Le stagioni del Commissario Ricciardi vol. 3: Il posto di ognuno, la recensione
Abbiamo recensito per voi il terzo volume di Le stagioni del Commissario Ricciardi
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Prosegue, da parte di Sergio Bonelli Editore, l'adattamento cronologico a fumetti dei romanzi de Il Commissario Ricciardi firmati da Maurizio De Giovanni. Il terzo volume della miniserie Le stagioni del Commissario Ricciardi, uscito lo scorso luglio, è scritto da Paolo Terracciano per i disegni di Alessandro Nespolino e i colori di Francesca Carotenuto.
L'algido guscio del funzionario della Regia Questura del capoluogo campano viene però scalfito dai sentimenti che nutre nei confronti dell'amata Enrica Colombo, tanto da vacillare davanti alla spregiudicatezza dell'avvenente Livia Lucani; trasferitasi a Napoli si presenta come l'agguerrita antagonista della timida ragazza che contraccambia l'attrazione del commissario e che come lui non è in grado di dichiararsi. Livia, invece, ha un carattere forte ed è una delle donne più invidiate e potenti di Roma; è la vedova del tenore Arnaldo Vezzi, e l'abbiano conosciuta nella storia Il senso del dolore.
Rispetto a quest'ultimo e a La condanna del sangue, Il posto di ognuno si distingue per un soggetto più vivace ed emozionante, accarezzato da un'umanità ancora più traboccante - se possibile - degli altri due volumi. È dominato dalla gelosia, che brucia nei personaggi della vicenda più della canicola e non risparmia neppure il Nostro. La nefasta pulsione traspare con efficacia insieme al variegato complesso di emozioni che investono il lettore, esaltate dalla ficcante recitazione di un veterano di via Buonarroti 38 come Alessandro Nespolino (Volto Nascosto, Shanghai Devil, Adam Wild). Il tratto raffinato dell'artista partenopeo si conforma con tutta la sua classe agli stilemi della serie.
Per la prima volta entra brutalmente in scena, attraverso i suoi fedeli servitori, il Fascismo, finora relegato sullo sfondo della saga. De Giovanni ce ne dà una sintetica e quanto mai esaustiva immagine attraverso precise situazioni in cui emerge l'efferatezza, l'ipocrisia e l'incoerenza che contraddistinguono dalla nascita il movimento; ci offre inoltre spunti di riflessione di assoluta attualità, se raffrontati con i rigurgiti e le manifestazioni contemporanee della ripugnante ideologia.
La scansione sequenziale con cui Paolo Terracciano sviluppa la trama è pressoché perfetta, cogliendo al pari dei suoi predecessori, Claudio Falco e Sergio Brancato, l'essenza e lo spirito dello straordinario mondo di Ricciardi. Qui il personaggio di De Giovanni sveste i panni dell'antieroe, soprattutto in due occasioni, dimostrando un coraggio e una generosità che gli valgono il diritto ad honorem di essere ospitato nella galleria di campioni del pantheon bonelliano, apparendo quasi come un novello Tex o un moderno Zagor quando pronuncia la frase con cui lascia andare nientemeno che un assassino:
[...] Io non ti perdono, non è compito mio; ma i tuoi figli hanno bisogno di te e loro vengono prima della giustizia.
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