I 10 corti animati più significativi della storia degli Oscar

In attesa della Notte degli Oscar, vi parliamo dei 10 corti animati tra i più rappresentativi ad aver vinto la statuetta

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La serata degli Oscar è ormai prossima. Da sempre l’evento cinematografico più atteso dell’anno diventa occasione non solo per discutere sui film usciti nel corso della stagione, riflettendo sulla direzione imboccata dall’industria, ma anche di ragionare sulla sua storia. Riportare alla memoria i momenti più significativi e i film più celebri (e celebrati) che per quasi un secolo hanno segnato gli Academy Awards permette di fare le dovute considerazioni su come la manifestazione sia cambiata nel corso del tempo e poter prendere in esame le evoluzioni e le fasi che hanno interessato Hollywood.

Tra classifiche e approfondimenti, tuttavia, talune categorie vengono spesso sottostimate, messe in ombra dal peso di riconoscimenti più altisonanti come possono essere quelli dedicati agli attori, alla regia o al miglior film. Tra queste è incluso l’Oscar al miglior cortometraggio animato, il quale, seppur costituisca uno dei più storici della manifestazione, introdotto già a partire dalla quinta edizione nel 1932, finisce per passare in larga parte in secondo piano. Tale tendenza si riscontra soprattutto in epoca contemporanea, quando l'introduzione del premio per il miglior film animato, a partire dal 2001, ha finito per concentrare tutto l’interesse dedicato all’animazione su di esso.

Tutto ciò è da far risalire prevalentemente alla scarsa circolazione che da molto tempo caratterizza i corti d’animazione. Se si esclude la loro occasionale proposta a supplemento dei lungometraggi (come nel caso dei film Disney/Pixar), o il caricamento in streaming sulle varie piattaforme online, la diffusione oltremodo povera, talvolta limitata al circuito festivaliero, non permette alla gran parte delle opere animate brevi di raggiungere il grande pubblico, finendo per essere del tutto ignorate. Eppure gli Oscar hanno visto la vittoria di film imprescindibili che hanno segnato la storia dell’animazione tutta! Proprio in virtù del poco seguito riscontrato dai cortometraggi animati, vi proponiamo di seguito l’elenco di 10 pellicole che, secondo noi, costituiscono le più rappresentative e rilevanti tra quelle che sono state insignite del prestigioso premio.

Fiori e alberi (1932)

Impossibile non iniziare dal primo vincitore della categoria, una pietra miliare tanto per la storia dell’animazione quanto per quella del cinema tout court. Dando avvio a una lunga serie di vittorie agli Oscar per Walt Disney (il quale conserva tuttora il primato, con 26 vittorie su 59 candidature, in anni in cui l’assegnazione del premio veniva data alla figura del produttore), la Silly Symphony diretta da Burt Gillett (noto per aver firmato la regia di diversi corti di Topolino) si distingue per aver introdotto innovazioni tecniche che diventeranno fondamentali per l’intera industria. Nello specifico si tratta della prima pellicola in assoluto ad adottare il 3-Strip Technicolor: quarto e ultimo processo di sviluppo del cinema a colori che segnerà la quasi totale produzione filmica hollywoodiana per oltre vent’anni. Il canovaccio fiabesco che vede al centro la storia d’amore tra due alberi si fa pretesto per mettere in risalto le incredibili possibilità espressive del Technicolor, il quale, per i successivi tre anni, fino al 1935, sarà legato a un contratto di esclusiva proprio con Disney.

