Lake Como Comic Art Festival: Intervista a Greg Capullo
Abbiamo intervistato per voi Greg Capullo, artista di Batman, Spawn, Haunt e Dark Nights: Metal
Alpinista, insegnante di Lettere, appassionato di quasi ogni forma di narrazione. Legge e mangia di tutto. Bravissimo a fare il risotto. Fa il pesto col mortaio, ora.
Abbiamo incontrato un uomo divertentissimo, con un sacco di voglia di chiacchierare, che ci ha svelato particolari sui suoi colleghi molto interessanti e ci ha detto parecchio di come vive il suo lavoro di disegnatore. Buona lettura a tutti quanti.
BATMAN E IL RAPPORTO CON SCOTT SNYDER
Ciao, Greg! Benvenuto su BadComics.it!
Una collaborazione che definirei fruttuosa con Scott Snyder, su "Batman", vi ha portati entrambi al successo negli ultimi anni. Una rivelazione per il personaggio che ne è uscito decisamente rinnovato e su cui ora stanno lavorando altri grandi autori. Com'è stato per te, che hai grande esperienza, lavorare con una nuova stella del Fumetto come Snyder? Oggi come oggi è forse lo sceneggiatore che la DC mette più in vetrina.Sono entusiasta del successo di Scott, e credo che se lo meriti. Non abbiamo però iniziato benissimo la nostra collaborazione. Sono un artista della vecchia scuola, di formazione Marvel, il cui metodo è molto focalizzato sulla trama. Scott, invece, viene dalla prosa ed era abituato a sceneggiature lunghissime. Io sono abituato a lavorare con autori che, per lo più, mi potevano raccontare la loro sceneggiatura al telefono, dandomi coordinate sulle pagine, sulle azioni dei personaggi, sui dialoghi e lasciandomi lavorare. Sono passato da un atteggiamento estremamente rilassato a Scott, che mi mandava testi chilometrici e dettagliatissimi. E il mio primo bisogno è stato quello di levarmelo dai piedi.
Lui, però, era estremamente orgoglioso delle sue sceneggiature, della sua notorietà, e quindi era molto protettivo nei confronti del suo lavoro. Quindi, a un certo punto, siamo arrivati al fatto che lui era disposto a licenziarsi pur di non lavorare con me. E anche io ero pronto a presentarmi in ufficio e dire a tutti che dovevano scegliere: o lui o me. E sapevo che avrebbero scelto lui, ma ero lo stesso deciso a farlo. Oggi ci scherziamo, ma all'epoca fu durissima.Comunicavamo solo via mail, e i dialoghi andavano così. Io scrivevo: "Non mandarmi tutta questa roba. Non mi servono tutte queste parole. Mandami solo le parti importanti", e lui: "Tutte le parole sono importanti". Io: "No. Non è vero". E lui iniziò a mandarmi l'elenco di tutti i suoi premi, di tutti i suoi successi, per farmi capire che era bravo in quel che faceva. E io gli dissi: "Sono certo che la tua mamma sia molto orgogliosa". E lui fu dolcissimo. Mi disse che in effetti era molto orgogliosa e che era un talento di famiglia. Io mi misi a ridere. Nemmeno capiva che lo stavo prendendo in giro.
Quando la nostra collaborazione cominciò, Bob Harras era l'Editor-In-Chief della DC Comics. Era stato il mio editor alla Marvel, ai tempi di "X-Force", ed è lui che ha pensato che saremmo stati una buona squadra. Io non avevo mai sentito parlare di Scott Snyder e non sapevo cosa avesse in mente Bob, il quale, dopo il nostro pessimo inizio, ci disse: "Ma perché vi parlate? Lavorate assieme e basta, senza parlarvi!" Io e Scott non lo ascoltammo e iniziammo a parlare. Fu allora che capimmo, pian piano, che entrambi tenevamo molto al personaggio e che lo rispettavamo, che eravamo entrambi follemente ossessionati dal nostro mestiere, dalle nostre capacità. Con il tempo, lui iniziò a lasciarmi sempre un po' più di spazio per lavorare e, ora come ora, abbiamo creato una sinergia che quasi ricorda quella rilassatezza che avevo a disposizione alla Marvel.
