The Acolyte - La seguace 1x08 (finale di stagione) - La recensione

La recensione dell'ottavo episodio di The Acolyte – La Seguace, disponibile su Disney+ da mercoledì 17 luglio 2024.

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La recensione dell'ottavo episodio di The Acolyte – La Seguace, disponibile su Disney+ da mercoledì 17 luglio 2024.

Giunto al termina della sua cavalcata, The Acolyte – La Seguace aveva molti fili da chiudere e anche un “recupero di slancio”, dopo due episodi che avevano fatto il loro dovere dal punto di vista dell’approfondimento e dell’esplorazione dei personaggi ma avevano rallentato il ritmo narrativo. Anche se alla fine della storia restano ancora vari punti in sospeso (tenendosi il classico spiraglio aperto per una potenziale seconda stagione), c’è anche un soddisfacente senso di chiusura per quelle che sono state le vicende principali di questo primo arco narrativo. Possiamo quindi finalmente tirare le somme non solo dell’episodio in questione, ma anche dare uno sguardo retroattivo che ci permetta di valutare meglio la storia nella sua interezza alla luce delle rivelazioni finali.

Chiusura e Completamento

Per dirla all’americana, The Acolyte “sticks the landing”, porta l’aereo a terra con successo per quello che riguarda la vicenda principale di Mae e Osha, delle colpe dei quattro Jedi di stanza su Brendok e dello Straniero. L’episodio finale riesce a fare ordine con quello che restava in sospeso in modo chiaro, a volte forse perfino didascalico, ma coerente con la natura dei personaggi e degli eventi passati. Nel dettaglio:

  • Si chiude la triste storia di Sol, che resta il personaggio-simbolo del tramonto dell’Alta Repubblica sia nel bene che nel male, travolto da convinzioni e passioni eccessive, e impossibilmente dilaniato tra la consapevolezza dei suoi errori e la credenza di avere comunque fatto le cose giuste. La chiusura della sua storia con la morte per mano di un’Osha che cede al lato oscuro ha il sapore delle tragedie classiche. E un applauso particolare va a Lee Jung-jae, che ha saputo incarnare ed esprimere tutti gli aspetti contraddittori del Maestro Jedi nella sua caduta finale.

  • Si conclude, e anche in questo caso c’è un buon equilibrio tra prevedibilità e originalità, il destino delle due sorelle, che finiscono per ‘scambiarsi di posto’: un’Osha incamminata sul sentiero oscuro accetta di farsi istruire da Qimir, mentre una Mae sottoposta ad amnesia si ritrova affidata ai Jedi (uno ‘scambio dei ruoli’ molto simile a quello dei fratelli Bug e Tomcat visto nella serie a fumetti Legends Jedi vs. Sith).

  • Sono “salvi” anche gli equilibri di continuity e di consapevolezza della galassia che tanto avevano turbato l’animo dei fan più intransigenti con il timore che la rivelazione dei Sith anticipasse di un secolo quella tradizionale che conosciamo in Episodio I: con i ricordi di Mae cancellati, Vernestra che decide di infangare la memoria di Sol per salvare l’Ordine Jedi da scandali e ispezioni e un discepolo che ha tradito l’ordine, ce n’è più che abbastanza per non contemplare un ritorno dell’ordine dei Sith, anche se noi spettatori ovviamente ne sappiamo di più.

Questioni in Sospeso

La figura nell’ombra che si intravede nel rifugio di Qimir poco prima della partenza assieme a Osha mette sul piatto la presenza di un vero Sith (quasi certamente la figura di Darth Plagueis che conosciamo dalle parole di Palpatine in Episodio III) e forse lo collega (nel passato o nel futuro).
Abbiamo dei trascorsi da approfondire tra Vernestra e Qimir (che quindi era suo apprendista e si è votato al lato oscuro successivamente) e la fugace entrata in scena di Yoda nelle scene finali è ambigua quanto basta da far pensare che, pur non essendo ancora entrati in pieno stato d’allerta, i Jedi vogliano comunque approfondire quanto accaduto e fare ulteriore luce sulla situazione.

