Anodyne 2: Return to Dust è uno Zeldalike che viaggia nel tempo con garbo - Recensione
Anodyne 2 è un viaggio garbato in un immaginario incredibile, curato in maniera maniacale e ricco di idee brillanti
Anodyne 2: la recensione
Anodyne 2: Return to Dust è un oggetto strano, inizialmente indecifrabile, talmente unico che qualsiasi definizione per paragone gli sta stretta, eppure è impossibile sottrarsi al gioco della comparazione. Il motivo è che nonostante il titolo di Analgesic Productions sia un mix incredibilmente originale, al suo interno trovano spazio tantissimi riferimenti al mondo dei videogiochi anni ’90, e alla fine si ha quasi la sensazione di essere davanti a una versione oscura, segreta e sotto acidi di uno Zelda uscito per sbaglio su SEGA Saturn nel 1996. Una follia lucida, quasi proibita, e che pertanto è impossibile non approcciare con curiosità e passione.
[caption id="attachment_199904" align="aligncenter" width="1920"] L'impostazione generale è quella di un action adventure anni '90[/caption]
New Thelander e i suoi abitanti, infatti, vivono nella minaccia della polvere (Dust), una forza oscura e malvagia che sta portando il mondo alla rovina, ma soprattutto sta facendo piombare in uno stato di ansia furiosa e strana depressione i suoi residenti. Il compito del giocatore, nei panni di Nova, una buffa creatura evocata dal Centro, la forza creatrice del mondo, è quello di salvare New Thelander e le persone che vi abitano, grazie ai suoi poteri. Il primo, fondamentale, è quello di poter diventare microscopica ed entrare nel corpo e nell’anima dei Thelanders, mentre il secondo è quello di disporre di una vacuum gun (un'aspirapolvere, esatto) in grado di ripulire il mondo interiore degli abitanti dalla polvere e guarirli. Per entrare in contatto bisogna risolvere piccole sequenze da rhythm game, perché d’altra parte, per entrare nell’animo di una persona c’è bisogno di seguire il suo ritmo e trovare la sua lunghezza d’onda. Una volta stabilito il contatto entra in scena la grafica 2D: il paesaggio interiore di ogni abitante costituisce, di fatto, un dungeon bidimensionale da completare risolvendo enigmi ambientale e aspirando i nemici. Per quanto banale che sia il meccanismo, le soluzioni trovate da Analgesic Productions sono via via sempre più complesse e interessanti, perché inevitabilmente ogni livello rappresenta e racconta lo stato d’animo delle persone, e presenta un’ambientazione diversa, le cui regole di interazione sono la conseguenza delle emozioni che dominano l’anima di quell’abitante di New Thelander.
Ci sono, però, degli scogli da superare per riuscire ad apprezzare Anodyne 2 per quello che è, ovvero una piccola storia di crescita, di miglioramento, che si interroga sul senso delle cose e la prosecuzione della vita, con non pochi riferimenti alla religione e al concetto di carità. Il primo è dato da una scrittura che è volutamente confusa e dai toni goffamente aulici, che inizialmente punta a gettare la polvere che invade New Thelander negli occhi dei giocatori per mascherare la natura della vicenda e allineare il senso di spaesamento di Nova e dell’utente. Resistere all’impatto può non essere semplice, soprattutto data la mole di testo da leggere (in inglese) e uno stile narrativo totalmente contestualizzato all’aspetto nostalgico anni ’90, e quindi un po’ didascalico. Nel corso dell’avventura il tono cambia parzialmente, la consapevolezza del giocatore aumenta e anche le gag citazioniste iniziano ad avere senso, e Anodyne 2 diventa una sorta di viaggio alla ricerca di un modo per difendersi dalle atrocità del mondo, dove il nonsense, l’ironia e il ricordo diventano tutti strumenti per vivere un po’ meglio, o almeno meno peggio, e salvarsi. Pietra angolare di tutto è proprio Nova, la sua capacità di guarire il prossimo e di capire gli altri, perché alla fine il senso di tutto è proprio quello, stabilire relazioni.
[caption id="attachment_199905" align="aligncenter" width="1920"] I dungeon sono dipinti da un 2D curato e dal sapore retrò[/caption]
Oltre alla scrittura che a il giro largo e contorto per trasmettere un messaggio semplice, l’altra discriminante per poter godere della bellezza di Anodyne è data dal rapporto personale che si ha con il mondo dei videogiochi anni ’90. Pur non cavalcando l’onda della nostalgia fine a se stessa, il titolo di Analgesic Productions è figlio di quell’immaginario e lo sfrutta tutto, seppur in maniera originale. Senza avere dei riferimenti culturali adeguati, senza contestualizzare le atmosfere, cogliendo le citazioni e comprendendo il perché di alcune gag parte dell’esperienza è compromessa, perché lo sfoggio del passato non è mai autocompiacimento, ma spesso e volentieri diventa un dispositivo per far andare avanti il racconto. Senza il filtro anni ’90 attivato, che permette anche di apprezzare una direzione artistica che, per quanto esteticamente e musicalmente ricercata, è decisamente vintage, il rischio di percepire Anodyne 2 come qualcosa di anacronistico, grezzo e fuori fuoco è mediamente alto.
Se si scongiura questo rischio e si passa oltre, però, contestualizzando l’opera per quello che è, invece, Anodyne 2 è un viaggio garbato in un immaginario incredibile, curato in maniera maniacale e ricco di idee brillanti. Dietro la sua patina folle, apparentemente lisergica, grezza e sgangherata c’è un racconto sensibile e un gioco dal cuore d’oro, sviluppato con evidente amore e cura artigianale da sole due persone. Giocare ad Anodyne 2 è come trovare un vecchio vinile in soffitta, uno di quelli in unica copia incisi da una band indipendente di amici in uno studio polveroso. È un ritrovamento prezioso, raro, e come tale, è davvero impossibile non cedere al suo fascino magico e fuori dal tempo.
A cura di Davide Mancini