Skyscraper, la recensione
Meno compatto dei precedenti catastrofici con The Rock, Skyscraper perde tempo all'inizio ma recupera nelle parti più dinamiche grazie al carisma
Riciclatosi come esperto di sicurezza dopo essere miracolosamente sopravvissuto all’incidente iniziale, il protagonista Will Sawyer è chiamato a vagliare l’efficienza dei sistemi del nuovo grattacielo più alto del mondo, ad Hong Kong. La sua famiglia è con lui ma dopo il buon esito del test, un gruppo paramilitare misto occidentale ed orientale sferra un attacco mirato a dare fuoco a tutta la costruzione disabilitando i sistemi antincendio. Unici inquilini: il costruttore all’ultimissimo piano e la famiglia Sawyer. Il padre, fuori dall’edificio al momento dello scoppio dell’incendio e ingiustamente accusato di averlo provocato, dovrà salire là dentro e tirare moglie e figli fuori dall’inferno di cristallo tutto da solo contro i terroristi.
Di certo più a suo agio tra le macerie di San Andreas, contro animali giganti o al centro della Terra, The Rock qui sacrifica un po’ di durezza e un po’ dello statuto di uomo da combattimento per avvicinarsi un po’ più all’ordinary man. L’impresa è come sempre vana (ordinario lui?! con quel fisico?!?) e nonostante Skyscraper sia indubbiamente divertente e riuscito ha delle ambizioni smodate di film d’affetti famigliari, di storia di persone comuni in situazioni straordinarie quando in realtà è una storia di supereroi senza poteri in una situazione straordinaria.Sorprende trovare Neve Campbell nel ruolo della moglie d’azione (ma mai quanto il marito, sia chiaro) ed è un piacere constatare che Pablo Schreiber continua una meritata carriera da villain, ma in un film simile sono satelliti intorno al monumento che regge tutto, cioè il fisico di The Rock. E lo è anche il palazzone immaginario da 220 piani.
I trailer già hanno spoilerato i momenti più clamorosi e le trovate d’azione più allucinanti della scalata e questo non deve meravigliare. Il blockbuster catastrofico con Dwayne Johnson è talmente un genere a sé che serve anche a poco mantenere suspense o caricare di enfasi gli stunt (digitali) più clamorosi. Anche nel film sono percepiti come naturali senza che questo gli levi divertimento (forse un po’ di sorpresa), perché da sempre il punto di un film con The Rock non è scoprire se trionferà ma vederlo dominare.Detto questo, un finale che cita La Signora di Shanghai (o forse qualche altro film che a sua volta citava Orson Welles) fa sorridere per ingenuità.