My Time at Portia, la più operosa delle simulazioni di vita - Recensione

Fare, fare e fare: la recensione di My Time at Portia

Un giorno troverò qualcosa di interessante da scrivere qui dentro.


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My Time at Portia è probabilmente la più impegnativa delle simulazioni di vita, intendendo con l'aggettivo non le difficoltà rappresentate dall'impianto di gioco ma la quantità, soverchiante, di cose da fare e da tenere a mente, perché il gioco di Pathea Games offre una serie di attività estremamente varia, ognuna delle quali interessanti e con il proprio peso specifico nell'economia complessiva dell'esperienza, ma ha comunque nel crafting il suo cuore, e crafting significa materiali da reperire, trasformare, raffinare, combinare, per creare oggetti, ma anche nuovi strumenti, e accedere così a nuove lavorazioni, creando un circolo virtuoso. Per definirlo in una sola parola non useremmo rilassante, il termine che solitamente più si abbina al genere di appartenenza, piuttosto operoso.

I primissimi momenti ricordano un qualunque Harvest Moon (o Story of Seasons, a seconda che siate fan della prima ora o più recenti della serie), con un'attività da rimettere in piedi. Se nella serie giapponese si tratta sempre di una fattoria, qui è la bottega da artigiano del padre del protagonista (personalizzabile a proprio piacimento, non con molte opzioni in verità), che al momento della presa di possesso consterà solo di una casetta mezza sfasciata e di un piccolo cortile, ma che nel corso del tempo si espanderà con una serie sbalorditiva di macchinari e altri oggetti non strettamente inerenti alla realizzazione di materiali e alla costruzione di nuovi strumenti da lavoro. È già dall'inizio quindi che è esplicita la natura della produzione, nella quale fare, fare e fare, certo, secondo i propri ritmi, anche in un'ambientazione serena, che non spinge alla produttività isterica, ma secondo meccaniche di gioco incalzanti, quasi inesorabili.

[caption id="attachment_193057" align="aligncenter" width="2560"]My Time at Portia screenshot Solo una piccola parte dei macchinari presenti nel gioco[/caption]

Quanto è distante la concezione del lavoro videoludico dei ragazzi cinesi di Pathea Games da quella di Yasuhiro Wada, il creatore di Harvest Moon. Forse è per una questione culturale, forse in My Time at Portia si riflette almeno qualcosa della straordinaria operosità del popolo cinese, e in realtà il paragone è sostenibile solo nelle meccaniche di gioco, perché la serie giapponese ha sempre nascosto sotto le molteplici attività legate alla vita da fattore una vera e propria filosofia di vita, un inno alla semplicità e alla genuinità, un messaggio che nel gioco manca. Rimane il fatto che, all'atto pratico, chiede al novizio artigiano una dedizione assoluta, che inizia con la raccolta dei materiali più comuni (legname, pietra, minerali comuni grezzi), passa attraverso la costruzione degli strumenti da lavoro più basilari per raffinarli (una fornace, una sega da tavolo) e culmina con l'accesso a materiali e strumenti migliori.

"in My Time at Portia occorre costantemente tenere a mente quale strumento da lavoro produca cosa, le risorse necessarie per farlo (sempre molte) e, soprattutto, il tempo impiegato per raffinarle"Il copione sembra lo stesso di altre simulazioni di vita simili, di fatto lo è solo nella forma, la sostanza è differente, perché in My Time at Portia occorre costantemente tenere a mente quale strumento da lavoro produca cosa, le risorse necessarie per farlo (sempre molte) e, soprattutto, il tempo impiegato per raffinarle. Ogni macchinario infatti necessita di ore per produrre qualcosa, il che non è un problema quando si deve semplicemente cucinare un pasto, inizia a esserlo quando, ad esempio, occorrono decine di barre di un determinato minerale, in tal caso la fornace dovrà ardere per più di un giorno intero (un'ora nel gioco corrisponde a un minuto nella realtà). Nel mentre si potrà andare in giro a raccogliere materiali, intrecciare relazioni con gli abitanti del villaggio, rilassarsi pescando o mettere in cantiere un altro progetto, ma non ci vorrà molto per arrivare al momento in cui si dovrà schizzare da un macchinario all'altro: “le tavole di legno sono pronte”, “perché stamattina non ci sono tutti i blocchi di rame? Oh no, il combustibile si è esaurito nottetempo” (sì, ogni strumento da lavoro va alimentato), “ho messo il fertilizzante alle coltivazioni?”, “ricontrolliamo i materiali per questo progetto: dunque, quattro piastre di bronzo, per le quali mi servono dodici barre, quindi ventiquattro minerali grezzi, tre stoffe, quindi sei pellami da mettere nella concia, cinque tavole di legno duro, ok mi servono venti pezzi, ah no l'ascia che ho non è in grado di tagliare gli alberi più tosti, quindi devo migliorarla, oddio ce li ho i materiali?”. E questo per un progettino da niente, una pensilina dell'autobus.

My Time at Portia screenshot

Il fattore tempo chiede al giocatore una concentrazione e una pianificazione costanti, è vero che nessuno ci corre dietro, che il gioco non tiene conto, nella realizzazione dei progetti che segnano l'avanzamento della piacevole storia che gli fa da contorno, del tempo impiegato, ma sono le meccaniche a imporle. La vita a Portia è tutto fuorché rilassante, per fortuna c'è una componente tecnica che la addolcisce, con i suoi colori accesi, con personaggi simpaticissimi e ben realizzati, con melodie che, per quanto ripetitive, scandiscono mollemente il passare delle ore. E c'è, a mettere in scena quanto si vede su schermo, una direzione artistica originale, che non si rifugia nel bucolico più tradizionale, ma sperimenta stuzzicanti commistioni con rovine tecnologiche ed evocative strutture post-apocalittiche. Peccato che il confezionamento non sia perfetto, tra occasionali rallentamenti, problemi di traduzione e un doppiaggio ancora in fieri (alcuni dialoghi sono doppiati, altri no, alcune voci sono campionate in maniera terribile).

My Time at Portia è il gioco perfetto per i programmatori compulsivi, per gli appassionati del genere, che si ritroveranno però a fare nei primissimi mesi la quantità di cose che in altri giochi facevano molto più in là, ma è difficilmente consigliabile per coloro che non rientrano all'interno di queste due categorie. È un peccato, perché sono presenti e godibili tutte le attività che da sempre denotano la simulazione di vita, come il corteggiamento e le feste di paese, ma anche di diverse, come il combattimento e un sistema di progressione ruolistico, attraverso livelli e abilità, e c'è persino una storia, semplice, ma niente affatto banale, che scandisce la progressione e tiene insieme l'immaginario del gioco. Nonostante il gioco sia formalmente uscito dall'accesso anticipato il team di sviluppo sta continuando a proporre aggiornamenti e migliorìe, non ne occorrerebbero poi molte per renderlo un irrinunciabile classico del genere, per ora ne è solo un godibilissimo esponente.

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