Marvel: Eve L. Ewing parla di Outlawed e del destino dei Champions
Eve L. Ewing, scrittrice di Outlawed e della nuova serie sui Champions, parla della nuova generazione di eroi Marvel e della propria carriera
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Ewing - La questione del potere politico nelle mani delle persone più giovani e delle sfide messe di fronte alla loro controcultura da quel che gli adulti definiscono come buon senso è qualcosa che si ripete da sempre, di generazione in generazione.
D'altra parte, sono convinta che la natura della nostra ipocrisia nei confronti dei giovani di oggi abbia delle peculiarità. Credo sia ormai semplicissimo vedere come il cambiamento climatico stia rovinando il futuro degli adolescenti odierni, minacciando persino la possibilità di vivere una vita piena. E tuttavia vediamo che si nega proprio ai ragazzi la possibilità di prendere decisioni importanti sulla direzione della nostra società.Senza anticipare troppo, sappiate che nel prossimo futuro i Champions dovranno confrontarsi con la realtà della nuova legislazione, sia come individui che come squadra. Se pensate a loro singolarmente, non saranno tutti colpiti dal divieto di essere eroi allo stesso modo.
La Ewing ha quindi parlato della sua giovinezza nerd, spesa nella città di Chicago e coltivata grazie a una fervida fantasia che l'ha sempre spinta a creare storie. In effetti, dall'età di dodici anni, ha sempre scritto e ne ha poi fatta una professione, anche se come giornalista e scrittrice di prosa, prima di debuttare recentemente nel mondo del Fumetto.
Ewing - Ogni forma di scrittura è una soddisfazione e una sfida. Non c'è un genere che sia più facile o difficile di altri. In ogni processo di scrittura si giunge a un punto in cui ci si sente bloccati, in cui si arriva a detestare tutto ciò che si è fatto fino a quel punto e ci si chiede cosa diavolo si avesse in mente, convinti di non essere buoni a nulla, senza speranza. Ma poi si ragiona un attimo, si prende una pausa, si fa un bel respiro, si torna al lavoro e si produce qualcosa di decente. Ecco il momento di soddisfazione: gli attimi in cui ci si mette in moto, a prescindere da ciò che si sta scrivendo.
Passare al mondo dei fumetti è stata una sfida colossale e un atto che mi ha reso modesta. Sono ossessionata dall'idea di ricominciare da capo, dal livello di principiante, entrando in un ambito in punta di piedi e mettendomi a studiare. Amo imparare, chiedermi come migliorare in maniera sostanziale, avere dei mentori che mi giudichino. E poi è stato davvero d'ispirazione l'appoggio e l'affetto di tanti fan che mi hanno dato una possibilità. Sono ancora nella fase di innamoramento di questo lavoro e non mi pare vero che sia il mio.
Praticamente tutti i miei lavori sono stati frutto di una collaborazione, anche nei casi in cui da fuori sembra che abbia fatto tutto da sola. Ho sempre lavorato con editor o con altri artisti. Credo che sia una delle cose che più mi piacciono della scrittura, specialmente dei fumetti: posso avere come colleghi persone di talento e brillanti e, quando mi viene in mente una nuova idea, loro la portano in vita in maniere che non avrei mai neppure immaginato. Grandioso.
Una delle cose che rende molto affascinante l'Universo Marvel, per me, è che non c'è nulla di strettamente deciso e fisso dal punto di vista etico. L'ambiguità morale e la complessità etica sono domande inesauribili all'interno di questo mondo narrativo, il che permette di raccontare un numero di storie potenzialmente infinito.
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