Il vecchio mulino (1937)

Così come dimostrato da Fiori e alberi, le Silly Symphonies hanno sempre rappresentato per Disney un laboratorio attraverso cui poter osare, sperimentando sul piano estetico e mettendo in pratica le ultime novità in ambito tecnico. Nel pieno della produzione di Biancaneve e i sette nani che sarebbe uscito nelle sale da lì a breve, definendo e rivoluzionando l’intera arte dell’animazione, le Silly Synphonies sono state un fondamentale banco di prova per molti elementi che verranno poi introdotti nel lungometraggio, potendo così prendere le misure necessarie per la sua realizzazione. A tal proposito, Il vecchio mulino assume, tra tutti, un’importanza ulteriore. Capolavoro indiscusso dell’arte disneyana degli anni Trenta, il film, del tutto privo di narrazione, prende le distanze dall’estetica caricaturale e “gommosa” dei precedenti lavori per abbracciare una rappresentazione realista, dando allo spettatore l’illusione di entrare all’interno della natura che circonda il mulino del titolo, riuscendo quasi a percepire la forza degli elementi scatenati nella sequenza della tempesta. Questo è reso possibile dall’utilizzo della multiplane cam, testata per la prima volta proprio in questo corto, diventando successivamente un marchio distintivo nell’epoca dei lungometraggi, dando un maggiore senso di profondità nelle scene.  

Der Fuehrer's Face (1943)

In piena Seconda Guerra Mondiale l’intera società è chiamata a contribuire allo sforzo bellico. Essendo il cinema la forma espressiva più popolare e impattante dell’epoca, per mantenere vivo lo spirito patriottico del pubblico viene avviata la realizzazione di numerose pellicole di propaganda. Tale onere si rivolge ad ogni settore dell’industria, compreso quello dell’animazione. In questo contesto, anche Walt Disney, reduce dagl’insuccessi commerciali dei lungometraggi successivi a Biancaneve, s’impegna nella produzione di film che seguono tale corrente. Tra i corti propagandistici realizzati, Der Fuehrer's Face può essere considerato (insieme, forse, a Education for Death, dello stesso anno) l’esempio più rappresentativo. La presenza di Paperino, personaggio tanto amato quanto iconico, come parte della realtà dispotica del Terzo Reich, preda di un incubo che lo vede ingranaggio alienato della macchina industriale nazista (in un chiaro rimando ricontestualizzato a Tempi moderni di Chaplin), rimane tutt’oggi una delle immagini più impressionanti della storia dell’animazione. Tanto potente sul piano politico e ideologico da portare il corto a rimanere inedito sia negli ex-paesi membri dell’Asse che in altri Stati come, per esempio, la Francia.

Gerald McBoing-Boing (1950)

Tra i film della UPA (United Production of America), casa di produzione fondata da un gruppo di ex-artisti Disney in fuga dalla casa di Topolino dopo il grande sciopero degli animatori del 1941, Gerald McBoing-Boing è quello che più di tutti ha saputo riassumere l’importanza storica acquisita dallo Studio in poco più di tre lustri di attività. Adattamento di un racconto del celebre autore di libri per l’infanzia Dr. Seuss, scritto da Phil Eastman e Bill Scott e diretto da Robert Cannon, il corto vede per protagonista un bambino che, privo di parola, emette al suo posto ogni tipo di suono e rumore, riuscendo a convertire questa sua “disabilità” in un tratto distintivo che lo porterà a diventare una star della radio. Al dì là delle numerose trovate sonore alle quali la narrazione si presta, il film trova la sua forza in particolare nell’innovativo uso dell’animazione. Soggetta alle influenze del Modernismo che in quel periodo sta interessando diversi ambiti artistici, dalla pittura al design, la UPA si distingue per la lontananza dal perfezionismo dell’animazione disneyana, aprendo le porte alla limited animation, approccio al disegno animato che punta al minimalismo e all’essenzialità grafica in grado di rivoluzionare l'intera produzione successiva, inclusa quella della stessa Disney.

