DC Comics: Si Spurrier commenta la chiusura di Hellblazer
Si Spurrier affida tutta la sua rabbia e la sua amarezza per la chiusura di Hellblazer a un lungo addio, consegnato ai lettori
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Peccato, perché la nuova incarnazione dello stregone maledetto, dal passato punk e dal presente sempre tragico, era nata sotto i migliori auspici, affidata a uno degli sceneggiatori più indicati per cogliere il rovello interiore dell'uomo apparentemente amorale, inseguito dagli errori di una vita e apparentemente dannato all'infelicità propria e, soprattutto, delle persone che gli vogliono bene, sempre coinvolte nelle trame dei suoi nemici e nei suoi maldestri tentativi di tenere ogni cosa in equilibrio.
Spurrier - Scrivere questo testo è una cosa tosta, in parte perché sto cercando di dare un'ombra di struttura ai meandri dei miei pensieri e sto fallendo nel trovare l'ovvio perno attorno a cui dovrebbe ruotare: qualcuno a cui dare la colpa. Ma, molto semplicemente, non c'è nessuno a cui darla. E poi, questo piccolo saggio è difficile da far nascere, in parte, perché sono ancora fottutamente arrabbiato e i fumi della mia rabbia continuano a ingannarmi. Non sono pronto a lasciar andare Hellblazer.
Tutti, nella mia squadra, hanno fatto il miglior lavoro della loro vita. Aaron Campbell, Matias Bergara, Jordie Bellaire e Aditya Bidikar, per non parlare degli editor Maggie Howell, Mark Doyle e soprattutto Chris Conroy, senza la cui mediazione e la cui determinazione la serie non sarebbe nemmeno mai partita. E noi abbiamo bisogno di serie così.
Senza traccia di arroganza (no, che cazzo, falsa modestia) vi dirò chiaramente che le storie che abbiamo raccontato sono piene di un valore genuino e di importanza, soprattutto in questi tempi bizzarri. Sono buone storie e non mi limiterò ad affermarlo. Secondo ogni possibile metro, che include anche gli aggregatori di recensioni online, che nel momento in cui scrivo catalogano Hellblazer come la serie dalle migliori critiche presente sugli scaffali, questa storia è il progetto di cui vado più fiero in assoluto, in carriera. Finisce a novembre. Non sono pronto.
Non incassava abbastanza. Tutto qui. Puro e semplice. Non faceva abbastanza soldi da convincere le persone giuste, chiunque siano, a farla continuare. A prendersi il rischio di lasciarla crescere. Ad aspettare, come probabilmente la saggezza di un tempo avrebbe previsto, che il primo arco narrativo fosse raccolto in volumetto. Era loro diritto. Così va il mercato dei comics nel 2020.
Spurrier informa i lettori del fato che le vendite di Hellblazer erano buone almeno quanto quelle di The Dreaming, serie che aveva lasciato al ventesimo numero, dopo aver terminato la storia che voleva raccontare. Un progetto giunto al termine, che era tempo di abbandonare. Hellblazer non ha goduto dello stesso trattamento a causa degli scompensi che la pandemia da Covid-19 ha provocato nell'industria del Fumetto. Secondo quali logiche, impossibile sapere.
Spurrier - Mi hanno cancellato serie anche in passato, ovviamente. Fa parte del gioco, specialmente con personaggi che non ti appartengono. Si entra nel progetto coi piedi di piombo, ci si assicura di chiedere immediatamente quanti numeri saranno disponibili come minimo e si pianifica un finale che possa intervenire in qualunque momento. Non è un modo rilassato di raccontare una storia, ma funziona. Perlopiù. A volte ti consente addirittura di creare arte.
Francamente, sono stato fortunato. Ogni volta che la mannaia è calata in passato sono quasi sempre stato sul punto di mollare d mio. Nuove idee, nuovi mondi, nuove storie. Mi piacciono i finali. Quando mi hanno detto di fare i bagagli in passato, sentivo che era il momento giusto o, quantomeno, non mi sono mai sentito ferito. Questa volta sì.
Perché è il 2020 e ci sono dei bastardi al comando di un mondo in fiamme e, santo cielo, noi abbiamo cercato di dare agli eroi una chance di resistere e di aprire la via, di mostrarci come si fa, sulle pagine e sugli schermi e nei dibattiti. E tutto quel che ci è valso è una discussione su cosa significhi essere un eroe, e grandi urla su cosa voglia dire per certa gente essere una brava persona e cosa voglia dire per altra gente.
E tutti quelli che parlano sono ricchi da far schifo e morti dentro, mentre la tenebra si spande, piena di mitologie irrealizzate, e i lavoratori sono condotti dai padroni e dalle padrone che indirizzano la loro rabbia verso chiunque sia diverso e in ogni esistenza c'è dell'ingiustizia, reale o immaginata, ingiustizia cui non c'è rimedio che venga da raggi laser o pugni super forti e, 'fanculo!, le nostre storie non raccontavano di mantelli e scienziati pazzi e modelli di comportamento, ma di gente vera, che sa di non avere altro a disposizione che la propria intelligenza e le proprie parole, che sa cosa significhi essere egoisti e spaventati ma fare comunque la fottuta cosa giusta, che sa cosa significhi convivere coi mostri che abbiamo dentro casa e dentro la mente.
E pensavo, lo pensavo davvero, che ci stessimo sincronizzando con quelle vibrazioni, con ogni parola e con ogni vignetta, e mi perdonerete se mi lascio andare a un momento di amarezza oscura e senza fiato nello scoprire che queste sono le storie che vengono tagliate, che queste sono le estremità rinunciabili della grande cultura popolare, le prime a cui le grandi aziende rinunciano quando la tempesta si presenta all'orizzonte. Noi siamo la coda della lucertola. Non facevamo abbastanza soldi.
Immagino che il punto sia che non si può scrivere una storia come Hellblazer senza prenderla sul personale. Ed è un problema, soprattutto quando lavori a contratto. Ma noi avevamo dei piani. C'erano altri sei numeri già approvati e poi altri sei. Nella mia ingenuità ho dato per scontato che quel che stavamo costruendo ci avrebbe portati almeno fino al diciottesimo o ventesimo numero.
Non è andata così. Che sia colpa della poca voglia di rischiare, del Covid o di una previsione economica, Spurrier vede finire Hellblazer, una serie che poteva immaginare di scrivere per sempre. Con l'aggiuntiva delusione di vedere se stesso e i suoi collaboratori senza altri progetti su cui cadere, come rete di sicurezza, in un anno come il 2020 che ha già portato la DC Comics a scelte traumatiche a dir poco. Consapevole di non essere assolutamente l'unico fumettista in difficoltà, nemmeno quello in acque peggiori, Spurrier non può far altro che invitare i lettori a seguire gli ultimi quattro numeri della serie, che, promette, contengono tutta la passione e la qualità dei primi e di questo amarissimo addio.
Fonte: Simon Spurrier