Vagabondaggi, la recensione
Abbiamo recensito per voi Vagabondaggi, l'ultima opera dell'artista cinese Zao Dao
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Nonostante la giovane età, Zao Dao (classe 1990) si è conquistata da tempo l'attenzione di critica e pubblico su scala internazionale grazie ai suoi incredibili lavori ad acquarello, divenendo un fenomeno del web, dopo aver postato in rete alcune delle sue creazioni. In Italia abbiamo conosciuto questa straordinaria artista cinese grazie a Oblomov Edizioni, che ha pubblicato prima Il soffio del vento tra i pini e poi Carnet Selvaggio.
Per mezzo del suo inestimabile talento e della sua tecnica raffinata, Zao Dao esprime un collegamento tra cultura popolare ed erudita del proprio popolo e si fa trait d’union tra leggenda e modernità, tra mito e quotidianità, superando i confini del suo paese e arrivando al cuore di ognuno di noi.
Di contro, le pagine in oggetto non raggiungono quasi mai la qualità estetica, la cura e il dettaglio con cui Il soffio del vento tra i pini e Carnet Selvaggio ci hanno incantati. Possiamo ammirare appieno, tuttavia, altre indiscutibili doti della sua artefice, per nulla inferiori a quelle di sublime decoratrice e assolutamente indispensabili a una brava fumettista: dinamismo e recitazione.
In Vagabondaggi la pittura cede il passo alla narrazione, e Zao Dao è capace di coniugare con apparente semplicità l'immediatezza dei toni parodistici e caricaturali dei manga con la sacralità di un gigante della pittura cinese come Dai Dunbang, riuscendo nuovamente a stupirci per la carica visionaria e al contempo concreta delle sue rappresentazioni.
Il risultato è una storia fatta di immagini caratterizzate da un'efficacia e un'espressività uniche, un sodalizio virtuoso in magico equilibrio tra un prodotto mainstream e un'opera degna del gotha della Nona Arte.