The Happy Prince, la recensione
Buttato via appresso ad un'assurda e velleitaria voglia di poesi a tutti i costi, The Happy Prince aveva le carte in regola per essere un buon film
Questo film compiaciutissimo e autocommiserevole non ha tanto il fine di raccontare una storia ma più quello affiancare momenti più o meno miseri dell’ultima parte della vita di Oscar Wilde, per mostrare la punizione che ha dovuto subire (e che subivano allo stesso modo molti altri) per essere stato anticonvenzionale ed edonista come ci viene tramandato. Ne abbiamo sempre sentito raccontare il lato spavaldo, anticonformista e di successo, per la prima volta vediamo cosa tutto questo ha comportato.
E soprattutto stupisce l’interpretazione di Rupert Everett che svicola le scelte più facili e non è mai macchiettistico, anzi dona una caratterizzazione molto credibile ed autentica al protagonista. Peccato quindi che The Happy Prince faccia della sofferenza una missione e che intenda mostrare l’accanimento della società sulla stessa persona che prima applaudiva, con un sadismo e un compiacimento che allontanano invece che avvicinare, che somigliano più ad una captatio benevolentiae che ad un onesto racconto.