Anodyne 2: Return to Dust è uno Zeldalike che viaggia nel tempo con garbo - Recensione

Anodyne 2 è un viaggio garbato in un immaginario incredibile, curato in maniera maniacale e ricco di idee brillanti

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Anodyne 2: la recensione

Anodyne 2: Return to Dust è un oggetto strano, inizialmente indecifrabile, talmente unico che qualsiasi definizione per paragone gli sta stretta, eppure è impossibile sottrarsi al gioco della comparazione. Il motivo è che nonostante il titolo di Analgesic Productions sia un mix incredibilmente originale, al suo interno trovano spazio tantissimi riferimenti al mondo dei videogiochi anni ’90, e alla fine si ha quasi la sensazione di essere davanti a una versione oscura, segreta e sotto acidi di uno Zelda uscito per sbaglio su SEGA Saturn nel 1996. Una follia lucida, quasi proibita, e che pertanto è impossibile non approcciare con curiosità e passione.

Riavvolgendo un attimo il filo della memoria, però, va detto che Anodyne 2 è sì il seguito dell’action adventure in pixel art pubblicato nel 2013 dal duo Sean Han Tani (designer e compositore della colonna sonora) e Marina Kittaka (artista), ma è anche un episodio totalmente indipendente, che ne conserva solo lo spirito e alcuni elementi di gameplay non richiede, quindi, l’aver completato il precedente capitolo per essere apprezzato. Il cambiamento principale introdotto in Anodyne 2 è sicuramente la terza dimensione, rappresentata con uno stile da voxel graphics degli anni ’90, grezza, squadrata e ricca di aliasing, ma incredibilmente stilosa e fluida nei movimenti. Il mondo di New Thelander è brillante e sognante, con le sue superfici traslucide, le architetture allampanate e le distese di sabbia che collegano città e avamposti che sembrano usciti da uno strano sogno surrealista. Se, però, l’overworld è quello classico di un action adventure tridimensionale anni ’90, con i suoi tramonti lisergici immortalati da gradienti caldi e perfetti, Anodyne 2 non rinnega i dungeon bidimensionali tipici del primo episodio, ispirati chiaramente agli RPG di azione classici, Zelda e Alundra in primis, e la transizione tra gli universi 3D e 2D è gestita in maniera brillante e… polverosa.

[caption id="attachment_199904" align="aligncenter" width="1920"]Anodyne 2: Return to Dust screenshot L'impostazione generale è quella di un action adventure anni '90[/caption]

New Thelander e i suoi abitanti, infatti, vivono nella minaccia della polvere (Dust), una forza oscura e malvagia che sta portando il mondo alla rovina, ma soprattutto sta facendo piombare in uno stato di ansia furiosa e strana depressione i suoi residenti. Il compito del giocatore, nei panni di Nova, una buffa creatura evocata dal Centro, la forza creatrice del mondo, è quello di salvare New Thelander e le persone che vi abitano, grazie ai suoi poteri. Il primo, fondamentale, è quello di poter diventare microscopica ed entrare nel corpo e nell’anima dei Thelanders, mentre il secondo è quello di disporre di una vacuum gun (un'aspirapolvere, esatto) in grado di ripulire il mondo interiore degli abitanti dalla polvere e guarirli. Per entrare in contatto bisogna risolvere piccole sequenze da rhythm game, perché d’altra parte, per entrare nell’animo di una persona c’è bisogno di seguire il suo ritmo e trovare la sua lunghezza d’onda. Una volta stabilito il contatto entra in scena la grafica 2D: il paesaggio interiore di ogni abitante costituisce, di fatto, un dungeon bidimensionale da completare risolvendo enigmi ambientale e aspirando i nemici. Per quanto banale che sia il meccanismo, le soluzioni trovate da Analgesic Productions sono via via sempre più complesse e interessanti, perché inevitabilmente ogni livello rappresenta e racconta lo stato d’animo delle persone, e presenta un’ambientazione diversa, le cui regole di interazione sono la conseguenza delle emozioni che dominano l’anima di quell’abitante di New Thelander.

