She-Hulk voll. 1 - 2, la recensione
Abbiamo recensito per voi i primi due volumi di She-Hulk, di Tamaki, Leon, Duarte, Lopez e Gaston
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Il megaevento Civil War II ha lasciato cicatrici evidenti sul fisico e nell’animo di Jennifer Walters: al risveglio dal coma in cui era caduta a seguito di uno scontro con Thanos, la donna che tutti conosciamo come She-Hulk è stata messa a conoscenza della morte di suo cugino Bruce Banner, alias l’Incredibile Hulk, ucciso da una freccia scoccata da Clint “Occhio di Falco” Barton. La Seconda Guerra Civile dei Super Eroi ci restituisce una Jen profondamente cambiata, non più l’eroina positiva, solare e in pieno controllo dei suoi poteri ma una figura tormentata e incapace di tenere a freno la rabbia, proprio come l’Hulk originale.
Le avventure post-Civil War II di Jennifer Walters sono narrate da Mariko Tamaki – autrice canadese all’esordio su una serie Marvel – e portate in Italia da Panini Comics. Benché in copertina campeggi la testata di She-Hulk, i due cartonati in oggetto contengono i primi undici numeri della serie Hulk targata Marvel NOW!: la scelta editoriale operata dalla Casa delle Idee è volta a sottolineare il radicale stravolgimento del personaggio e la continuità tematica con la cinquantennale storia del Gigante di Giada.
Operato questo ribaltamento, la Tamaki passa ad analizzare la reazione della protagonista a questa inedita situazione. Essere stata negli Avengers e nei Fantastici Quattro potrebbe non servirle granché nella gestione di una condizione psicologica precaria; e, infatti, attraverso un vorticoso flusso di coscienza entriamo nella testa della protagonista, ne condividiamo gli stati d’animo, che oscillano dalla voglia di riscatto e di condivisione alla paura, dalla speranza alla disperazione. Grazie al parallelo tra la protagonista e i suoi assisti, la scrittrice indaga l’ambiguità dell’animo umano, la natura – a volte involontaria — del male e la gestione delle pulsioni irrazionali.
Sia A pezzi che Monsterchef sono storyarc intensi, tragici, densi di eventi che mettono a dura prova il già fragile stato d’animo dell'eroina. Nonostante alcuni siparietti comici, come quelli con l'assistente Bradley, i toni della serie restano decisamente cupi, a tratti soffocanti. Non mancano cammeo di altri super eroi Marvel, ma la loro presenza serve semplicemente a rimarcare il distacco e il disgusto di Jen per quel mondo. Persino la miglior amica, Patsy “Hellcat” Walker, può fare poco in una fase così delicata.
Se la prova della Tamaki si impone per la delicatezza, la profondità e l’eleganza della prosa, lo stesso non possiamo dire degli artisti che si alternano al tavolo da disegno. Il primo cartonato è firmato da Nico Leon, l’unico in grado di interpretare, con il suo stile asciutto, il grande lavoro introspettivo della scrittrice. Scarsa espressività e poca originalità nella gestione della tavola sono invece le pecche della prova decisamente mediocre di Georges Duarte, Julian Lopez e Francesco Gaston, mentre Bachan svilisce con le sue matite poco incisive il divertente - e metafumettistico - capitolo conclusivo del secondo volume, in cui Jen è alle prese con un appuntamento galante.
Va detto che la scarsa qualità estetica non penalizza oltremodo questa serie interessante, che riporta al centro della scena un personaggio diverso rispetto al passato ma ancora accattivante.