Heartstopper (seconda stagione), la recensione
La seconda stagione di Heartstopper somiglia tristemente a una to-do list di inclusività, pattinando su una superficialità color confetto
La nostra recensione della seconda stagione di Heartstopper, disponibile su Netflix
La domanda sorge spontanea: questo prosieguo, destinato certo a un successo pari a quello del primo arco di episodi, pulsa con il vigore dell'amore giovane o arranca col cuore fiacco di un sessantenne fuori allenamento? Chiariamolo da subito: rispetto a quanto visto nella stagione d'esordio, Heartstopper non devia neanche per un secondo dal tracciato. Chi si è stracciato le vesti dinanzi al trionfo di saccarosio dei primi episodi, troverà qui pane (pardon, zucchero) per i suoi denti. Tutto bene, quindi?
Troppo zucchero
Come prevedibile, la storia d'amore (un po' segreta, un po' no) tra Charlie e Nick è al centro dell'attenzione in queste nuove puntate. Un legame toccante, accattivante e, nei suoi momenti migliori, evocativo della tenera innocenza della gioventù, quando un'infatuazione di qualche mese sembra destinata a durare per sempre. Inoltre, gli alti e bassi del coming out di Nick con amici e famiglia forniscono alla serie un solido scheletro su cui costruire le storie secondarie.
Al rapporto tra Tao (William Gao) ed Elle (Yasmin Finney), così come a quello tra Tara (Corinna Brown) e Darcy (Kizzy Edgell), viene concesso un ampio spazio all'interno della stagione. Tuttavia, per quanto lo spettacolo eccella nel dipingere i suoi personaggi con il pennello dell'amore giovane, spesso sprofonda la narrazione in una palude stucchevole. Troppa, troppa dolcezza, esaltata da una colonna sonora onnipresente, fatta di brani che, dopo un paio di episodi, sembrano tutti uguali tra loro. Nel tentativo di presentare la love story perfetta, la serie a volte perde presa sulle dure realtà che rendono l'amore un viaggio così complesso.
Una rosea superficialità
Nel suo ossessivo tentativo di includere più carne possibile sulla propria mielosa brace, Heartstopper presenta qui temi più ampi, come i disturbi alimentari e l'autolesionismo, spesso oscurati dalla storia d'amore centrale. Dilemmi cruciali nella vita di molti giovani (e non solo), che meriterebbero un campo d'azione più ampio e un'esplorazione più profonda. Tuttavia, echeggiano come note di sottofondo flebili in una composizione che avrebbe potuto essere una sinfonia, affastellate sul capo di un unico solista (Charlie).
Personaggi come Elle, che raggiunge traguardi notevoli, sembrano scomparire dietro il sipario troppo dolce della storia d'amore principale. Il percorso creativo della giovane, il modo in cui la sua arte sia espressione della sua identità... Tutto scompare di fronte alla ridondante reiterazione di situazioni sempre identiche a se stesse: i baci a fior di labbra in una camera di Parigi non differiscono in nulla rispetto a quelli che hanno popolato gli spogliatoi sportivi, le aule deserte o le camerette ancora arredate come se appartenessero a bambini reduci da una gita a Disneyland. La serie vacilla sull'orlo dell'esplorazione di archi narrativi seri e avvincenti, ma esita a immergersi nelle profondità di quelle narrazioni in favore di un terreno già debitamente descritto nella prima stagione.
Heartstopper's list
Un aspetto che merita una riflessione più approfondita è il modo in cui la serie tratta l'inclusività all'interno della comunità LGBTQ+. Heartstopper sembra abbracciare ogni singolo spettro dell'arcobaleno, presentandolo però quasi come una lista di cose da fare anziché un'esplorazione autentica e ponderata. A ribadire l'importanza della rappresentazione, c'è però una sottile differenza tra includere per il puro senso di inclusione e tessere queste identità in una trama che le esamini realmente.
La storia di Isaac (Tobie Donovan), scopertosi asessuale nell'arco di una conversazione di dieci secondi, è piuttosto emblematica in tal senso; il rischio è che questi personaggi possano apparire come simboli piuttosto che individui tridimensionali, perdendo l'opportunità di mostrare le loro esperienze uniche e autentiche. La stagione lascia un senso di insoddisfazione in questo senso, una promessa non mantenuta di un dialogo più profondo e di una comprensione più autentica delle diverse sfaccettature dell'amore e dell'identità.
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Battiti rallentati
Nonostante il suo successo mondiale, Heartstopper si conferma un prodotto tanto vivificante quanto, ironicamente, tiepido. La sua storia d'amore principale è sia il suo punto di forza che di debolezza, e crea una melodia allettante ma suonata fino all'inflazione. Sebbene catturi con successo l'essenza della gioventù e dell'amore, questa stagione perde l'opportunità di approfondire temi che potrebbero elevare la serie a vertici più luminosi e risonante. Il suo sapore è dolce ma troppo zuccherino, e il suo è un battito incantevole ma non del tutto accattivante.
Questo arco si conclude con un tono che senza dubbio lascerà molti fan in estasi, ma per altri potrebbe sembrare una canzone che sta ancora cercando la propria vera melodia, limitandosi a ripetere i medesimi gradevoli accordi senza evolvere o osare. Nella danza dell'amore, Heartstopper si muove con grazia ma a volte inciampa nella sua stessa ripetitiva coreografia. Non si può che sperare che le future stagioni tentino armonie più audaci, equilibrate e complesse.