Devo essere onesto con te: non ho la minima idea del perché alla gente piaccia così tanto quello che abbiamo raccontato assieme. A volte ne discutiamo, io e lui. E Scott ha le sue idee. Una volta ha provato a sostenere che fosse merito della nostra amicizia genuina, che la gente percepisse il fatto che ci vogliamo bene dalle pagine delle storie. Non lo so. Magari è possibile. Ma non credo. Non so quale sia la ragione, ma sono contento di come sono andate le cose, perché ci sono un sacco di fumettisti di talento, e quel che li distingue gli uni dagli altri è la stima dei lettori. Non è una cosa che puoi controllare o creare in laboratorio. Un team creativo non nasce a tavolino come una boy-band. "Oh, questi ragazzi sono tutti carini, sanno cantare e ballare: la gente li adorerà". Non va così. Sono grato del fatto che piacciamo alla gente e spero che la gente continui ad amarci.
Non vedo perché no. Avete attirato l'attenzione da subito, e il vostro successo è stato molto costante, nel corso del tempo.
Vero. Scott è un bravissimo scrittore e ha sempre delle idee molto interessanti. Io sono sempre molto attento ai miei disegni, al modo in cui disegno e alle scadenze. E Scott mi mantiene sempre interessato a quel che sto facendo. Finché riuscirà a interessarmi alle storie mentre disegnerò, credo che i nostri albi saranno interessanti anche per il pubblico.
Continua nella prossima pagina - segue: Spawn, Todd McFarlane e l'evoluzione dello stile
SPAWN, TODD McFARLANE E L'EVOLUZIONE DELLO STILE
Parliamo del tuo passato. Quando sei passato dalla Marvel alla Image e hai iniziato a disegnare "Spawn", molti lettori sostenevano che tu ti fossi adattato allo stile di disegno di Todd McFarlane, creatore del personaggio e suo sceneggiatore, oltre che leggendario artista. Cosa ci racconti di quel periodo? E, soprattutto, c'è del vero in quelle affermazioni?
Non credo sia del tutto vero. Ti faccio qualche esempio. Io ho iniziato con "Quasar" e, quando ho preso in carico "X-Force", Rob Liefeld aveva appena mollato. Una delle preoccupazioni più grandi, quando c'è un avvicendamento fra artisti su una serie di successo, è cosa succederà se il suo creatore non la disegnerà più. Bob Harras mi diede un sacco di indicazioni sulle famose tasche e borse dei personaggi, sul fatto che potevo realizzare armi enormi e assurde. Venni catechizzato, quasi, allo stile di Liefeld, eccessivo e sopra le righe. All'epoca, visto che sono un artista su commissione, mi adattai.
Poi andai a lavorare per Todd, e la musica cambiò. Ecco come andò: quando McFarlane inchiostra i tuoi disegni, sei destinato ad assomigliargli almeno un po', perché ha uno stile molto pesante e di grande personalità nell'inchiostrare, ma in realtà non mi ha mai detto cosa fare in termini di stile. Parlavamo solo di storytelling, del modo in cui visualizzava certe scene. Pian piano, però, mi lasciò libertà quasi totale anche su quello, mi ero guadagnato la sua fiducia. Non mi disse mai che non potevo fare qualcosa, non c'erano soluzioni giuste o sbagliate.
Quindi iniziai a sperimentare, tanto che oggi, a volte, se riguardo i miei disegni per "Spawn" sono incredulo. Non riesco a credere di aver disegnato quei dettagli stranissimi, quelle cose assurde. Ma sperimentavo moltissimo e mi divertivo un sacco. Mai per imitare Todd consapevolmente. Soprattutto, mi concentravo moltissimo su quel che i miei disegni e la mia gestione dello spazio e delle proporzioni comunicavano dal punto di vista emotivo. Quella era la mia preoccupazione principale. Chi se ne importa se la testa di Sam era anatomicamente strana o scorretta, finché comunica la sensazione emozionale che mi interessa, visceralmente.
Convogliare la sensazione pura.
Sì, e mi concentravo solo su quello. Infatti, nella mia run su "Spawn" avete visto il mio stile cambiare - è vero - in maniera radicale, ma proprio in virtù di quella libertà totale che Todd mi ha garantito e consentito e della mia crescita personale, cosa che credo sia ancora in corso. Ma, quando sono passato a "Batman", mi ricordo di un paio di convention a cui andai dove c'era un sacco di gente che non era per nulla contenta del mio arrivo, convinta che avrei rovinato la serie e il personaggio, che lo avrei trasformato in "Spawn" e che il suo mantello avrebbe preso vita.
Pregiudizi.
