1984, Rosa Diletta Rossi sulla serie originale Audible: "Un'esperienza unica che mi ha arricchita come attrice"

L'attrice Rosa Diletta Rossi ha dato voce a Julia in 1984, una serie originale Audible tratta dal romanzo di George Orwell, ecco le sue dichiarazioni sul progetto

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Da oggi è disponibile 1984. Una serie originale Audible tratta dall’opera di George Orwell, l'adattamento scritto per l’audio di uno dei romanzi distopici più rappresentativi del XX secolo la cui versione italiana era stata presentata poche settimane fa al Trieste Science+Fiction Festival.

La serie originale italiana si inserisce nel più ampio progetto europeo di Audible di adattare un classico della letteratura mondiale all’audio e segue il successo della versione inglese, che ha visto il coinvolgimento di attori come Andrew Garfield nel ruolo di Winston, Cynthia Erivo in quello di Julia, Andrew Scott (O'Brien) e Tom Hardy (Grande Fratello).

L’adattamento per l’audio è opera dello scrittore candidato all’Oliver Award Joe White che ripropone la storia ambientata in un mondo distopico in cui sesso e amore sono proibiti, con al centro Winston e Julia che sono gli ultimi amanti sulla Terra.

Fanno parte del cast italiano il David di Donatello Eduardo Scarpetta, nel ruolo del protagonista Winston, l'attrice Rosa Diletta Rossi, che presta la voce a Julia. Adriano Giannini interpreta il seducente, misterioso e pericoloso O'Brien, mentre il giornalista Stefano Nazzi dà voce al celebre Grande Fratello. Insieme ai quattro protagonisti, oltre 30 voci di attrici e attori completano il cast della serie, mentre la colonna sonora è stata composta da Matthew Bellamy, cantautore, chitarrista e frontman dei Muse, e il pluripremiato compositore Ilan Eshkeri, ed è stata eseguita dalla London Metropolitan Orchestra negli studi di Abbey Road. La produzione è accompagnata da un tappeto sonoro inquietante e coinvolgente ed è prodotta, per la prima volta nel catalogo italiano, in Dolby Atmos.

In occasione del lancio del progetto abbiamo avuto modo di parlare di 1984 con Rosa Diletta Rossi, l'apprezzata e amata attrice protagonista di spettacoli teatrali, film e serie tv apprezzate come L'ora del diavolo, Fortunata, Mia Madre, Sorelle e Suburra - La serie.

Recentemente hai interpretato personaggi femminili complessi e molto interessanti - con progetti come Maria Corleone, Per Elisa - Il caso Claps e Folle d'amore - Alda Merini - come ti sei avvicinata alla parte di Julia, anche in questo caso così ricca di sfumature?

Tendenzialmente, anche rispetto ai ruoli che interpreto, faccio più o meno un lavoro a parte, non si confondono. Cerco di metterli in ordine nella mia testa. Quando ho letto il personaggio di Julia immediatamente mi sono venute un po' in mente le grandi donne che hanno portato avanti delle battaglie ideologiche, mi è venuta in mente Dolores Ibarruri, la Pasionaria, delle brigantesse dell'Italia che si sono opposte al regime piemontese e quindi, in qualche modo c'è questo topos letterario che è molto antico. La cosa che mi ha sorpreso tantissimo, e che ho trovato immediatamente fosse una grandissima spinta nel racconto, è il fatto di affrontare una donna che ha una grande disinibizione rispetto al proprio piacere, che non vuol dire disconoscere che quel piacere può portare a una relazione duratura e felice, ma che non può prescindere da quello. Il fatto che venga portata avanti, solo ed esclusivamente, da una donna nel racconto ci dice già quanto fosse rivoluzionaria la sua presenza, quindi è stato un viaggio super liberatorio, totalmente perché avevo tra le mani il personaggio meno costretto, che veramente giocava a due facce, ma intenzionalmente abbiamo lavorato sul fatto che mentre lei era all'interno dei propri compiti 'istituzionali' era un burattino, molto diligente, ma nel momento in cui finalmente poteva essere sé stessa era totalmente a briglia sciolte. Per me è stato davvero liberatorio.

1984 è uno dei grandi classici della letteratura, ma rimane assolutamente ancora molto attuale. Riavvicinandoti alla storia di Orwell, c'è qualcosa che ti ha colpito in particolare?

