Avengers: Endgame, la recensione del film
Abbiamo recensito per voi Avengers: Endgame, il film che chiude la saga dei Vendicatori al cinema
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Che ci emozionassimo era scontato. Scontato come tanti degli elementi della trama, fortissimamente prevedibili. Alla sensibilità di ognuno stabilire quanto questo abbia contato nella valutazione della visione. Perché la destinazione di un grave in moto parabolico è tanto più facile da intuire ad occhio nudo quanto più il suo moto è lungo. E noi sappiamo quale sia il senso di questi personaggi, quale sia il loro significato da moltissimo tempo. La Marvel è stata fedele al loro ruolo, lo ha nutrito e allattato film dopo film con quasi tutti loro. L'unica eccezione possibile è Thor, che infatti rappresenta probabilmente la sorpresa più interessante di Endgame. Gli altri finiscono esattamente dove dovevano finire. Non ci ha stupiti. Non stupirà chi di voi ancora deve andare al cinema.
Perfetto per la stessa ragione per cui è prevedibile, tutto sommato. Ci sono dei dettagli e delle singole decisioni, delle reazioni e dei comportamenti, in questo epico finale, che sono figlie della natura dei personaggi, gelosamente custodita, rigorosamente rispettata, affettuosamente accudita da Kevin Feige e dai suoi. Il che è onestamente ammirevole. Siamo spiacenti, non vogliamo fare spoiler, quindi non possiamo scendere nel dettaglio, ma fidatevi. Quando vedrete o rivedrete la pellicola (non è un film) fate attenzione a certe parole di Steve e Tony, a certe cose che fanno. Erano in preparazione da anni e, se avrete la vista aguzza, ve ne accorgerete.
Che fatica, parlare di Endgame. Che fatica analizzare e raccontare queste tre ore sbilenche, con alcune scelte di sceneggiatura discutibili, con una commistione di stili cinematografici e di messinscena che non avrebbe senso se questo fosse un film. Per fortuna non lo è. Non gli avremmo voluto così bene, se lo fosse, se non rappresentasse l'incarnazione consapevole di tutta la cavalcata di undici anni, nata dall'Iron Man di John Favreau, giustamente omaggiato sul finale di Endgame. In quel senso, è una gioia per gli occhi. In senso cinematografico, sarebbe stato solo adeguato. Fallisce nel compito che molti di noi gli avevano assegnato, un po' egoisticamente: essere Il Ritorno del Re della Marvel. Non ha la qualità e le spalle abbastanza larghe per reggere il ruolo. Ma raccoglie ogni oncia di investimento emotivo, ogni briciola di amore che abbiamo provato per i film che ne hanno preparato il percorso e mette in scena ogni forma di nobilità e di sofferenza, contraddizione, forza, coraggio, sudore che serve per essere eroi. E di questo, lo ringrazieremo a lungo.