Book of Demons, se Diablo diventa un libro pop-up – Recensione
Un action RPG dallo stile visivo particolare, che omaggia Diablo: la recensione di Book of Demons
Ma andiamo con ordine. Book of Demons è un action RPG abbastanza classico, se non fosse per alcune peculiarità. Intanto l'estetica, che rappresenta tutto il mondo di gioco come fosse una sorta di gigantesco libro pop-up, un mondo nel quale ogni elemento è fatto di carta. Un'idea interessante, che dà immediatamente al gioco una sua identità, pur sacrificando ovviamente un po' di dinamismo nelle animazioni, in favore dello stile. L'umore del gioco, proprio per questo motivo, non è oscuro e serioso come in Diablo, ma si presta spesso ad ironia, battute e citazioni sparse qua e là.
A partire dalla trama, che ruota intorno ad una cittadina assediata da un male che arriva da un oscuro monastero. Vi ricorda qualcosa? Magari proprio Diablo, vero? Il problema è proprio questo, ovvero che il gioco non riesce mai a distaccarsi completamente dalla sua illustre ed ingombrante ispirazione. L'impressione è che gli sviluppatori abbiano avuto paura, in un certo senso, di spingersi un po' in là e lasciare il segno, accomodandosi invece nell'accogliente alcova della nostalgia. Per farvi un esempio, al di là della trama e delle ambientazioni chiaramente derivative, il primo vero boss del gioco è esattamente Macellaio, proprio identico.
[caption id="attachment_192398" align="aligncenter" width="1280"] Dungeon crawling su binari, come può funzionare?[/caption]
Sebbene, di fatto, il sunto del dungeon crawling sia il solito, ancor più ripetitivo che in Diablo, clicca-muovi-clicca, le schermaglie assumono un ruolo più dinamico, se non fosse per quello che è il problema inevitabilmente più grave della produzione. In Book of Demons infatti non ci si muove liberamente, ma il percorso nei dungeon (generati casualmente) è composto da una sola corsia, con vari bivi ed incroci. Una scelta che fa sì che nei momenti più concitati ci si ritrovi letteralmente incastrati dai nemici, senza nessuna possibilità di potersi liberare con l'ingegno, e allora si inizian a cliccare furiosamente sperando di abbattere gli avversari che ostacolano la strada.
L'altro problema, meno evidente e frustrante, è che sebbene Book of Demons voglia essere anche un gioco di ruolo, di fatto non c'è nessuna progressione del personaggio. Si può scegliere tra tre classi: guerriero, mago ed arciere. Non c'è quasi nessuna differenza tra le tre, se non nelle carte che gestiscono l'equipaggiamento. Il mazzo è composto una lista di esse che si possono equipaggiare a seconda del quantitativo di mana in possesso del personaggio (che, come i punti vita massimi, sono gli unici aspetti che si possono modificare in fase di passaggio di livello). Le carte verdi sono bonus passivi, spesso equipaggiamento, come armi o oggetti magici, le rosse sono consumabili, come pozioni o intrugli di vario tipo, le carte blu consumano mana e sono delle abilità da attivare, effetti magici o incantesimi di vario tipo.
[caption id="attachment_192399" align="aligncenter" width="1280"] Prima di ogni esplorazione avremo un'anteprima dei nemici che incontreremo[/caption]
Purtroppo duole constatare che, a meno che non apprezziate in modo smisurato le esperienze ripetitive di questo tipo, Book of Demons esaurisce le sue carte (gioco di parole non voluto, ma azzecato) abbastanza presto. Diablo è altresì ripetitivo, ma nel titolo Blizzard c'è sempre stata la fondamentale possibilità di variare l'esperienza con nuove classi, talenti, o in generale opzioni ludiche che giustificano la rigiocabilità. In questo caso oltre a provare le nuove classi o sperimentare nuovi livelli di difficoltà (la sfida “Roguelike” prevede permadeth per ogni personaggio e perdita permanente delle carte ottenute), il rischio di esaurire tutta l'attrattiva in un paio d'ore è fortissimo.
Ed è un peccato, perché Book of Demons funziona, ma avrebbe avuto bisogno di un po' di personalità in più. Per questo la valutazione è fondamentalmente positiva, nonostante le perplessità è un titolo che si gioca piacevolmente, anche per via di trovate interessanti come il flessiscopio. Questo neologismo rappresenta un sistema di generazione dei dungeon davvero brillante, per cui a seconda del tempo che vogliamo impiegare nell'esplorazione ci imbarcheremo in un'avventura più o meno lunga (varia la distanza dal boss finale) ma sempre soddisfacente. Un algoritmo plasma nemici e sfide in base alla durata dell'esperienza: densa e frenetica per partite corte, più diluita ed equilibrata in caso di partite più lunghe. Un sistema geniale, per cui facciamo un plauso a Thing Trunk e che speriamo venga riproposto in futuro.