Surogat (1961)

Se per decenni l’Oscar al miglior cortometraggio animato è rimasto appannaggio solo delle opere realizzate negli Stati Uniti, escludendo le produzioni estere dalla rosa dei candidati, con l’avvento degli anni Sessanta avviene un cambio di tendenza. A partire da quel periodo, infatti, si assiste a una significativa apertura nei confronti dei film provenienti da altri Paesi, permettendo anche a loro di poter competere. Manifesto di questo generale mutamento è Surogat, pellicola della ex-Jugoslavia che per prima segna, nel 1962, la vittoria agli Oscar per un cortometraggio non in lingua inglese. Diretto da Dušan Vukotić e prodotto dalla Zagreb Film, Studio che appena un decennio prima aveva dato i natali (in modo del tutto indipendente) a una prima forma di produzione animata nazionale, il film si presenta come una satira sui costumi e le abitudini della vita contemporanea all’interno di un’ambientazione spoglia, affidandosi a personaggi costituiti da semplici forme geometriche, con forti richiami tanto alla limited animation della UPA quanto alla scuola dell’animazione cecoslovacca. Il prestigio riconosciuto al corto è tale da ricevere un affettuoso omaggio dagli autori de I Simpson con la creazione di Lavoratore e Parassita, i corrispettivi dell’Est-Europa di Grattachecca e Fichetto comparsi nell’ultimo episodio della quarta stagione Krusty viene cacciato.

The Pink Phink (1964)

In un’epoca che vede un graduale trasferimento dei corti animati in televisione, perdendo sempre più spazio sul grande schermo, la serie con protagonista la Pantera Rosa rappresenta l’ultimo significativo successo per una produzione pensata per il cinema, decretandone un solenne canto del cigno. Con la chiusura degli storici Studi d’Animazione della Warner Bros (gli stessi che avevano segnato per anni il trionfo dei Looney Tunes), dalle loro ceneri il veterano Friz Freleng, in coppia con il giovane produttore David De Patie, fondano, nel 1963, lo studio DePatie-Freleng Enterprises, al quale, tra i primi lavori, viene affidata la cura delle animazioni per i titoli di testa e di coda del film cult di Blake Edwards La Pantera Rosa (1964). Il successo tanto del film quanto degli inserti animati convince la United Artist a distribuire una serie di corti con protagonista proprio il felino dalla pelliccia rosa. The Pink Phink (La kosa rosa in italiano), il primo della serie, con la regia proprio di Freleng, è un gioiello per animazione e concept, rappresentando un perfetto ponte tra tradizione e modernità, ponendosi come ultimo retaggio di un tempo ormai concluso.

A Christmas Carol (1971)

Dopo oltre vent’anni che la televisione ha preso posto all’interno dell’ambiente domestico, quel cambio di paradigma fondato sulla quantità e sulla rapidità produttiva che il passaggio da grande a piccolo schermo aveva colpito il mercato dei cartoon, comincia ad andare incontro a dei primi mutamenti. A cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, infatti, si è assistito a una maggiore apertura all’animazione non unicamente finalizzata al commercio, in particolare attraverso la produzione di speciali televisivi. È il caso questo di A Christmas Carol, corto tratto dal celebre racconto di Charles Dickens, andato in onda su ABC. Diretto dal celebre regista e animatore canadese Richard Williams (che diventerà noto in futuro al grande pubblico per la cura delle animazioni in Chi ha incastrato Roger Rabbit) e col supporto produttivo di Chuck Jones, il film si distingue per la grande qualità tecnica, ben distante dalla media dei prodotti nati per la televisione, associabile maggiormente a quella per il grande schermo. La cura nella sua realizzazione, caratterizzata da un largo uso del disegno a matita (a richiamo delle illustrazioni originali di John Leech) è tale da permettergli il passaggio anche nelle sale in modo da poter competere nell’edizione degli Oscar del 1972. La particolarità del caso porta l’Academy a rivedere i propri regolamenti, circoscrivendo le candidature solo alle produzioni nate appositamente per il cinema.

