vede il pavimento, che è importantissimo se il suo lavoro è pulire i bagni”.
4. La musica che ascolta il protagonista è quella che ascolta Wenders
“In quel piccolo van che abbiamo preso per le riprese effettivamente c’era il mangiacassette e quando abbiamo capito che il protagonista era uno che vive con poco e ricicla le cose, una persona che solo quando ha terminato un libro ne compra un altro per la settimana successiva e lo stesso fa con i rullini, allora era chiaro che avrebbe usato anche vecchie cassette. Subito ho inserito il fatto che le ascoltasse in sceneggiatura e ci ho messo delle canzoni che mi parevano belle da ascoltare. Certo non potevo imporre il mio gusto al personaggio, quindi ho chiesto a Takuma [Takasaki, co-sceneggiatore ndr] che ne pensasse di quei brani e lui mi ha risposto: “Wim quando eravamo giovani qui ascoltavamo la stessa musica che ascoltavi tu. Non temere”. Così ora ci sono le canzoni che piacciono a me, praticamente ho fatto una compilation, come se ne facevano all’epoca, la mia compilation per Hiroyama [il protagonista del film ndr]. Solo quando abbiamo iniziato la fase di riprese ho realizzato che in Giappone c’è tutto un ritorno dell’audiocassette culture, nei negozi si possono comprare nastri vergine anche a 120$ (cosa che abbiamo messo nel film)”.
5. Le sequenze di sogno non le ha girate Wim Wenders
“Il film lo abbiamo girato in 17 giorni di cui 16 al lavoro con il nostro attore, è stata una realizzazione molto veloce. Solo alla fine, con la crew, ho realizzato di non aver avuto il tempo di girare elementi per i sogni. Così ho guardato Donata [la moglie di Wim Wenders ndr] che come sempre è con me a fare le fotografie sul set dei miei film, perché mi piace come è sempre presente vede la giornata e ne possiamo parlare ogni sera, e ho realizzato che avevo già la persona perfetta per prendersi cura di questi sogni. Lei aveva una sua piccola troupe con un location scout giapponese e si è anche montata le sequenze di sogno da sé. Insomma sono una sua creazione”.
6. Come mai il film di un autore tedesco, co-prodotto con la Germania, è stato scelto per rappresentare il Giappone agli Oscar
“Sono fiero di rappresentare il Giappone, anche se è inusuale. Quando me l’hanno comunicato sono rimasto un po’ scioccato perché è abbastanza una responsabilità per me, ma poi ho capito perché l’hanno fatto. Non è certo l’unico film giapponese che si è fatto notare nell’annata, ce ne sono stati sia a Venezia che a Cannes, ma Perfect Days è stato scelto per il suo protagonista, lui è così un eroe ed è così amato che hanno mandato lui. Io sono la sua spalla”.
Sei d'accordo con quello che dice Wim Wenders in questa intervista riguardo Perfect Days? Scrivicelo nei commenti!