Si tratta di un romanzo che è stato scritto nel 1949 e che oggi ci parla ancora con questa grande contemporaneità, quindi fa ovviamente un certo effetto. Secondo me non potevamo, e non possiamo ancora, essere del tutto essere coscienti di molti aspetti. In questo momento, ad esempio, penso al pericolo delle nuove tecnologie che, da una parte sono di supporto e di aiuto a una mancanza di mezzi che gli esseri umani e allo stesso tempo possono farci andare incontro a un pericolo consistente perché possono veramente toglierci, banalmente, il nostro modo di sentire, di avere una percezione critica nei confronti della realtà. Se le macchine prendono il sopravvento, chiaramente, faranno tutto in maniera perfetta però a noi cosa resta? L'immaginazione… Ma se poi le macchine iniziano anche a imparare, diventano creative perché noi lo insegniamo a fare… L'umanità va all'indietro ed è forse il grande patto che abbiamo fatto con la comodità, con la volontà di costruire sempre di più un habitat confortevole. Diventa così chiaro che sia una cosa a cui dobbiamo prestare attenzione.

L'adattamento di 1984 ha delle caratteristiche molto diverse rispetto ad altri progetti audio a cui hai lavorato, cosa ti ha colpito del lavoro compiuto per proporre in modo nuovo la storia?

Avevo avuto già occasione di lavorare nel settore registrando però audiolibri che è chiaramente un flusso di coscienza, interessantissimo, un lavoro molto riflessivo… Questo è però stato un lavoro incredibilmente entusiasmante, qualcosa che non avevo mai provato prima perché mette in contatto tutti i sensi. La voce diventa il corpo che non si può vedere. Noi abbiamo lavorato, almeno io, sotto la direzione di Dario Picciau, che è stato veramente un diligentissimo Virgilio che ci ha guidato con attenzione, cura, con sotto la traccia inglese. Delle volte mi incantavo solo a sentirla, avevo voglia di stare dentro quel racconto perché costruire questo racconto così tridimensionale, con lo spazio intorno, le voci fuori campo, sentire la massa, la folla, e al tempo stesso includere un tappeto musicale che piano piano diventa più intenso… Si tratta di un'esperienza immaginifica potentissima perché tu sei lì, ma sei già in un altro posto e quel posto è tuo e basta perché è il mio posto, la mia conformazione e non quella di qualcun altro. Io vivo queste suggestioni, ma non le condivido dal punto di vista visivo con gli altri. L'esperienza è stata totalmente immersiva nel senso che la tecnologia ti permette di costruire un immaginario potente, era qualcosa che amplifica i sensi, quindi è stato molto interessante.

1984

Fare questa esperienza ti ha insegnato qualcosa che pensi ti sarà utile anche come attrice in progetti di altro genere?

A me è piaciuto davvero tantissimo. In realtà è stato di grande supporto al mio lavoro perché in qualche modo siamo interpreti, attori, e lo siamo in qualsiasi ambito in cui ci ritroviamo a rappresentare, ma con tecniche e modalità diverse. Questa è una modalità che io ho sperimentato per la prima volta, sono estremamente incuriosita, molto affascinata, sento che ha arricchito il mio lavoro, anche sulla presa diretta, sul lavoro audiovisivo: imparare a raccontarsi, a dare corpo soltanto alla voce è come dire fare affidamento su quello strumento, non soltanto su quello che si vede. Mi sento davvero arricchita da questo tipo di esperienza, penso che anche la fortuna di questo tipo di lavoro sia data dal fatto che gli attori possono dare qualcosa in più. Possono riceverlo, ma anche darlo: anche banalmente delle sporcature, un po' di tridimensionalità, non c'è una perfezione, ma è proprio quell'imperfezione che costruisce un racconto vivo, vivace, attivo.

1984 è stata presentata in anteprima al Trieste Science+Fiction Festival, che tipo di rapporto hai con il genere della fantascienza?

Ho un rapporto quasi zero con la fantascienza, non so perché non ha mai attecchito realmente nel mio immaginario. I visori, ad esempio, fanno un po' paura, perché temo di perdere il contatto con la praticità delle cose. Per me è quindi tutto un argomento nuovo, è da scoprire. Non sono cresciuta con questo tipo di universi. Le realtà distopiche, che hanno invece un po' più a che fare con la filosofia, mi interessano già di più. Tutto quello che si avvicina a un orientamento più filosofico mi interessa molto. Non che la fantascienza non lo sia, ma la conosco poco. Mi piace partire dal contemporaneo per arrivare in una dimensione che non è stata esplorata, ma dove ci sono tutti i caratteri dell'essere umano, tutta la fallibilità dell'uomo.

Dopo delle esperienze professionali così diverse tra loro, c'è un tipo di personaggio che vuoi interpretare?

Personalmente mi piace avvicinarmi a personaggi che non hanno nulla a che fare con me, se li sento troppo vicini devo fare un lavoro per togliermi qualcosa e avvicinarmi a loro. Un personaggio come quello di Julia lo sento in qualche modo nel temperamento e mi diverto moltissimo a interpretarlo perché solo l'idea di pensare a un mondo in cui non si possono avere relazioni, cose di quel tipo, è qualcosa a cui speriamo di non arrivare mai!

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