Esattamente. Da parte di una minoranza che si faceva sentire parecchio. Invece io avevo una mentalità molto più aperta rispetto all'approccio visivo di oggi, per nulla attaccata agli eccessi degli anni Novanta. Perché, ammettiamolo, esageravamo. Soprattutto nelle linee. Mi ricordo alcuni disegni di "Spawn" che, in originale, sembravano completamente grigi, terminate le matite, perché le linee erano onnipresenti. Quindi io stesso mi posi il problema di adattarmi alla rinnovata sensibilità visiva. Rimanendo me stesso, ma in una versione contemporanea. Il Fumetto è come la Musica: una canzone grandiosa per gli anni Sessanta non lo sarebbe anche oggi. E io non voglio suonare antiquato.
Quindi, in realtà, è stato proprio per "Batman" che ho adattato il mio stile, addestrandomi a recuperare la mia formazione di disegnatore, il modo in cui mi ero formato al disegno da giovane, portandone alcuni aspetti alla luce. Ora, il livello di dettaglio delle mie matite dipende dalla storia. Se credo che ce ne sia bisogno, li aggiungo, come ho fatto su "Metal", altrimenti no. Quindi, per tornare alla tua domanda iniziale, sì, certo che Todd McFarlane mi ha un po' influenzato, ma soprattutto dandomi una libertà incredibile. E poi, puoi disegnare un omino a bastoncino, se vuoi, ma se è lui ad inchiostrarlo, vedrai che alla fine, un po' somiglierai anche tu a Todd McFarlane.
Magari fosse, perché sono un disegnatore incapace. Stavo per chiederti quale sia la tua relazione con Todd in generale, ma in pratica mi hai già in parte risposto.
Be', posso dirti che siamo ancora ottimi amici, al di là del lavoro. Era al mio matrimonio, io a quello di suo figlio. Siamo sempre in contatto. Se siamo nella stessa città, ci vediamo sempre. Quindi posso semplicemente dirti che gli voglio bene. Gliene ho voluto tanto e sempre gliene vorrò. Abbiamo vissuto assieme uno dei migliori periodi della mia e della sua vita, lavorando assieme.
E cosa è successo a "Spawn" quando te ne sei andato? Che fine ha fatto il successo che avevate ottenuto assieme? Può darsi che la sua crisi dipenda dal disinteresse di Todd per il personaggio?
Forse in parte. Ma c'è una cosa interessante. Quando io arrivai su "Spawn", stavo sulle palle a un sacco di gente.
Non a me.
Be', grazie mille, davvero. Ma un sacco di gente diceva: "Chi diavolo è questo Capullo? Noi rivogliamo Todd ai disegni". Poi, dopo un po' di tempo mi hanno voluto bene e, dopo che ho lasciato hanno provato altri disegnatori. Hanno provato con Medina, poi con Phil Tan e altri. Ma nessuno conquistò i fan. E c'è chi ancora oggi mi chiede di tornare a disegnare "Spawn", pensa te.
Non hai un po' la sensazione che il personaggio e la sua storia, per come nacquero, fossero pensati per avere una fine e che invece il modello di Fumetto americano, che quasi esige che un personaggio del genere perpetui se stesso, abbia tradito quella natura originaria?
Probabile. Credo che ci sia della verità, così come è in parte vero che Todd ha cambiato priorità e che la qualità si è abbassata, all'epoca. E non posso biasimarlo. Fare fumetti non sarebbe altrettanto lucrativo per lui e la sua famiglia, rispetto al suo lavoro per le action figure. Sapeva che i fumetti avevano un orizzonte più ridotto, e ha cambiato rotta. Todd è un tizio intelligente, un grande uomo d'affari. Nonostante ciò, sono convinto che avrebbe dovuto dare un po' più d'amore alla sua creatura, a Spawn, perché credo che inizialmente volesse farlo diventare un personaggio all'altezza di Superman o Spider-Man.
E a un certo punto, credo che sia stato anche possibile.
Sarebbe stato comunque un'impresa, perché si tratta di un antieroe, con cui racconti storie non per tutti, con molta più violenza. E con controversie religiose.
