White God, la recensione
Troppo determinato ad abbracciare tanti generi diversi e decisamente troppo serioso per la propria trama White God affonda anche le sue sparute buone idee
Come fosse un film adolescenziale, White God cerca di aggiornare il mito di Lassie, quello di un cane e la sua piccola padrona contro il mondo, come se fosse determinato a celebrare la fedeltà canina al di là di tutto, la povera bestia abbandonata contro il volere della padrona che vive mille avventure per poi tornare clamorosamente a casa. Invece non è così. Il film cambia radicalmente genere nell'ultimo atto e diventa una paradossale guerra.
Troppo infantile per essere davvero credibile nella sua svolta horror, troppo naive nel manipolare la suspense, la paura e il sangue per impressionare. Pieno di piccoli stimoli ed ottime idee, White God non le concretizza davvero mai. L'esempio migliore è quello dell'immagine, molto usata nella promozione, della città deserta e dell'orda di cani intorno all'unico essere umano, un'idea fortissima ma che vive da sola, senza riuscire mai a creare un'armonia con il resto del film. Nel film insomma non c'è una vera storia di amicizia e fedeltà, nè una vera storia di ribellione e violenza, non c'è l'insopprimibile desiderio di libertà nè l'affetto di una ragazza contro tutti.
I suoi momenti peggiori invece, e non sono pochi, li tocca ogni qualvolta tenta di dare serietà alla parabola del cane e della padrona. Avesse avuto il coraggio di un tono ironico forse White God sarebbe riuscito ad essere più serio di quanto non lo sia in realtà in questa maniera.