"Anodyne 2 è un viaggio garbato in un immaginario incredibile, curato in maniera maniacale e ricco di idee brillanti"La possibilità di spaziare tra universi molto diversi tra loro (dal laboratorio scientifico fino a un giardino di ciliegi in fiore, passando per vulcani e mondi fatti di cibo) e giocare con la struttura dei singoli dungeon regala ad Anodyne 2 una varietà incredibile di situazioni, tanto che i sotterranei del gioco diventano dei veri e propri piccoli mosaici di empatia e game design incastrati con precisione da orologeria. Senza mai arrivare a enigmi troppo astrusi, a scontri con i boss clamorosamente difficili e, in generale, pur non imponendo al giocatore un contesto punitivo, Anodyne 2 vive sul filo dell’equilibrio, abbracciando leggerezza e nonsense senza mai scadere nella banalità e nella convoluzione. Il palleggiare continuo tra le sezioni di esplorazione/platform nell’overworld e i momenti action RPG regala al gioco un ritmo perfetto, sufficientemente spezzettato per sessioni brevi, ma abbastanza vario per non annoiarsi se si decide di proseguire indefessamente. A conti fatti, il senso di progresso offerto da alcune carte collezionabili che permettono di recuperare più Dust e proseguire quindi nello sbloccare i portali da visitare dal Centro, diventa quasi secondario, perché il giocatore è portato a saltare da un mondo all’altro con estrema naturalezza.

Ci sono, però, degli scogli da superare per riuscire ad apprezzare Anodyne 2 per quello che è, ovvero una piccola storia di crescita, di miglioramento, che si interroga sul senso delle cose e la prosecuzione della vita, con non pochi riferimenti alla religione e al concetto di carità. Il primo è dato da una scrittura che è volutamente confusa e dai toni goffamente aulici, che inizialmente punta a gettare la polvere che invade New Thelander negli occhi dei giocatori per mascherare la natura della vicenda e allineare il senso di spaesamento di Nova e dell’utente. Resistere all’impatto può non essere semplice, soprattutto data la mole di testo da leggere (in inglese) e uno stile narrativo totalmente contestualizzato all’aspetto nostalgico anni ’90, e quindi un po’ didascalico. Nel corso dell’avventura il tono cambia parzialmente, la consapevolezza del giocatore aumenta e anche le gag citazioniste iniziano ad avere senso, e Anodyne 2 diventa una sorta di viaggio alla ricerca di un modo per difendersi dalle atrocità del mondo, dove il nonsense, l’ironia e il ricordo diventano tutti strumenti per vivere un po’ meglio, o almeno meno peggio, e salvarsi. Pietra angolare di tutto è proprio Nova, la sua capacità di guarire il prossimo e di capire gli altri, perché alla fine il senso di tutto è proprio quello, stabilire relazioni.

[caption id="attachment_199905" align="aligncenter" width="1920"]Anodyne 2: Return to Dust screenshot I dungeon sono dipinti da un 2D curato e dal sapore retrò[/caption]

Oltre alla scrittura che a il giro largo e contorto per trasmettere un messaggio semplice, l’altra discriminante per poter godere della bellezza di Anodyne è data dal rapporto personale che si ha con il mondo dei videogiochi anni ’90. Pur non cavalcando l’onda della nostalgia fine a se stessa, il titolo di Analgesic Productions è figlio di quell’immaginario e lo sfrutta tutto, seppur in maniera originale. Senza avere dei riferimenti culturali adeguati, senza contestualizzare le atmosfere, cogliendo le citazioni e comprendendo il perché di alcune gag parte dell’esperienza è compromessa, perché lo sfoggio del passato non è mai autocompiacimento, ma spesso e volentieri diventa un dispositivo per far andare avanti il racconto. Senza il filtro anni ’90 attivato, che permette anche di apprezzare una direzione artistica che, per quanto esteticamente e musicalmente ricercata, è decisamente vintage, il rischio di percepire Anodyne 2 come qualcosa di anacronistico, grezzo e fuori fuoco è mediamente alto.

Se si scongiura questo rischio e si passa oltre, però, contestualizzando l’opera per quello che è, invece, Anodyne 2 è un viaggio garbato in un immaginario incredibile, curato in maniera maniacale e ricco di idee brillanti. Dietro la sua patina folle, apparentemente lisergica, grezza e sgangherata c’è un racconto sensibile e un gioco dal cuore d’oro, sviluppato con evidente amore e cura artigianale da sole due persone. Giocare ad Anodyne 2 è come trovare un vecchio vinile in soffitta, uno di quelli in unica copia incisi da una band indipendente di amici in uno studio polveroso. È un ritrovamento prezioso, raro, e come tale, è davvero impossibile non cedere al suo fascino magico e fuori dal tempo.

A cura di Davide Mancini

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