Venezia 74 - Madre!, la recensione
Puntando altissimo Madre! raggiunge il minimo dei risultati nonostante un dispiegamento di forze e tecnica impressionanti
In questo film tutto primi piani in cui per la prima metà c’è il lavoro minimo sull’immagine, ma massimo sul sonoro (quello sì magistrale) e sul suo ruolo nella comprensione di ciò che accade, una coppia che abita in una casa di campagna (per aiutare lui a trovare l’ispirazione per le sue poesie) riceve la visita di qualcuno, uno sconosciuto che, di evento in evento, porterà con sé altra gente fino a che tutti perdono il controllo.
Forse.
Addirittura Mother! è così denso di riferimenti ed eventi diversi, fa così tanto appello (nella seconda parte) a tanti tipi diversi di immagini a noi note, da rimandare in certi punti alla Bibbia (suggerita non solo dalla generazione di una nuova vita ma anche da alcuni elementi portati in dono, vassoi, frutta, calici…) oppure all’immigrazione. Specie quest’ultimo dettaglio spiega bene quanto Mother! sia esagerato e delirante a tratti, delirante fino a sembrare il più grande film involontariamente anti-immigrazione mai visto. E di certo il suo impianto metaforico molto semplice non lo aiuta (lo scantinato sede dell’inconscio, il diamante simbolo di una purezza desiderata da tutti ma fragilissima…) come non aiuta il fatto di puntare a suscitare un potente senso di fastidio nello spettatore.
Mother! è un piccolo fallimento magnifico, in grande stile sia per intenti e che per realizzazione, ma troppo vago e allusivo nei momenti chiave per rimanere in piedi. Troppo indeterminato, privo di reale ispirazione o della coerenza utili a creare quel contrasto tra un potente disagio e una strana palingenesi a cui tanto anela. Il primo (il disagio) è forte è chiaro, è la sensazione che questo regista sa creare meglio, invece la seconda, l’esigenza di costruire e di stare insieme, il bisogno di un altro al netto delle frustrazioni e delle incomprensioni è molto più vago e affidato al buon cuore di uno spettatore probabilmente imbufalito.