18 Regali, la recensione
Sfacciatamente tragico come si comanda, 18 Regali perde un po' di tempo e fatica a mettere a fuoco il proprio sentimentalismo, ma quando lo fa consegna un buon finale
18 Regali, di Francesco Amato: la recensione
Inserendo un elemento fantastico in uno spunto reale, 18 Regali si presenta come un lacrima movie moderno, in cui elementi eterni del melodramma (su tutti la malattia) si mescolano con l’avventura pop (il viaggio nel tempo) per ribadire il potere dei legami nel regolare la vita degli esseri umani. Si tratta di un genere e proprio di una categoria di film da decenni sconosciuti al cinema italiano (che invece una volta trionfava proprio nello strappare lacrimoni) ma che tuttavia continua a dimostrarsi di successo, anche da noi, grazie a film stranieri.
Per essere un film smaccatamente sentimentale 18 Regali sembra perdere regolarmente ogni occasione per lavorare su un po’ sentimentalismo che non sia quello a cui mira esplicitamente (i regali, l’eredità, la morte…). Ad esempio, quando la protagonista vede per la prima volta la madre che non ha mai conosciuto, il film non ne fa un momento particolarmente commovente o sentimentalmente probante. In generale proprio questo elemento fantastico (che verrà risolto solo alla fine) non dà un grandissimo apporto al film che preferisce concentrarsi sul rapporto sbilanciato tra le due (una sa che l’altra è la madre, l’altra non sa che la prima è la figlia che viene dal futuro), e solo la fine designata di una storia d’amore che invece appare idilliaca riesce a condire con efficacia il quadro.
Certo non si può dire che 18 Regali sia riuscito perfettamente, perché troppe occasioni lascia per strada, ma alla fine fa il suo "sporco" lavoro, rimesta nei sentimenti con abilità, commuove e dipinge un mondo in cui tutto, dalla luce del sole ai sorrisi dei nonni, sembra complottare perché i protagonisti possano piangere e il pubblico con loro.
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