Happyish 1x01 "Starring Samuel Beckett, Albert Camus and Alois Alzheimer": la recensione
La nuova comedy di Showtime, Happyish, non diverte e non funziona
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L'idea centrale ricorda la trama di In Good Company di Paul Weitz. Un uomo di mezza età di nome Thomas Payne (Steve Coogan) guarda con cinismo e occhio critico a tutta la società ipermodernizzata che lo circonda. Social media, tecnologia, consumismo, apparenza, tutto passa sotto la lente implacabile del suo sguardo che sottolinea praticamente ogni pensiero con un sonoro: "F*ck this!" La goccia che fa traboccare il vaso arriva quando lui e i suoi colleghi si trovano a dover rispondere alle strategie di marketing di un giovanissimo svedese. Thom impazzisce, critica a tutto spiano, sogna ad occhi aperti, cerca di rientrare nei ranghi, ma non è facile. Il tutto partendo da una riflessione su cosa sia effettivamente quella felicità che la Costituzione invita a cercare.
Più o meno la stessa satira su tecnologia e paranoie moderne che in altri modi raccontava Selfie, solo qui filtrata attraverso un racconto completamente sbagliato per stile e approccio. Presuntuoso: fin dal titolo dell'episodio "Starring Samuel Beckett, Albert Camus and Alois Alzheimer", per continuare con la scrittura che accumula riferimenti colti qua e là (e dato che si parla di Thomas Jefferson il nome del protagonista potrebbe essere un riferimento a Thomas Paine). Una storia che vorrebbe fotografare la realtà, che prima di far ridere e intrattenere vorrebbe dire la propria su un tema importante per bocca delle affermazioni del protagonista. Piccolo problema: il clamoroso ritardo con cui arriva sui tempi e la banalità delle affermazioni stesse.In un clamoroso twist di scrittura il senso potrebbe essere proprio questo, ma finora l'unica vittoria del presuntuoso, arrogante, triste Thomas che guarda tutti dall'alto in basso è proprio quella di farci apparire simpatici i tecnomaniaci palestrati e/o paranoici che tanto critica. Volgare: nessuno qui vuole fare il bacchettone, ma è difficile sopportare mezz'ora di visione in cui ogni linea di dialogo contiene almeno un "f*ck", quasi che non ci sia altro modo per sottolineare i concetti. Per non parlare delle strane e fuoriluogo visioni ad occhi aperti del protagonista, che stonano tantissimo con lo stile grigio e pesante della serie e che spiazzano ora per il senso di "già visto" ora – anche in questo caso – per la volgarità (un'improbabile scena di sesso con una vecchia elfa cartoon che avrebbe fatto arrossire Stifler, tanto per rimanere nel cinema di Paul Weitz). Triste: perché, malgrado un buon cast, è questo che è il pilot. È quasi difficile definire Happyish una dramedy, e tutto ciò che di grottesco arriva durante la visione non fa che aumentare la fatica della visione.