Bonelli, 70 anni di Tex: intervista a Pasquale Ruju

In occasione dei 70 anni di Tex, abbiamo intervistato per voi Pasquale Ruju

Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.


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Dopo Claudio Nizzi, il nostro giro di interviste in occasione dei 70 anni di Tex prosegue con un altro sceneggiatore, nonché colonna portante di Sergio Bonelli Editore. Parliamo del secondo scrittore più prolifico di Aquila della Notte in attività, dietro al suo editor Mauro Boselli. Ritroviamo su BadComics.it Pasquale Ruju!

Ciao, Pasquale! Bentornato su BadComics.it.
Il tuo battesimo su “Tex” avviene con la storia “Nella terra dei Klamath”, ospitata su ”Almanacco del West 2004”. Cosa ricordi di quell'esordio?

Grazie. In realtà, fu la mia seconda sceneggiatura per "Tex"; la prima, “La palude nera” ["Almanacco del West 2008" - NdR] sarebbe uscita solo diversi anni più tardi. Ricordo la gioia di lavorare con Roberto Diso, il mitico disegnatore di alcuni dei miei “Mister No” preferiti, e per contro il peso della responsabilità di scrivere una storia per “Tex”. Cercai di dare il meglio, oggi lo considero un passo avanti verso una “maturità texiana” che sarebbe arrivata solo qualche anno dopo.

Ti vediamo per la prima volta sulla serie regolare quasi sei anni dopo, con “Tex 598: La prova del fuoco”, uscito nell'agosto 2010. Cos’è accaduto in questo lungo intermezzo?

Ho scritto altre storie per “Dylan Dog”, lavorato alle mie miniserie “Demian” e “Cassidy”, e ovviamente… A “Tex”. Nel momento in cui usciva “La prova del fuoco” avevo già completato altre tre o quattro sceneggiature ed ero ormai in forza allo staff del nostro Satanasso.

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Come dicevi, prima di arrivare a “Tex”, hai lavorato - e continui a farlo - per l'altra icona di prim’ordine di Sergio Bonelli Editore, "Dylan Dog". Parliamo di due eroi e due fumetti totalmente diversi. Hai riscontrato delle difficoltà nel passare dall'Indagatore dell'Incubo ad Aquila della Notte?

Si tratta di personaggi molto differenti. Passare da Dylan a Tex è stato un po’ come quando un attore si prepara per un nuovo ruolo. Ho riletto nel giro di pochi mesi tutti gli albi fino ad allora pubblicati, fatto prove, errori e correzioni. Rivisto i miei canoni e i ritmi di sceneggiatura.

Dylan è un antieroe, un uomo tutto sommato “normale”, fallibile, con pregi, difetti, paure e debolezze comuni a molti di noi. Tex no, Tex è un eroe “classico”, e come tale va affrontato. Non posso dire che sia stata una passeggiata, ma alla fine ho scoperto che era nelle mie corde quanto e forse più di Dylan. Il western, in fondo, è alla base di quasi tutta la narrativa di genere. Forse per questo scrivere “Tex” è stata per me una sorta di “seconda giovinezza” professionale.

Grandi scrittori ti hanno preceduto su “Tex”, dal suo creatore Gianluigi Bonelli al suo attuale editor Mauro Boselli, passando per Claudio Nizzi e Guido Nolitta: ce n’è uno al quale ti senti più affine relativamente allo stile?

Pur apprezzando, e molto, tutti gli altri autori, ognuno dei quali ha conferito a “Tex” una sua particolare impronta, ho cercato di rifarmi alle storie GLBonelliane, quelle della mia infanzia. E allo stesso tempo, su suggerimento proprio di Sergio Bonelli, ho cercato in me la “musicalità” della scrittura di “Tex”. Quel particolare respiro, quel modo, quel ritmo che distingue una storia di “Tex” da un semplice fumetto western. “Tex” ha una sua “musica”, un mood si direbbe oggi, che il lettore affezionato riconosce immediatamente. E che ogni autore deve sentire e restituire attraverso le sue storie.

Sei stato nostro ospite lo scorso anno, in occasione del trentennale di “Dylan Dog”, e lo sei ora per i settant’anni di “Tex”: come ti reputi oggi, un autore di “Dylan”, di “Tex” o di entrambi?

Un po’ di entrambi. Sicuramente, rispetto a un tempo, la mia produzione dylaniata è andata calando, ma ancora oggi amo tornare di tanto in tanto a Craven Road. Dopo tutti questi anni, mi sento ancora di casa. Ovviamente oggi è però “Tex” la testata a cui dedico la maggior parte del mio tempo.

Risulti tra gli sceneggiatori più prolifici per entrambi i personaggi, con un numero impressionante di episodi firmati. Qual è il tuo segreto e dove trovi l’ispirazione per innescare il processo creativo?

Credo che l’ispirazione nasca proprio dal lavoro quotidiano. Ci si “fa i muscoli”, per così dire, dedicando ogni giorno molte ore alla scrittura. Uno sceneggiatore è prima di tutto un buon artigiano, non deve essere avaro di idee, né crogiolarsi nei risultati raggiunti. Alla fine si fa questo mestiere anche perché si possiede il gusto di raccontare. La narrazione è costruzione, elaborazione, rifinitura. A volte parti da un’idea, altre volte da un personaggio, o da una suggestione avuta durante la lettura di un libro, un viaggio, la visione di un film, ma devi soprattutto saper strutturare una storia, portarla in fondo senza annoiare chi ti legge. Se lo fai bene, anche da un piccolo spunto può nascere una grande avventura.

A quali storie di “Tex” ti senti più legato e perché?

Sicuramente a quelle che leggevo da ragazzo. “Uno contro venti” ["Tex 2", dicembre 1958 - NdR], “Tra due bandiere” ["Tex 113", marzo 1970 - NdR]. Ho amato molto “El Muerto” ["Tex 190", agosto 1976 - NdR], di Guido Nolitta, ma anche tante storie di Claudio Nizzi e di Mauro Boselli. Ovviamente, adoro tutti i cicli su Mefisto su Yama. Dopo settant’anni, il numero di storie predilette continua a crescere, ed è una fortuna.

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Lo stiamo chiedendo a tutti gli autori che intervisteremo in occasione dei 70 anni di “Tex”: qual è la tua personale opinione sul suo successo inossidabile?

“Tex” è rimasto uguale a se stesso. Non ha mai tradito il suo pubblico, né continua a farlo. È un Eroe, uno degli ultimi in un mondo che è cambiato così tanto. Forse è proprio questo, il suo essere un punto fermo, a farlo amare ancora oggi da vecchi e nuovi lettori.

Cosa ne pensi della nuova serie “Tex Willer”? Ti vedremo, prima o poi, anche sulle sue pagine?

Sicuramente sì. Sarà un’altra bella sfida, mi auguro gradita al pubblico texiano. Di certo, il lavoro dietro a questa serie è stato tanto. Io ci credo molto, come ci crede il curatore e autore principale, Mauro Boselli. Ai lettori il verdetto finale.

Puoi confidarci a quali progetti lavorerai nell’immediato futuro?

Altre storie di “Tex”, un nuovo romanzo, un paio di graphic novel, un adattamento teatrale e uno script cinematografico… Per ora non posso dire di più. Di certo il prossimo sarà un anno piuttosto intenso.

Pasquale Ruju

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