Napoli Comicon 2018, NPE: Intervista a Miguel Angel Martin, da Brian the Brain a Rubber Flesh

A Napoli Comicon 2018 abbiamo intervistato per voi Miguel Angel Martin, creatore di Brian The Brain

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Artista tra i più importanti della scena del Fumetto contemporaneo, è stato uno degli ospiti internazionali dell’ultima edizione di Napoli Comicon: stiamo parlando di Miguel Angel Martìn, fumettista spagnolo ospite della manifestazione partenopea allo stand di Nicola Pesce Editore, casa editrice che ha recentemente pubblicato la sua opera prima, Rubber Flesh.

Con lui abbiamo avuto modo di parlare del suo lavoro di maggior successo, Brian The Brain e dei tanti aspetti legati alla sua attività di fumettista. Ringraziamo lo staff di NPE per la disponibilità.

 

Benvenuto su BadComics.it, Miguel.
Inizierei parlando dell’opera che Nicola Pesce Editore presenta qui, a Napoli Comicon, a distanza di venticinque anni dalla sua prima pubblicazione, “Rubber Flesh”: come si colloca all’interno della tua produzione?

Ciao a tutti, e grazie! Quest’opera è la prima serie che ho realizzato per “El Vibora”, rivista di fumetto underground, tra le più importanti d’Europa agli inizi degli anni ’90 e che purtroppo non esiste più. Si tratta anche del mio primo lavoro a colori, dopo il quale è seguito prima “Cyber Freak”, pubblicato qualche anno fa da Topolin Edizioni, e successivamente “Surfing on the Third Wave”, edito da NPE. Sono storie nate mentre ero all’opera su “Brian the Brain”. In pratica lavoravo in contemporanea su tutti questi progetti, che si influenzavano a vicenda.

Quali sono stati gli spunti, le letture o i fatti che hanno portato alla nascita di “Rubber Flesh” e poi a quella di “Brian the Brain”?

L’influenza principale di “Rubber Flesh” era il cyberpunk, di cui mi affascinava molto il concetto di nuova tecnologia, immaginare in che direzione si sarebbe mosso lo sviluppo tecnologico. Adesso tutti seguono questo genere e ne sono grandi estimatori, ma agli inizi degli anni ‘90 era un movimento più o meno underground.

Inoltre, sono un grande fan della musica elettronica estrema, di cui seguivo soprattutto la scena internazionale, e credo che l’influenza di quel tipo di sonorità mi abbia dato una grande mano nella creazione di “Rubber Flesh”.

In “Rubber Flesh” emerge una delle peculiarità che poi ritroveremo in “Brian the Brain”: la fantascienza. In particolare, le ambientazioni di questo genere ti permettono di denunciare quelle che sono le problematiche della società contemporanea, la sua degenerazione. È la fantascienza lo schermo dietro il quale si nasconde questa tua visione critica della realtà?

Si, è così. In particolare, io sono molto interessato alla natura umana, quindi ne parlo sempre, cerco di esplorarla, focalizzandomi tanto sulla parte chiara quanto su quella oscura. Ogni lettore può avere il proprio punto di vista, creare la morale e la conclusione che vuole in quanto cerco di non mettere mai in evidenza il mio punto di vista o il mio giudizio. In pratica, il mio lavoro è di tradurre graficamente i fatti e mostrare la natura umana. Spetta poi al lettore farsi una propria opinione.

In questa tua analisi del genere umano nasce “Brian The Brain”, un’opera dove il personaggio cresce parallelamente alla vita del suo stesso autore. Come nasce la voglia di far evolvere Brian?

Mi sono reso conto disegnando “Brian The Brain” che il personaggio era già morto senza che io me ne fossi reso veramente conto. Sebbene si trattasse di un bambino, parlava e agiva come un adulto e, una volta che ne ho preso atto, ho deciso che avrei dato il via a una trilogia in cui avrei portato il mio personaggio nelle varie fasi della vita – da bambino ad adolescente ad adulto – per poi dargli una conclusione.

Oggigiorno vediamo molte serie tendere quasi all’infinito, ripetendosi costantemente. La tua volontà, invece, è stata quella di interrompere questa pubblicazione nonostante il successo riscontrato. Non senti più la necessità di continuare a raccontare quel tipo di storia o senti il bisogno di provare qualcosa di nuovo?

La seconda, assolutamente! Già tre o quattro anni fa ero consapevole che non avevo nient’altro da raccontare di Brian, quindi ho pensato a un finale che fosse in linea con quella che è stata la sua vita. [ride] Un finale strano e triste!

