Una vita cinese vol. 3: Il tempo del denaro, la recensione
Abbiamo recensito per voi il terzo e ultimo volume della collana di graphic novel Una vita cinese
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
Dopo averci raccontato della Repubblica Popolare di Mao Zedong e della riforma intellettuale e finanziaria di Deng Xiaoping che aprì la Cina ai mercati internazionali, Li Kunwu, alias Xiao Li, ci mostra infine il colosso asiatico nella nostra epoca. Con Il tempo del denaro si conclude la trilogia di Una vita cinese, scritta e disegnata dallo stesso protagonista della storia, con il supporto ai testi di Philippe Ôtié.
La Cina ha faticosamente escogitato un brillante compromesso impensabile tra Socialismo e Sistema Capitalista, conservando un ferreo governo centrale (tipico del primo) ma concedendo al popolo un benessere diffuso (caratteristico del secondo). Il tutto è avvenuto in un intervallo di tempo relativamente breve e mediante un cambiamento epocale di regole e costumi, trascinando con sé una serie incredibile di stravolgimenti e di incongruenze.
La scelta è stata quella di seguire la “linea del crinale”, come la definisce lo scrittore francese, tesa a non cedere né sul versante della critica, né su quello della propaganda, ma il compito non è stato facile. Gli eventi da analizzare sono tosti, come confermano queste pagine caratterizzate da un filone narrativo più intricato del solito, considerata l'estrema fluidità della cronaca che contraddistingue i precedenti volumi.
Emblematica la descrizione dei fatti accaduti nel 1989, noti storicamente come La Protesta di piazza Tienanmen: è certamente l’avvenimento più problematico da affrontare, nel quale l’equilibrio di giudizi e vedute degli autori sembra vacillare come mai prima d'ora. Lo stesso Kunwu si sente in dovere di esplicitare direttamente il proprio pensiero, originale, coraggioso e in controtendenza con quello generale, inerente la priorità dei diritti umani rispetto alla stabilità e allo sviluppo di un Paese.
In compenso, possiamo godere appieno dell’espressività e dello spessore del suo tratto che, dopo aver dimostrato una crescita continua lungo tutto il percorso dell'opera, raggiunge qui la pienezza completa. Con il suo stile incisivo e talvolta caricaturale, quasi satirico nella caratterizzazione dei personaggi, l'autore racconta le imprese di braccianti e straccivendoli divenuti magnati dell’industria e del commercio testimoniando un miracolo economico che oggi pare irripetibile e che ha trasformato in pochi decenni un popolo essenzialmente contadino in uno all’avanguardia nei campi più strategici della tecnologia e della ricerca.
Nell’epilogo di un volume che non rinuncia a cogliere malinconicamente alcuni aspetti della vecchia Cina seppelliti senza appello dalla modernità, l’artista può celebrare giustamente con fierezza i risultati strabilianti ottenuti dai suoi connazionali, frutto di sudore e sacrifici piuttosto che dell’uso delle armi e della prevaricazione. È l’insegnamento più prezioso da lasciare in dote alle nuove generazioni, che dovrebbe essere raccolto e condiviso da quell’Occidente che fino a ieri guardava con supponenza e superiorità la patria di Confucio.
Una vita cinese, pubblicato in Francia da Kana (gruppo Dargaud) e arrivato in Italia per add Editore, contribuisce a realizzare anche questo obbiettivo, con la forza comunicativa ineguagliabile di un ottimo fumetto, il quale si è conquistato meritatamente una miriade di riconoscimenti e premi di settore. Chi volesse intraprendere quest’avvincente lettura, attraverso l’autobiografia di un uomo qualunque, potrà bucare la superficie dei preconcetti e del qualunquismo, imparando a conoscere e ad apprezzare - al di là dei luoghi comuni, degli stereotipi e dei pregiudizi - il fascino di un popolo complicato e straordinario, oltre alla storia e alla realtà di un Paese protagonista dello scacchiere internazionale, oggi più che mai.
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