Eye Candy 1x01 "K3U": la recensione
La recensione del thriller Eye Candy, la nuova serie di Mtv
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E lo è fin da un indisponente prologo nel quale la protagonista Lindy (Victoria Justice) dibatte in macchina con la sorella Sara (Jordyn DiNatale). Infodump (dare informazioni in modo artificioso, per la sola conoscenza dello spettatore) e cliché vari ci portano al trauma del rapimento della sorellina, per saltare quindi tre anni dopo ed entrare nel vivo della storia. Un assassino seriale entra in contatto con le proprie vittime sul web per poi ucciderle, forse per punire le falsità di cui abbondano i profili in rete. Nel mirino del cyber stalker finisce anche la nostra Lindy, che prontamente passa al contrattacco con l'aiuto della coinquilina Sophia (Kiersey Clemons) e altri hacker per scoprire la verità dietro gli omicidi.
L'impressione è quella di una serie degli anni '90 misteriosamente ritrovatasi nel presente, che vorrebbe raccontare i pericoli della rete, magari sperando di sorprendere e incuriosire. E invece tutto è talmente incanalato in stereotipi e situazioni tipiche che l'intero pilot denominato K3U – apparentemente gli episodi prenderanno il nome da acronimi internettiani – trascorre nell'attesa di una svolta che dovrebbe arrivare a scompaginare l'equilibrio, e invece manca del tutto. A quasi vent'anni da Scream, che tra l'altro ritornerà proprio su Mtv sotto forma di adattamento televisivo, la patina satirica posata sui classici elementi dello slasher per teenager lascia il posto alla stampella del cyberspazio, che però non basta a tenere in piedi il tutto.C'è il trauma della perdita pronto a ritornare nel presente, c'è un cast formato da più o meno bellissimi e bellissime – in tutto l'episodio non si vede quasi nessuno che abbia più di trent'anni – e ci sono tutte le figure tipiche del genere. Condotti dalla bella e intelligente hacker "Mary-Sue", veniamo trasportati in un universo improbabile e pieno di over-exposition (addirittura i pensieri del killer), in cui il conflitto maggiore risiede tra la giovane età degli attori e "l'anzianità" dell'approccio al materiale. Dialoghi, interpretazioni e regia sono da dimenticare, ma la vera difficoltà è accettare come l'unico sussulto creativo siano le apparizioni "concrete" in scena dei device virtuali utilizzati. Anche qui, come se fosse una cosa per cui meravigliarsi ancora nel 2015.