Juno
Una sedicenne si ritrova incinta e decide di portare avanti la gravidanza. La pellicola vincitrice del Festival di Roma è discreta, ma conferma lo stato di crisi del cinema indipendente americano...
Recensione a cura di ColinMckenzie
TitoloJunoRegiaJason ReitmanCastMolto spesso, è facile (e anche un po' ingiusto) prendere ad esempio una pellicola per parlare di discorsi più ampi e che magari non le rendono giustizia. E' forse il caso di Juno, pellicola sicuramente molto carina, ma che porta con naturalezza a discutere dell'attuale situazione del cinema indipendente americano.
Il tutto è accompagnato da un cast notevole, anche se l'impressione è che si potesse sfruttare un po' meglio (ma Jennifer Garner è una piacevole sorpresa). Per quanto riguarda la storia, ci sono delle svolte interessanti (come l'evoluzione della coppia di trentenni benestanti), ma anche dei momenti poco convincenti. Possibile che una gravidanza venga accettata dai genitori così rapidamente, come se fosse un banale piercing sulla lingua? E forse, in tutta questa apparente ribellione, la trama è in fondo molto edulcorata. Le famiglie possono essere molto diverse (ed è sempre più difficile capire cosa sia esattamente quella tradizionale) e i personaggi un po' sopra le righe, ma alla fin fine l'amore ci unisce tutti. Messaggio positivo, per carità, ma non certo particolarmente originale.
Ed ecco il problema generale. Per chi è cresciuto negli anni ottanta e novanta con il cinema indipendente di Sam Raimi, dei fratelli Coen, di John Sayles e di Jim Jarmusch, per poi proseguire con Quentin Tarantino, Todd Haynes, Gus Van Sant e tanti altri, risulta fastidioso vedere come dal Sundance ormai emergano solo dei prodotti che sembrano studiati a tavolino per essere distribuiti da una grande major e accontentare un ampio pubblico. Possibile che Juno (o Little Miss Sunshine, che comunque era più convincente) siano i lavori migliori del cinema indie a stelle e strisce? Per fortuna che ci sono i documentari...