Tin Toy (1988)

Primo film animato al computer a ricevere il prestigioso riconoscimento, Tin Toy costituisce un autentico preludio a una nuova era per l’animazione, con all’interno i prodromi per quella che segnerà una svolta assoluta per la storia del medium. Dopo essere nata da una costola della LucasFilm per mano di Alvy Ray Smith e Edwin Catmull, per poi essere portata in auge da quest’ultimo insieme a John Lasseter e Steve Jobs, la Pixar ha avuto modo di testare le potenzialità dell’animazione computerizzata già a metà anni Ottanta, con la realizzazione di tre cortometraggi (incluso quel Luxo Jr che diventerà il simbolo della casa di produzione). Tuttavia, la vittoria di Tin Toy agli Oscar è rappresentativa di un primo significativo riconoscimento nei confronti di un nuovo approccio all’arte dell’animazione. Il corto, scritto e diretto da John Lasseter, presenta tutto ciò che definirà a partire dagli anni Novanta lo Studio di Emeryville, ponendo le impalcature per la rivoluzione copernicana che l’uscita nel 1995 di Toy Story rappresenterà per l’intera industria dell’animazione.

I pantaloni sbagliati (1993)

L’amore che l’Academy nutre nei confronti di Nick Park e più in generale di tutta la Aardman Animations è qualcosa che appare evidente già a partire dai primi anni Novanta. Più nello specifico dal 1991, quando il regista britannico riceve il suo primo Oscar con il corto Interviste mai viste, in un anno in cui gli altri contendenti per la statuetta sono il nostrano Bruno Bozzetto e… lo stesso Park con Una fantastica gita. Quest’ultimo presenta per la prima volta su schermo l’eccentrico inventore Wallace e il suo fedele cane Gromit, un duo che riscontrerà un notevole successo, tanto da rifarsi agli Oscar appena tre anni dopo con la vittoria nell’edizione del 1994 per I pantaloni sbagliati. Il film, che vede i due amici a doversi confrontare con un pinguino criminale e con dei pantaloni meccanici impazziti, attraverso un particolare uso della clay animation rappresenta un ideale anello di congiunzione tra il gusto mainstream e l’animazione arthouse di tradizione europea, aprendo le porte a un armonioso dialogo tra le due realtà. L’esperienza agli Oscar tanto per Nick Park quanto per la coppia di personaggi non si conclude con questa seconda statuetta ma prosegue nel 2006 quando Wallace & Gromit: La maledizione del coniglio mannaro, primo lungometraggio che li vede protagonisti, si aggiudica il premio per il miglior film animato.

Paperman (2012)

L’ultimo tassello che ha aperto le porte a un percorso che l’animazione si trova oggi ad attraversare. Successivamente al graduale abbandono delle due dimensioni da parte dell’industria hollywoodiana (oggi pressoché del tutto assente) in favore di quella tridimensionale, attraverso l’utilizzo dei moderni software di computer animation, Paperman si pone come una terza opzione. Nato dall’intuizione di John Kahrs, il quale ne cura anche la regia, il cortometraggio rappresenta un’ideale unione tra le due realtà, dando origine a un’animazione capace di portare su schermo il meglio di entrambi gli stili: la grazia del tratto dato dal disegno animato, unito alla maggiore fluidità e controllo offerto dall’animazione computerizzata. Sebbene la stessa Disney non abbia dimostrato lungimiranza nel seguire la direzione da lei stessa indicata (arrivandoci con estremo ritardo solo nel 2023 con il deludente Wish), altri Studi sono stati capaci di cogliere questa intuizione e farla propria, dando inizio a una suggestiva produzione che, a partire dal successo di Spider-man: Un nuovo universo, sta interessando sempre più realtà produttive.

Noi di BadTaste.it seguiremo la cerimonia degli Oscar in diretta sul nostro canale Twitch, su YouTube e qui sul sito a partire dalle 23.30 di domenica sera 10 marzo, per tutta la notte. A trasmetterla in Italia sarà Rai 1.Nell’attesa, stiamo analizzando tutti i candidati all’Oscar come miglior film e migliori attori attraverso la nostra serie Podcast “Film da Oscar” che potete recuperare qui.Potete votare i vostri pronostici al FantaOscar qui, mentre trovate tutte le informazioni e le nomination in questa pagina.Che ne pensate? Ditecelo nei commenti! Seguiteci su TikTok!

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