Himizu - la recensione
[Venezia 2011] Giapponesi contro giapponesi, il devasto di Fukushima si rispecchia nella disperazione di ragazzi iperbolicamente vessati dai genitori della società.
Sion Sono era già a Venezia anche l'anno scorso, nella sezione Orizzonti, con Cold Fish, opera che non convinse tutti. Ora torna, in concorso, con Himizu, film che rielabora con lo stile allusivo e delirante di Sion Sono il dramma di Fukushima.
Se, per esempio, il patibolo con cappio meticolosamente preparato e addobbato con luci natalizie che i genitori preparano docilmente per liberarsi della figlia è uno tra i simboli più forti mai visti del senso di castrazione di una generazione da parte di quella precedente, e il continuo ripetersi senza sosta di atti violenti contro i protagonisti parla abbastanza chiaro, la deriva folle pare più scontata e meno efficace.
Privo della dimestichezza con la violenza umiliante di uno Tsukamoto ma dotato di molta più leggerezza Sion Sono pare non metterla a frutto nemmeno questa volta e Himizu appare come l'ennesima promessa non mantenuta.