Hellboy, la recensione del film
Abbiamo recensito per voi Hellboy, reboot cinematografico del personaggio firmato da Neil Marshall
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Seconda saggia decisione, decisamente interessante, è quella di rendere Hellboy molto più boy rispetto al suo passato cinematografico. La storia del demone dalle corna spezzate diventa quella di un sostanziale adolescente, con grandi problemi con la figura paterna, sempre fuori equilibrio, insoddisfatto e con una identità ancora in via di definizione. Non a caso il ruolo del professor Bruttenholm è molto più importante in questo nuovo film di quanto non lo sia stato nei precedenti e di quel che ricopre nelle storie originali a fumetti. Trovata interessante, che si manifesta anche esteticamente: via il sigaro di Hellboy, capigliatura lunga e disordinata da ribelle incazzato, andatura sgraziata e asimmetrica.
L'Hellboy di David Harbour non è male, anche se nascosto sotto un trucco davvero pesantissimo. Si muove discretamente sullo schermo ed è esteticamente convincente. La strega Nimue interpretata da Milla Jovovich sarebbe un cattivo più che convincente se ci interessasse qualcosa di lei e facesse mezza cosa che non ci aspettiamo o in maniera anche solo vagamente non già vista. Ian McShane, nei panni di Trevor Bruttenholm è un grande attore con la mordacchia, incapace di recitare male, ma distante dal mostrare tutto il suo carisma. Ha un ruolo non troppo diverso da quello di Wednsday nella serie American Gods, ma il confronto è impietoso.
A proposito: c'è comicità in Hellboy, per fortuna, che non si prende sul serio. Anche buona, in alcuni momenti, mai eccezionale, se non in un caso. I cammei di Lobster Johnson, uno dei personaggi più sopra le righe e adorabili dell'universo di Mignola, sono onestamente uno spasso. Peccato siano parentesi brevissime in un film tutto sommato anonimo.