[gallery size="large" ids="161894,161895,161896"]
Sarebbe ancora più complicato oggi: in un mondo in cui quel che Nick Spencer fa con Capitan America viene riconosciuto come un successo dalla critica ma fa arrabbiare gran parte del pubblico americano, non credo che la primissima versione di Spawn otterrebbe il successo che ebbe allora. Da quel che hai detto prima, emerge un concetto. McFarlane ha vissuto il picco di successo dei comics, lo ha riconosciuto e ha cambiato settore, prima della discesa inevitabile. Domanda: si sta preparando, forse, un nuovo picco di successo?
Sì, ma vedrai che impallidirà a confronto con quegli anni. Quell'era è semplicemente una follia, e mi piacerebbe pensare che potrebbe tornare, ma è difficile. Ci sono troppe alternative incredibilmente attraenti per i ragazzini. I videogiochi di oggi sono una cosa pazzesca.
E pensa che anche il loro mercato è un po' in crisi.
Sì, ma impegnano il tempo e sono visivamente incredibili. E, con lo sviluppo di visori immersivi e realtà virtuale, lo sarà sempre di più. Quindi sono scettico se mi dici che torneremo a un'epoca in cui il primo numero di una serie vende un milione di copie. Robert Kirkman, con una storia incredibile e tutto il sostegno della serie TV, ha venduto mezzo milione di copie del numero #100 di "The Walking Dead". Mica male. Una bella cifra.
Ovviamente, i grandi numeri di oggi non sono quelli di allora.
Esatto. Chiariamoci, è un successone per tutti, nella nostra epoca. Magari altri ci riuscissero. Home run! Ma questo ti dà la distanza con quel che succedeva allora. Credo che il Cinema ci dia una grande mano. Fortunatamente Hollywood è arrapatissima da ogni progetto fumettistico. Forse sta per arrivare una nuova crescita. I miei bambini hanno appena visto "Black Panther", hanno scoperto che esistono dei fumetti del personaggio e ne sono interessati. Questo ci dà un po' di spazio per una rivitalizzazione dell'ambiente, ma dammi retta: non torneremo certo agli anni Novanta.
Continua nella prossima pagina - segue: Reborn, Mark Millar e le tentazioni della Marvel
REBORN, MARK MILLAR E LE TENTAZIONI DELLA MARVEL
Parliamo di "Reborn", che hai realizzato con Mark Millar. Avete lavorato insieme per la volta, giusto?
Prima volta, sì. Mi sto divertendo un sacco. Non ci conoscevamo molto bene, e lui mi ha chiamato al telefono, per dirmi che aveva questa idea grandiosa per me, per la quale sarei stato perfetto, e che avrebbe tenuto da parte il progetto per me. Mi chiese se mi interessasse, e dissi di sì. Attaccai il telefono. Mia moglie, che era lì, mi chiese: "Di cosa parla?". Ed io: "Non ne ho idea". Lei mi fa: "Perché non hai chiesto?". "Perché è Mark Millar. Probabilmente, questa storia diventerà un film. Potevo forse rifiutare? Ovvio che accetto".
Ha questa tendenza. E ora che lavora per Netflix, anche di più.
Esatto. A mia moglie ho detto che poteva anche essere "Brackley-Man contro la Cacca" e io avrei voluto disegnarlo al meglio delle mie possibilità. Invece la storia è molto carina e mi ha dato l'opportunità di creare un intero universo narrativo. In più, Mark è un tizio con cui viene facile lavorare. Fin da subito ti manda sei sceneggiature complete e tu puoi lavorare alla progettazione del mondo. E, mentre facevo i miei studi, mi sono venute in mente un po' di idee per un personaggio. Gliele ho mandate, e lui subito le ha accolte con entusiasmo. Quindi ti mette a tuo agio.
[gallery size="large" ids="125740,125741,125742"]
E poi è appassionato di voi artisti. Proprio un fan, secondo me. Credo che metà delle ragioni per cui scrive siano legate al fatto di avere una scusa per lavorare con voi.
Hai ragione. Gli piacciono un sacco gli autori con cui lavora.
E credo che ogni sceneggiatore dovrebbe essere come lui, almeno in parte. Motivo per cui spero proprio che la storia sia buona e che abbia successo.
In America sta piacendo. Sono felice che Netflix l'abbia comprata, vedremo cosa succederà.
Hai altri progetti in corso, in questo momento? Perché, magari ricordo male, ma mi pare che dicesti, agli esordi del tuo ciclo su "Batman", di essere tornato a disegnare per pagare il college a tuo figlio.
