The Raven, la recensione
Senza il coraggio di inventare un nuovo '800 gotico per il cinema, e senza la volontà di perseguire il lavoro in materia fatto da altri, James McTeigue gira un film senza personalità...
Quella diThe Raven poteva essere una rilettura in stile Sherlock Holmes di Guy Ritchie o (forse più appropriato) in stile From Hell, invece James McTeigue, che pure di fumetti al cinema s’intende, rigetta quella matrice e gira una storia fantastorica senza fumettismi ma anzi con la pretesa di tracciare una versione possibile, per quanto avventurosa, di Edgar Allan Poe.
Ovviamente tutta la questione del film è far vivere ad Edgar Allan Poe una storia da Edgar Allan Poe, in cui l’orrore sia declinato in chiave gotica (cimiteri, fogne, fumo, interiora...) e lentamente la follia si impadronisca dell’eroe che in questo modo non diventa mai tale.
Per quanto possa sembrare puerile l’idea, un Poe avventuroso (e ovviamente tormentato) poteva essere uno stimolo interessante, specie per come viene introdotto: vanitoso, in totale decadenza, noto presso un certo tipo di pubblico ma incapace di essere all’altezza di se stesso e, soprattutto, disposto a tutto per soldi (cioè per alcol). Invece quello che John Cusak si trova a dover portare sullo schermo diventa in pochi minuti un antieroe come molti, che rifugge il conflitto fino a che non è costretto ad affrontarlo e non brilla per alcuna caratteristica.
Allo stesso modo del suo protagonista nemmeno The Raven brilla per alcuna caratteristica particolare. Non è un giallo interessante, nemmeno un thriller, non ha una visione dell'ottocento avventuroso che sia intrigante, di certo non spaventa nè affascina con l'evocazione di paure inconsce e soprattutto non costituisce una versione cinematografica dell'universo di Poe. Pensare di portare uno dei più grandi poeti e narratori del gotico e del disturbante in un film per tutta la famiglia, specialmente indicato al pubblico dei giovani adulti, è insomma una contraddizione in termini.