Ora sto affrontando altri temi e, come dicevo, la mia evoluzione non è consapevole, è qualcosa di spontaneo e di naturale. Quindi, non so ancora cosa farò l’anno prossimo. Di certo non “Brian The Brain”. [ride]

Questa continua evoluzione su cosa ti sta portando a lavorare?

Dopo aver concluso il lavoro sulle tavole di una nuova graphic novel, ho iniziato un progetto di illustrazioni. Ma sono già consapevole che, appena concluso, inizierò a concentrarmi sul prossimo romanzo grafico.

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Di cosa tratterà la graphic novel già ultimata?

Tutta la mia opera è difficile da spiegare con le parole. Ad esempio, prova a raccontare di cosa parla “Surfing on the Third Wave”. Come posso spiegare di cosa tratta? [ride] È molto difficile. Però, posso dirti che ho da poco finito le illustrazioni di un progetto molto interessante e particolare per Nicola Pesce Editore che sarà pubblicato alla prossima Lucca Comics: si tratta dell’adattamento del cult movie “Cannibal Holocaust”, di Ruggero Deodato.

Per il mio editore spagnolo, inoltre, sto realizzando un progetto altrettanto particolare incentrato sui tarocchi, con gli arcani maggiori e minori, interamente disegnati da me in uno stile psico-tronico tipicamente Martìn. Solo dopo questi progetti mi dedicherò alla mia prossima graphic novel.

Insomma, è un periodo estremamente prolifico per te.

Sì, sì… lavoro senza sosta! [ride]

Possiamo dire che lo è per tutto il Fumetto, che ormai negli ultimi anni sta raggiungendo un numero sempre maggiore di persone. Stupisce, in particolare, la grande attenzione riposta nelle tematiche attuali e sociali: è questa la dimensione ideale del Fumetto?

Credo proprio di sì. In questi anni, il Fumetto è stato scoperto e riconosciuto anche dagli intellettuali, riconosciuto come uno strumento importante. In generale, credo che non abbia mai vissuto un momento così buono. Ci sono fumetti di ogni genere, da quello d'autore, a quello di critica sociale, d’avventura, il dramma, il melodramma, l’umoristico, il fumetto americano, quello giapponese e così via. Inoltre, c’è una grande varietà di stili artistici, e credo sinceramente che le nuove generazioni di autori siano di livello davvero alto.

Come ti trovi all’interno di questa nuova ondata? Hai mai avuto paura che la tua proposta potesse risultare anacronistica?

La mia fortuna è che ho sempre lavorato anticipando i tempi e le tendenze. In questo modo, agli inizi degli anni ’90 la mia proposta era decisamente underground, ma quel genere oggi è diventato mainstream, facendo sì che anche il mio lavoro lo diventasse. Stando a quanto mi dicono sia i lettori che i critici, il mio fumetto non è invecchiato. E questo è il più bel complimento che si possa ricevere.

Ci tengo a sapere la tua opinione su quanto sta succedendo attualmente in Spagna, con il braccio di ferro tra il governo centrale e gli indipendentisti catalani. Sarà una tematica che troverà spazio in un tuo prossimo progetto?

No! Assolutamente no! Io sono interessato e seguo la politica, come fanno un po’ tutti, attraverso giornali e telegiornali, ma il mio interesse principale è fare fumetti. La scena politica contemporanea è un piccolo momento storico ben circoscritto geograficamente; io, invece, voglio che i miei fumetti possano essere letti sempre e in ogni luogo.

Ho un piccolo gruppo di lettori asiatici che possono trovare fumetti in inglese, in spagnolo o in italiano, in Asia come in Catalogna. Non sono interessato a parlare di politica, preferisco che si parli di Fumetto, di arte e di cultura. Cosa che dovrebbero iniziare a fare anche i politici, soprattutto di Fumetto. [ride]

In chiusura, non possiamo non parlare del tuo rapporto con il web. Quando hai debuttato, Internet non era così diffuso, mentre oggi è il principale mezzo di comunicazione. Com’è il tuo rapporto con la rete, e con i social in particolare?

Ovviamente uso internet e seguo i social, sebbene non sia un fanatico della rete. Il motivo è da ricercare nel mio essere uno psicopatico che necessita di una certa distanza dal mondo e da quello che succede.

Il mio profilo Facebook è puramente artistico, solo foto dei miei lavori e foto mie o con altri artisti. Non ho mai fatto commenti o pubblicato post di natura ideologica o artistica. Ho sempre e solo condiviso mie illustrazioni. E quando un lettore fa un commento, lo accetto con serenità, cercando di trovarci sempre qualcosa d’interessante.

Pasquale Gennarelli e Miguel Angel Martin

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