[Ride] No, no. Ricordi bene. Da giovane non volevo dei figli, e non ne ho mai avuti. Ma la mia seconda moglie si è presentata a me con due accessori: Daniel e Jackson. L'accessorio Daniel si stava avvicinando all'età del college, e quindi io, che lavoravo con Kirkman a un fumetto che alla gente faceva schifo ["Haunt", che a noi piaceva - NdR], avevo ancora parecchi soldi che mi arrivavano da Todd. Una cifra generosa, ma che non ritenevo sufficiente. Il modo per fare più soldi era il mainstream. Avevo delle alternative, ma ho chiamato la Marvel e la DC. Quindi la mia decisione di tornare al fumetto di super eroi dipende da questo: mantenere al meglio la mia famiglia.
A proposito di questo, avevo preparato una domanda: è vero che la Marvel ti ha offerto gli Avengers di Brian Michael Bendis?
La Marvel mi ha offerto un contratto in bianco per dieci anni.
[gallery size="large" ids="183969,82323,83734"]
Davvero? E tu hai scelto "Batman"?
Sì. Quando li chiamai, alla Marvel mi fecero un sacco di offerte interessanti. Se non sbaglio, pensarono subito a "Wolverine". Sicuramente lo nominarono per primo. La prima cosa che mi proposero alla DC era qualcosa che c'entrava con Batman. Così dissero, senza dettagli. E io contrattai con gli uni e con gli altri. E, davvero, non sapevo cosa avrei deciso alla fine, senza sapere con chi avrei lavorato. Dan DiDio mi chiese di firmare un contratto di riservatezza prima di dirmi quale, di preciso, fosse l'offerta della DC. Firmai e scoprii che era il numero #1 di "Batman". Sono stato un fan della Marvel per tutta la vita e mai avrei pensato di lavorare con la Distinta Concorrenza. Ma poi ti offrono Batman. Il primo super eroe che abbia mai disegnato in vita mia. Quindi mi sentii, improvvisamente, come se stessi per tradire mia moglie, la Marvel, con un'amante bellissima. Ti assicuro che non è stata una decisione facile, davvero. Ma Batman, come fa sempre, ha vinto.
Come fa sempre se ha abbastanza tempo per prepararsi.
[Ride] Esatto. E adesso sono felice della mia scelta. Non solo per il successo che abbiamo avuto, ma perché mi ha concesso di dar vita a qualcosa di molto personale, con un team compatto e che ha mantenuto la sua personalità. Sono davvero felice di come siano andate le cose. Batman è una tale icona che all'inizio mi ha un po' intimidito doverlo rilanciare. Pensai di aver fatto la scelta sbagliata e che alla Marvel sarei stato più a mio agio. Ma alla fine, avere il supporto del pubblico su un'icona come Batman è davvero impagabile.
Stanno rilanciando Wolverine, alla Marvel, lo sai? Lo stanno riportando in vita.
Ah ah! Certo!
Forse, allora, è l'occasione buona per te...
[Ride] Certo. Magari Scott verrà con me.
[gallery size="large" ids="166875,30556,99542"]
Sarebbe grande, ma non credo che sia pronto a tradire sua moglie come hai fatto tu.
Ah, mai dire mai. Scott e io abbiamo parlato di lavorare a qualcosa per la Marvel. Da sempre.
Anche lui è un fan della Marvel?
Posso dirti che gli piacerebbe lavorare su "Ghost Rider".
Oh. Quante cose interessanti salterebbero fuori.
E mi ha confessato che scriverebbe volentieri "Captain America". Una volta mi ha detto: "Dovremmo andare da loro a fare Spider-Man", ma per me è una scelta troppo facile. Tutti vogliono scrivere o disegnare Spider-Man. Credo sia molto più interessante prendere uno dei personaggi un po' fuori dai radar e portarlo in alto. Le case editrici ti adorano, quando ci riesci.
Alla Marvel lo hanno fatto con un certo successo. Penso ovviamente a "Occhio di Falco", soprattutto, ma poi ci hanno provato un po' con tutti. Esagerando, secondo me.
Sì, ma è una cosa molto diversa quando una casa editrice tenta qualcosa e quando due artisti hanno un'idea. L'elemento della passione è fondamentale ed è il motivo per cui le cose alla fine funzionano: quando porti una visione nuova. Un po' come ti dicevo prima: le case editrici cercano di mettere insieme delle boy-band, spesso. Invece, quando arrivi con uno sguardo nuovo e la voglia di cambiare le cose, allora avviene la magia e nasce qualcosa di speciale.