The Legend of Zelda: Breath of the Wild ha tracciato una luminosa via per il prossimo Monster Hunter
Perché Capcom dovrebbe ispirarsi a The Legend of Zelda: Breath of the Wild per il prossimo Monster Hunter
Colui che è abituato a tirare giù bestie enormi al termine di lunghe battaglie, reperendo da esse e in giro per le varie zone i materiali necessari per costruire e migliorare il proprio equipaggiamento, al fine di affrontare bestie ancora più enormi e incazzose, starà già annuendo, interessato, perché avrà riconosciuto in quanto descritto, seppur sommariamente, dell'esperienza di gioco di The Legend of Zelda: Breath of the Wild elementi tipici di Monster Hunter, c'è in certi aspetti persino una certa sovrapposizione tra i due impianti ludici, anche se ovviamente questi costituiscono la struttura di due generi tutto sommato distanti, l'action adventure, declinato congiuntamente all'open world, e... beh, Monster Hunter, che è un genere a sé, perché anche i pochissimi altri hunting game sono altra cosa rispetto alle produzioni targate Capcom.
[caption id="attachment_170093" align="aligncenter" width="600"]
Che il futuro di Monster Hunter possa, anzi debba essere l'open world, lo scrivente lo sostiene da un bel po', da quando mise le mani su Monster Hunter Tri (2010, Wii), ritrovandosi estasiato dalle sue qualità ludiche (un po' meno dalla quantità di contenuti) ma anche a desiderare ardentemente una sua maggiore ariosità, la stessa che stava permeando altre produzioni proprio in quel periodo, che segnò di fatto l'era dell'open world (come Just Cause 2, dello stesso anno, e soprattutto The Elder Scrolls V: Skyrim, 2011). Da lì in poi il confino della serie alle sole console portatili (fatta eccezione per la riedizione in alta definizione, per Wii U, del titolo appena citato) ha di fatto soffocato questo desiderio, per ovvi limiti tecnici, e le varie innovazioni apportate in Monster Hunter 4 Ultimate e Monster Hunter Generations vi hanno sopperito. Ora però la pulsione è stata riaccesa, e la colpa è tutta di Nintendo.
"Al giocatore medio della serie Capcom la divisione delle zone di gioco in aree tutto sommato ridotte probabilmente andrà comunque sempre bene, fin quando potrà godere del gameplay unico della serie, ma perché limitarsi?"The Legend of Zelda: Breath of the Wild è straordinario nel legare ogni singolo elemento di gameplay ad un mondo vastissimo, ed è esattamente quello che servirebbe al prossimo Monster Hunter, i cui episodi fanno già benissimo la prima cosa e troverebbero nella seconda lo slancio per appassionare i giocatori tanti altri ancora. Al giocatore medio della serie Capcom la divisione delle zone di gioco in aree tutto sommato ridotte probabilmente andrà comunque sempre bene, fin quando potrà godere del gameplay unico della serie, ma perché limitarsi? Perché non seguire una via tracciata in maniera così luminosa? Certo, qualcosa andrebbe cambiato, lo spostarsi dei mostri (attualmente tra le varie aree) non dovrebbe perdersi, ma allo stesso tempo non dovrebbe costringere a lunghe scarpinate, alla loro ricerca o al loro inseguimento, ma cosa sarebbero problematiche relativamente importanti, come questa, di fronte alle infinite possibilità portate in dote da interi ecosistemi, ancora più coerenti, ancora più ricchi? Di fronte alla possibilità di avvistare da lontano un Rathalos che sorvola una pianura, in caccia, o uno Zinogre dormiente su una rupe, o di vedersi sbucare dalle acque di un lago un Lagiacrus? Il tutto in un mondo vivo, del quale sfruttare ogni risorsa e del quale percepire, come nel capolavoro di Nintendo, il respiro naturale. Senza perdere nessuno degli elementi distintivi della serie, ovviamente, anzi ampliando ulteriormente il ventaglio di azioni a disposizione.[caption id="attachment_170094" align="aligncenter" width="600"] Un'arena perfetta per uno scontro epico con un enorme mostro[/caption]
Solo Capcom conosce l'eventuale fattibilità di quanto finora descritto: le tecnologie ci sono, e forse anche il budget, perché se nel 2009 Monster Hunter Tri arrivò su Wii e non su PlayStation 3 fu proprio per questioni economiche, volendo la compagnia nipponica risparmiare sui costi dello sviluppo, ma nel tempo che è trascorso la saga è diventata molto importante anche in Occidente, non più oggetto dei desideri di una ristretta nicchia di appassionati, ma nome altisonante e di richiamo. Sperare e sognare, invece, non costano davvero nulla.