Tirando le Somme

Ora che il quadro è completo, come inquadrare l’esperienza di The Acolyte? Vagliamo pro e contro di questo esperimento narrativo.

Sul piatto dei pro: The Acolyte “traduce” fedelmente sullo schermo quelli che sono i punti di forza del ciclo cartaceo dell’Alta Repubblica di cui è la diretta prosecuzione: personaggi e ambienti nuovi e originali, indipendenza narrativa, drammi e sfide estreme per l’Ordine Jedi e le forze della Repubblica, fusi come nella più classica delle tradizioni starwarsiane ai drammi e alle crisi personali e interpersonali dei protagonisti.

A dispetto dei detrattori ‘preventivi’, The Acolyte dimostra anche una gestione molto buona della ‘lore’: tra riferimenti all’universo precedente, agganci e approfondimenti di temi come la vergenza, i vari aspetti dell’Ordine Jedi e dettagli come il cortosis e il Grande Disastro Iperspaziale, è una buona dimostrazione della compattezza e della coesione narrativa che Star Wars può e deve dimostrare muovendosi in coordinazione col suo Story Group e del fatto che la libertà di narrare nuove storie non passa necessariamente per la contraddizione o la vanificazione di ciò che è venuto prima, ma anzi può beneficiarne.

Un’ultima lancia da spezzare a favore della serie è appunto il fatto che fa quello di cui Star Wars ha bisogno: sperimentare con nuovi generi, nuove epoche, nuovi personaggi e cimentarsi (magari anche correndo qualche rischio di troppo, e magari non sempre con successo completo) nell’ampliare gli orizzonti dell’universo fittizio di riferimento.

C’è spazio, naturalmente, anche per i contro. The Acolyte paga un prezzo nella sua discontinuità narrativa. È estremamente generoso nell’introdurre temi, situazioni ed eventi, al punto che a volte fatica a trovare la giusta ripartizione nei tempi narrativi e nell’importanza da assegnare a ognuno di essi. Certe tematiche introdotte di sfuggita avrebbero meritato maggiore spazio e approfondimento, mentre in certi casi traspare una ridondanza nel tornare su alcuni argomenti che potevano essere trattati più sbrigativamente (un esempio al riguardo è il doppio flashback per spiegare gli eventi di Brendok, che ‘divora’ ben due episodi, ma che riesce a essere comunque contorto o poco convincente nelle motivazioni che spingono i quattro Jedi al disastro e nello sterminio della congrega). Difficile fare ipotesi certe sulle motivazioni di queste scelte, ma un fattore che sembra ricorrente (è per esempio un problema che ha afflitto anche la serie di Obi-Wan Kenobi) è la necessità di lavorare e consegnare il prodotto finale in tempi molto stretti. Sarebbe auspicabile che nelle produzioni future showrunner e produzione si prendessero il tempo necessario per rifinire il tutto e ponderare a dovere su ogni passaggio della storia (da questo punto di vista, la lunga fase di realizzazione che Andor 2 si è concesso lascia molto ben sperare!).

Comunque sia, se osservata con sincerità e con occhio sufficientemente distaccato, nell’esperienza di The Acolyte i pro sopravanzano i contro. L’esplorazione di una nuova era temporale, le personalità e le dinamiche tra i personaggi e un’ottima gestione delle scene d’azione fanno della serie un prodotto godibile, forse in qualche momento frustrante, ma in molti altri momenti divertente e appassionante. C’è spazio per migliorare, ma alcuni semi hanno già dato frutto e altri, con qualche correzione di tiro in fase di produzione, potrebbero darne ancora. Scopriremo insieme se il passato di Star Wars ha un futuro!

Trovate tutte le informazioni su The Acolyte – La seguace nella scheda.

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